Come affrontare la malinconia del rientro Tra fine dell'estate e ansia da prestazione

C’è un momento dell’anno in cui sembra che il tempo stesso rallenti, si dilati, concedendoci la possibilità di respirare più profondamente. L’estate, con le sue giornate lunghe, i tramonti che colorano l’orizzonte e il lusso di concedersi pause senza sentirsi in colpa (almeno ogni tanto), rappresenta da sempre una parentesi sospesa. Ma ogni parentesi, per definizione, si chiude. E così, a fine agosto o nei primi giorni di settembre, mentre le città ricominciano a riempirsi e i ritmi tornano incalzanti, molti di noi si trovano a fare i conti con una sensazione di malinconia sottile, a volte difficile da nominare: l’ansia da prestazione post-vacanze. Non si tratta soltanto di rimpiangere il mare, i viaggi o le giornate passate senza orari. È una sensazione più complessa: da un lato la nostalgia di ciò che si lascia, dall’altro il peso delle aspettative che ci attendono. L’estate, infatti, non è mai soltanto una stagione: è anche il simbolo di un tempo altro, in cui ci si sente autorizzati a rallentare. Quando finisce, la nostra mente ci ricorda bruscamente che il tempo ordinario, fatto di scadenze, obiettivi, risultati, incombe.

Malinconia di fine estate: un sentimento collettivo

La malinconia di fine estate non è un fatto individuale: è quasi un rito collettivo. Non a caso, poeti e musicisti hanno spesso celebrato la fine di agosto come un passaggio carico di nostalgia. Da un lato c’è la perdita della leggerezza: la possibilità di stare all’aperto, di vivere senza troppe strutture, di lasciarsi trasportare dall’improvvisazione. Dall’altro lato, c’è l’inizio di un ciclo che riporta al lavoro, alla scuola, agli impegni quotidiani. Questo passaggio porta con sé una certa vulnerabilità. Si teme di non essere abbastanza pronti, di non aver ricaricato le batterie come ci si era promessi, di non riuscire a tornare produttivi con la stessa energia di prima. Spesso il pensiero diventa: "E se non ce la faccio? E se ricado subito nello stress?"

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L’ansia da prestazione post-vacanze

Questa forma di ansia non riguarda solo i grandi appuntamenti professionali, ma può emergere anche in contesti più intimi. Dopo un periodo di pausa, ci si sente spinti a dimostrare di essere tornati più carichi, più performanti, più "nuovi". Un po’ come se le vacanze fossero state un investimento e al rientro bisognasse mostrare il rendimento. Il paradosso è che proprio questo pensiero rischia di annullare gli effetti positivi delle ferie. È come se ci sentissimo obbligati a capitalizzare il riposo, quando invece il riposo è stato prezioso proprio perché non aveva scopi produttivi. L’ansia da prestazione si nutre delle aspettative, nostre e degli altri, e del confronto, soprattutto oggi, amplificato dai social network: vedere foto e racconti di estati perfette altrui può trasformare il nostro settembre in un campo minato di insicurezze.

Riconoscere la malinconia senza giudicarla

Il primo passo per affrontare questo stato d’animo è riconoscerlo senza giudizio. La malinconia di fine estate non è un segnale di debolezza, ma un’emozione che ci ricorda quanto siano preziosi i momenti di pausa. Significa che abbiamo vissuto intensamente e che quel tempo ha avuto valore. Non è necessario reprimere la tristezza o mascherarla con una finta euforia da ripartenza. Accettarla permette di viverla in maniera più leggera, come un passaggio naturale.

@nutrizionista_anna Hai mai notato che quando sei in vacanza, lontano dallo stress e dalla routine, anche il tuo intestino sembra “rilassarsi”? Non è un caso. L’ intestino è il nostro “secondo cervello”: produce circa il 90% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere e della serenità. Ecco perché quando la mente si rilassa, anche l’intestino sta meglio e viceversa.

Trasformare il rientro in un rito di transizione

Le culture tradizionali conoscono bene il potere dei riti nei passaggi da una fase all’altra della vita. E la fine dell’estate è, a tutti gli effetti, una soglia. Creare piccoli rituali personali può aiutare a rendere questo momento più dolce: scrivere un diario delle vacanze, stampare alcune foto, cucinare una ricetta che ricorda un viaggio appena fatto. Piccoli gesti che non chiudono con violenza l’estate, ma la integrano nel tempo che viene. Allo stesso modo, progettare qualcosa di piacevole per settembre, un concerto, una gita, una cena con amici, aiuta a non percepire il rientro solo come una condanna al dovere. Non bisogna aspettare un’altra estate per concedersi momenti di leggerezza.

Piccoli accorgimenti per non lasciarsi sopraffare

  • Dare tempo al corpo: il ritorno ai ritmi serrati non deve essere immediato. È utile concedersi giorni di "ammortizzazione", riducendo gradualmente le vacanze ma senza tuffarsi subito in giornate frenetiche.
  • Gestire le aspettative: non serve avere subito grandi obiettivi. Meglio iniziare con compiti concreti e realistici, evitando la trappola del "da settembre cambio tutto".
  • Rallentare anche in città: inserire momenti di pausa nelle giornate lavorative, come una passeggiata, una lettura o un caffè senza telefono, permette di mantenere la qualità del tempo estivo anche nella routine.
  • Coltivare relazioni: l’estate ci ricorda spesso l’importanza della socialità. Continuare a frequentare gli amici, organizzare momenti di condivisione, anche brevi, aiuta a sentirsi meno soli nel passaggio.
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Una nuova idea di produttività

Infine, la fine dell’estate può essere un’occasione per ripensare il concetto stesso di produttività. Se l’ansia da prestazione ci colpisce è perché viviamo in una società che misura il valore personale in base ai risultati. Eppure, forse, il vero guadagno dell’estate è ricordarci che il tempo non deve sempre essere funzionale a qualcosa. Portare questa consapevolezza nel quotidiano significa imparare a lavorare e vivere con più equilibrio.