
Imitare le influencer rischia di farci venire la dermatite È l'influencer inflammation, stadio finale della beauty FOMO
La promessa di una pelle perfetta, liscia come vetro e luminosa come quella dei filtri beauty, è diventata una delle ossessioni più potenti della Gen Z (e non solo). Basta aprire l’app e scorrere la home di TikTok: tutorial frenetici con sieri che scorrono come acqua, creme che vengono picchiettate a ritmo di musica pop, maschere che promettono di cancellare anni in pochi minuti. Una giostra colorata, fatta di claim scintillanti e routine che sembrano rituali magici. Eppure, dietro quella narrazione patinata, si nasconde un rovescio della medaglia sempre più evidente: un’ondata crescente di danni alla pelle, tanto diffusa e riconoscibile da aver guadagnato un nome proprio: influencer inflammation. Un termine che fotografa perfettamente la nuova malattia sociale ed estetica di chi cerca risposte rapide e miracolose nei video virali.
La nuova liturgia della beauty routine
Un tempo, la skincare era un atto intimo, quasi domestico: acqua, sapone, una crema idratante. Oggi è diventata una liturgia digitale. Il gesto quotidiano si è trasformato in spettacolo fatto di più step, più prodotti, più promesse. Tonici agli acidi, sieri multivitaminici, booster di collagene, creme “glow” e patch occhi scintillanti vengono applicati in sequenza, come se ogni prodotto fosse indispensabile. La filosofia del “less is more” è stata sostituita dal dogma dell’accumulo. Eppure la pelle non è una tela da stratificare all’infinito. È un organo vivo, sensibile, dotato di un microbioma delicatissimo. Quando la sommergiamo di stimoli contrastanti, acidi esfolianti combinati con retinolo, antiossidanti mescolati con fragranze irritanti, il risultato non è la luminosità promessa, ma la perdita dell’equilibrio. La barriera cutanea si assottiglia, diventa fragile, lascia passare agenti irritanti. Ed ecco che arrivano arrossamenti, bruciori, desquamazioni.
@nypost Are you caught in the “glow trap”? A leading dermatologist is speaking out against some viral skin care routines, warning that Gen Z’s obsession with online beauty hacks is leaving their faces red, raw and burning with “influencer inflammation.” Find out more at the link in our bio. : Adobe Stock; @drsandyskotnicki
original sound - New York Post | News
“Pelle sensibile” o dermatite indotta dagli influencer?
È proprio qui che entra in scena l’intuizione della dermatologa canadese Sandy Skotnicki, autrice di Beyond Soap e voce autorevole del podcast Skin To It. Nei suoi ambulatori, racconta al New York Post, vede arrivare sempre più pazienti (soprattutto donne tra i 18 e i 30 anni) convinte di aver sviluppato improvvisamente una pelle sensibile. In realtà, il problema non nasce da una predisposizione genetica o da una malattia cutanea cronica, ma nasce da TikTok. La dottoressa ha ribattezzato il fenomeno “infiammazione da influencer”, una forma di dermatite irritativa causata dall’uso smodato e simultaneo di troppi principi attivi per la cura della pelle. Spesso si tratta di utenti molto informati, persone che hanno letto, studiato e guardato decine di video prima di fare acquisti. Non mancano di curiosità né di passione, ma il loro sapere è piegato dalle logiche del marketing e dai trend virali. Così finiscono intrappolati in un paradosso: più conoscono, più sperimentano, più la loro pelle peggiora. Ed ecco che si ritrovano con la pelle arrossata, che brucia al tatto, che reagisce a ogni nuovo prodotto. Un dettaglio inquietante? Molti di questi pazienti arrivano convinti che la loro pelle sia improvvisamente cambiata, quando in realtà sono stati proprio i loro gesti di “cura” a scatenare il problema.
Epidermidi giovani, già fragili
I dati scientifici confermano che non è un fenomeno isolato. Uno studio pubblicato su Pediatrics racconta che adolescenti, e persino preadolescenti di 11 anni, usano già in media sei prodotti diversi per routine. Alcuni superano la dozzina, come se fossero piccoli chimici in laboratorio. Solo che il laboratorio è il proprio volto. E questi prodotti non sono sempre adatti. Spesso mancano della protezione solare, spesso contengono acidi troppo aggressivi. Così la pelle, ancora in fase di crescita, viene bombardata. Il risultato? Allergie croniche, irritazioni persistenti, sensibilizzazioni precoci. In pratica una generazione che parte già con una pelle usurata. Il trend “Get Ready With Me” (#GRWM) ha normalizzato l’idea che la cura della pelle debba essere uno spettacolo quotidiano. Un rituale da mostrare al pubblico, più che un atto di benessere personale. In questo scenario, il volto diventa un palcoscenico, e la pelle il prezzo da pagare per il consenso digitale.
