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Lo spot Pupa a Sanremo non è propaganda gender ma ci piace lo stesso

È arrivato il primo scandalo sanremese, appena in tempo

Lo spot Pupa a Sanremo non è propaganda gender ma ci piace lo stesso È arrivato il primo scandalo sanremese, appena in tempo

C'è una bella ragazza in frangetta, velo e abito bianco. Il make-up artist scelto per l'occasione speciale le applica gli ultimi tocchi di un rossetto nude, delicato, da sposa. Entra in chiesa in mezzo alle persone, in mezzo ai fiori. Seria. In contemporanea una ragazza con i capelli corti corre sotto la pioggia, i tergicristalli lottano contro il diluvio, la macchina la abbandona. Ha il trucco sbavato ma non troppo, il rossetto rosso e gli occhi scuri di matita, indossa un paio di pantaloni grigi e una giacca nera, è fradicia e determinata. Entra in chiesa, le porte si spalancano, le persone sulle panche si girano. Guarda la sposa, non dice una parola. Le porge una mano e la sposa le corre incontro. Insieme vannp a prendere l'autobus, si siedono in fondo, si abbracciano e sorridono. Titoli di coda. Di cosa stiamo parlando? 1) Di un re-telling della scena delle t.A.T.u. durante l'esibizione su All the Things She Said Live al Festivalbar del 2002 2) Di un video musicale di Hayley Kiyoko 3) Del peggiore incubo della destra italiana 4) Dello spot di Pupa pensato appositamente per il Festival di Sanremo 2024. Due risposte su quattro sono corrette. Ed è il delirio. 

Lo spot Pupa di Sanremo fa arrabbiare i senatori della Lega

La tanto attesa polemichetta annuale pre-Sanremo è arrivata, ed è più attuale che mai. L'ex senatore della lega Simone Pillon ha già commentato indignato su Twitter: "Pupa prepara lo spot a tema LGBTQ per Sanremo2024, con la sposa che lascia lo sposo sull'altare e scappa con l'amichetta. È la solita propaganda. Scriviamo come sulle sigarette: Questo spot nuoce gravemente all'identità sessuale dei giovani. E poi vadano a farsi benedire". Non tarda la risposta di Enrica Ricci, Global Brand Communication Director del brand: "Lo spot di Sanremo vuole raccontare la vera bellezza, quella delle emozioni. Nessun cliché ma la verità, anche quella legata a un trucco sbavato come quello della ragazza che entra in chiesta. Non importa se le due protagoniste sono due amiche, una delle quali salva l’altra da un matrimonio sbagliato, o due compagne che iniziano una nuova avventura insieme. Raccontiamo una storia di sorellanza e di libertà. Nient’altro. Il finale dello spot è volutamente aperto. È una scelta di valore, per dire a ogni donna che Pupa sta con lei nelle sue emozioni più profonde".

Un argomento caldo che farà discutere

Una scelta che durante infinite discussioni pubbliche sul ruolo della donna, su cosa vuol dire famiglia e cosa vuol dire coppia e in una kermesse che si prospetta cauta e il meno politica possibile (impossibile pensare che la Rai, e quindi il governo vigente, non interferisca) fa ancora più scalpore, e ha ancora più valore. Ne sentiremo parlare per tutta la settimana nonostante la volontà di lasciare l'interpretazione al pubblico, parimenti ruffiana e abile dal punto di vista del marketing. Lasciando stare i deliri della destra, però, è impossibile non leggere in questi 45 secondi il superamento di qualcosa. Dell'idea di matrimonio come unica possibilità di realizzazione e felicità per le donne, per esempio. O della convinzione che non possa esistere una vera solidarietà femminile perché le donne sono state abituate alla competizione continua da parte del patriarcato. Chi vuole, poi, potrà leggerci anche altro: un modello di amore diverso, che non si trova in diretta competizione con quello imperante, ma che ha la potenza di smontare ogni tipo di eterosessualità compulsiva, normalizzando desideri diversi.

La normalizzazione passa attraverso il pop: le potenzialità dello spot Pupa a Sanremo

I più cinici diranno che si tratta di un'operazione commerciale, e per questo senza senso né vero valore. La verità, però, è che Sanremo ha un grande pubblico, e un messaggio del genere oltre a fare bene alle tasche di Pupa probabilmente farà bene anche a tutti noi. Non tanto perché cambierà le idee degli estremisti, per quello purtroppo non bastano 45 secondi, ma perché la normalizzazione di alternative considerate fino a (troppi) pochi anni fa devianti passa anche per il pop, per gli spot, per il gossip, per le immagini. E se questo spot sulla sorellanza avrà anche solo un decimo dell'impatto memetico di quello di Anna Tatangelo per Coconuda, allora siamo a cavallo.