
Non siamo ancora adulti Uno studio ha rivelato che il nostro cervello continua a crescere fino a 32 anni. E quindi?
In uno degli episodi più iconici di Friends abbiamo visto Joey disperarsi davanti alle sue 30 candeline, urlando al cielo: “Perché, Signore, perché? Avevamo un patto. Fai invecchiare gli altri, non me”. E Rachel chiedersi se non fosse possibile “tenere i regali e continuare ad avere 29 anni”. Invecchiare, insomma, non piace a nessuno. Soprattutto quando significa dire addio alla presunta spensieratezza dell’adolescenza: quella stagione che i trent’anni - convenzionalmente - dovrebbero archiviare con una pietra tombale, insieme a un bel carico di responsabilità e aspettative. Eppure, forse, ci siamo sempre raccontati male questa storia. Per due motivi. Il primo è scientifico: un nuovo studio dell’Università di Cambridge ha rivelato che il nostro cervello non cessa di svilupparsi a 25 anni, come si credeva, ma continua a crescere almeno fino ai 32. Il secondo è sociologico: ha davvero importanza sapere fino a quando cresciamo, se in qualsiasi momento della nostra vita siamo liberi di scegliere, cambiare, rimetterci in discussione? Forse la vera domanda è un’altra: smettiamo mai davvero di crescere?
Il lusso di essere incompleti e quella storia del lobo frontale
C’è poi un tema più sottile: sapere che il nostro cervello “non è ancora finito” a 28, 30 o 31 anni ci deresponsabilizza? Rappresenta un alibi? Probabilmente no. Il punto non è giustificare ogni incertezza, ma riformulare l’idea stessa di responsabilità: se siamo in continua evoluzione, allora crescere non è un traguardo, ma un processo. E i processi non hanno una data di scadenza. La scienza non ci sta dicendo che possiamo rimandare tutto per sempre, né che ogni esitazione è automaticamente assolta. Ma ci invita a ridimensionare l’ansia della completezza: quella pressione sociale che ci vuole sempre performanti, arrivati, certi. Come se esitare fosse un fallimento e cambiare idea una colpa. Se il nostro cervello continua a svilupparsi fino ai 32 anni, potremmo concederci il lusso di essere incompleti senza sentirci inadeguati.
Che cosa ci dice il nuovo studio sul cervello
Lo studio dell’Università di Cambridge va oltre la semplice curiosità scientifica. Analizzando quasi 4.000 cervelli, dai neonati ai novantenni, i ricercatori hanno identificato cinque grandi epoche cerebrali, separate da quattro “punti di svolta”. Uno dei più significativi avviene proprio intorno ai 32 anni: un momento in cui le connessioni neurali si stabilizzano, la materia bianca si struttura e il cervello entra in uno stato di relativa coerenza. Questo significa che la sensazione di vivere i vent’anni come una lunga fase di test - nuove città, relazioni sbagliate, carriere ricominciate da zero, identità che mutano - non è solo un tratto generazionale. È anche una questione biologica.
Non siamo in ritardo, siamo in divenire
Culturalmente, siamo cresciuti con l’idea che “diventare adulti” sia un percorso a tappe prestabilite: un lavoro fisso, una casa, un piano. Eppure, per chi ha tra i 25 e i 35 anni, la realtà è molto diversa. Le traiettorie di vita sono meno lineari, i tempi più dilatati, i percorsi più stratificati. A questo si aggiunge l’impatto dei social, che ci mostrano vite perfette e stabilissime mentre noi ancora cerchiamo di capire come pagare l’affitto o quale città ci somiglia di più. Lo studio di Cambridge non assolve certo il sistema - precarietà, ansia economica, ipercompetizione, difficoltà nel prendere decisioni - ma offre una lente diversa: non siamo “in ritardo”, siamo semplicemente ancora in divenire.
@missesdramaqueeen what am I forgetting bc I swear my frontal lobe tells me no
Married Life (From "Up") - Gina Luciani
Se c’è una cosa che questo studio ci insegna è che il concetto di “età giusta” è probabilmente una costruzione sociale fragile e superata. La nostra generazione cresce in modo più fluido, più stratificato, meno prevedibile. Ed è proprio in questa imprevedibilità che si nasconde una nuova forma di maturità: non essere perfetti, ma essere in movimento. Forse non smettiamo mai davvero di crescere, e va bene così: significa che possiamo continuare a sorprenderci e rimodellarci. Anche - e forse soprattutto - dopo i 30.



















