@maximumskin For anyone dealing with continuous breakouts or lots of redness and you’re not sure what’s going on… take a look at your routine. Are you using a lot of products? Are you exfoliating more than 3x a day? Are you layering actives on top of each other that already have an increased risk for irritation? Sometimes, we don’t even realize we’re doing this!! I’ll see a patient’s routine and they’ll have an exfoliant, but then they have another product that exfoliates but they don’t realize and they’re using that one daily. Less is more when it comes to skin! #skincare #skincareroutine #koreanskincareroutine #10stepkoreanskincare #koreanskincare #medicalaesthetician #aestheticsnurse original sound - Justin | Dermatology Nurse
Il paradosso della skincare overconsumption
Il fenomeno dell’influencer inflammation è il simbolo di un cortocircuito culturale più ampio e strettamente correlato alla skincare overconsumption, l’acquisto e l’uso eccessivo di prodotti di bellezza e cosmetici. La skincare, da pratica di cura e protezione, è diventata una performance digitale, uno spettacolo da condividere in diretta per conquistare like e visualizzazioni. In questo contesto, il valore del prodotto non risiede più nella sua efficacia, ma nella sua fotogenicità, nella capacità di creare contenuto. E chi consuma questi video, spesso, non distingue più tra consiglio e pubblicità, tra esperienza personale e marketing strategico. Con il risultato che tende ad acquistare e spalmare sul viso (e sul corpo) sempre più creme, tonici, sieri, esfolianti, detergenti, senza badare troppo agli ingredienti. E mentre milioni di spettatori applaudono routine ipnotiche, i dermatologi registrano casi sempre più frequenti di dermatiti irritative. Skotnicki fa l’esempio di acido glicolico e retinolo, due attivi potentissimi, ciascuno con benefici provati. Usati insieme, nello stesso giorno, si trasformano in un’arma a doppio taglio che lacera la barriera cutanea. Il risultato non è la pelle da copertina, ma un viso arrossato che brucia al contatto con l’aria. È il ritratto perfetto della skincare moderna: due passi avanti nella conoscenza, tre indietro nella pratica.
Le alternative: skin cycling e minimalismo cosmetico
Non si tratta di demonizzare la cura della pelle, ma di rieducarla. Gli esperti propongono strategie più gentili, come lo skin cycling: alternare i giorni di utilizzo degli attivi più forti per ridurre i rischi e massimizzare i benefici. Oppure la cosiddetta product elimination diet, che invita a sospendere tutti i prodotti sospetti per poi reintrodurli gradualmente, osservando le reazioni della pelle. E, soprattutto, ribadiscono che per avere una pelle sana serve scegliere pochi elementi chiave e imparare ad ascoltare i segnali del proprio corpo. Per una buona beauty routine bastano un detergente delicato, una crema idratante neutra, una protezione solare affidabile. Tre gesti. Non dieci, non quindici. Tre. Una banalità che sembra rivoluzionaria in un’epoca in cui la complessità è diventata glamour. Quindi, il consiglio è di adottare un approccio più lento, più personale, meno spettacolare.
@alexmorleyx If you suffer with redness around your nose, dermatitis and rosecea this is what not to do! I tested out too many products at once and now my skin has flared up #dermatitis #seborrheicdermatitis #dermatitisproneskin #rednessaroundnose #rednessaroundnoseandchin #dermatitisskincare Genesis grimes - ️
La trappola della luminosità
La grande bugia dei social? Una routine complessa, piena di passaggi e prodotti come sinonimo di salute e bellezza. Ma, forse, il vero inganno, non riguarda solo il numero di prodotti, ma sta nel messaggio che li sostiene. L’idea che la pelle debba essere sempre perfetta, sempre pronta a brillare sotto i riflettori, sempre levigata come un filtro digitale. È la trappola della luminosità: una estetica tossica che ci convince che la pelle naturale sia sbagliata, che ogni imperfezione sia un difetto da correggere. La pelle reale non funziona così. Respira, cambia, si ribella. E quando lo fa, lascia segni che nessun filtro può cancellare. La Gen Z lo sta imparando sulla propria pelle perché l’estetica algoritmica non lascia solo like e visualizzazioni, ma anche cicatrici. Reali, permanenti, dolorose.
























































