Senza Cri: "La natura vuole che ogni gregge abbia una pecora nera" Intervista all'artista di Sanremo Giovani

Senza Cri: La natura vuole che ogni gregge abbia una pecora nera Intervista all'artista di Sanremo Giovani

C’è un momento, nella traiettoria di ogni artista, in cui qualcosa si sposta dentro, silenziosamente, prima ancora che il mondo se ne accorga. Per Senza Cri, quel movimento interiore ha iniziato a prendere forma molto prima dei palchi, dei riflettori, delle aspettative. È nato da un nome e dalla scelta di liberarsene: per crescere davvero bisogna togliere, farsi spazio, lasciare che la propria verità emerga senza timore. La sua storia è fatta di dualità, di vulnerabilità che diventa determinazione, di maree emotive che tornano sempre allo stesso punto: il coraggio di esporsi. Nel suo percorso convivono indipendenza, televisione, cadute che diventano svolte, e un immaginario già sorprendentemente definito, costruito a partire da sguardi spalancati sul mondo e da una fame creativa che non ammette compromessi. In occasione di Sanremo Giovani, l’artista si presenta con Spiagge, un brano che è insieme confessione, luogo sicuro e linea di confine. Un biglietto da visita che parla di mare, di amore, e di quel punto esatto in cui decidiamo finalmente di diventare noi stessi.

Intervista a Senza Cri, da Amici a Sanremo Giovani

Il nome "Senza Cri" sembra un invito a liberarti da un’identità chiusa. Quando hai capito di voler togliere qualcosa dal tuo nome per fare spazio alla persona che sei e da dove nasce questa scelta?

A volte è più facile percepire gli altri che noi stessi, spesso ho dovuto fare i conti col fatto che ciò che io speravo non si notasse di me in verità arrivava prima di tutto, che lo volessi o no. Il mio nome, infatti, nasce prima come un nomignolo che i miei compagni di liceo mi avevano affibbiato e nel tempo ha tirato fuori da me tutte quelle cose che cercavo di nascondere e che però, per forza, hanno dovuto farsi vive ed evidenti. Non si può vivere sotto una maschera, anche i supereroi piangono. Io ho compreso crescendo che l’anima è lì dove risiede la scelta, dove si fondano le radici di chi veramente si è e più si cresce più questo albero si fa rigoglioso. Non avrei potuto forzare la mia natura ad andare incontro a qualcosa che non fa parte di lei. Privarmi di una definizione effettiva mi ha dato modo di scoprirmi con riservatezza e con tempo, senza la necessità di dover esibire niente a nessuno. Con la sola voglia di conoscermi e di amarmi per chi sono, corrispondere alla mia verità. Le definizioni sono molto importanti perché servono a fare informazione, servono a rispondere a domande più che lecite, ma come non ero un voto a scuola non sarò un cartellino dietro la schiena. Io sono me e mi arricchiscono tante sfumature, nel bene e nel male, a disposizione di chi avrà voglia di leggerle.

Se ripensi al tuo percorso - dalla dimensione indipendente, alla TV, fino all’EP più intimo - qual è il momento in cui hai percepito il cambiamento più significativo nel tuo modo di essere artista?

Qualche mese prima di entrare ad Amici ho pensato che la mia vita stesse davvero per cambiare e no, non avevo ancora mandato la richiesta per partecipare al programma. Ho sentito questa sensazione scrivendo un brano, che è poi una delle mie ultime pubblicazioni. Con Anno del Drago ho capito che la mia vita avrebbe preso una piega diversa, quella che volevo, perché tutto di me era pronto. Certe cose non si programmano secondo me. Da quel momento in poi è stato tutto un vivere sentendo qualcosa di diverso nell’aria, che la vita ti sta per cambiare lo senti e lo sai. Quando lo riconosci devi solo mantenere il focus perché stai andando incontro alla tua storia e sarà bellissimo.

Nella tua musica si avverte una tensione costante, vulnerabilità e determinazione. Da dove credi che nasca questa dualità e in che modo influisce sul tuo processo di scrittura?

La dualità è il mio elemento, mi riconosco in tutto e in niente. Non so bene da dove nasca, nasce dal momento in cui nasco io. Sai, spesso mi interrogo sul perché io sia così, avrei preferito essere più facile. Avrebbe sicuramente creato meno turbe a me e a quelli intorno a me. Però la realtà è che persone come me nascono come nasce una pecora nera. Siamo abituati a vedere la pecora nera come simbolo di qualcosa che si discosta dal resto, un fattore negativo che per forza viene isolato. Bisognerebbe riflettere invece sul fatto che la natura vuole che ogni gregge abbia una pecora nera. Essa è infatti una risorsa per il gruppo perché rompe gli schemi e può aiutare a progredire verso il cambiamento. Io mi sento orgogliosamente una pecora nera e questo mi aiuta nella scrittura perché mi consente di vivere le emozioni da diverse prospettive e mai da una sola. Quasi tutte le mie canzoni contengono tesi e antitesi, il confronto anche nell’arte è fondamentale perché stimola la crescita e la ricerca.

"Spiagge" è il brano con cui ti presenti a Sanremo Giovani. Qual è l’immagine o il momento da cui è iniziata la scrittura della canzone?

Ho pensato al luccichio del mare, al luccichio negli occhi che si ha quando proviamo amore per qualcuno/qualcosa. Era un’associazione per me molto utile e mi consentiva di guardare l’amore come qualcosa che andasse al di fuori del mio controllo, come lo è il mare. Anche la ripetizione di "Spiagge" è voluta, perché rimarca costantemente il concetto di tutto ciò che vado ad esprimere nei versi, quanto tutto di quella persona (nel mio caso) la riconducesse al mare.

"Spiagge" sembra evocare un confine interiore. C’è una parte di te che senti ancora distante e che la musica ti permette di sfiorare?

Sicuramente la mia sensibilità a volte ha generato un po’ di caos. La mia emotività mi fa perdere le staffe e non riesco a rientrare in me facilmente. La musica mi aiuta perché si fa moderatrice dei miei drammi, della moltitudine di me e di ciò che provo. In qualche maniera scrivere mi consente di fare ordine, di avere coraggio. A volte ho realizzato di potermi aprire al mondo solo dopo aver messo su carta un pensiero, perché lo ha reso reale. Ogni giorno mi riscopro nella musica, anche con "Spiagge" è successo perché ho ammesso un quintale d’amore che di norma avrei nascosto per paura. Ma poi ho pensato… paura di che?

Nel pezzo si percepisce un rapporto complesso con il mare: rifugio, distanza o promessa? Cosa rappresenta per te una spiaggia?

Il mare per me è un rifugio, quella sensazione che si prova anche tra le braccia di qualcuno. Ho sempre adorato lasciarmi cullare dal mare, anche quando le onde erano alte. La mia vita mi ha portato ad andar via dal mare e le mie scelte spesso mi hanno portato via dall’amore. È come se parlassi della stessa cosa. Una spiaggia per me è un ricordo felice, anzi felicissimo. Un posto affollato e altre volte desolato, un posto in cui rilassarsi e affidarsi.

Hai costruito un immaginario molto riconoscibile. Quali influenze o ossessioni visive ti hanno formato di più?

In tutte le foto che mi ritraggono dai primi anni della mia nascita ho gli occhi spalancati, direi che ho sempre avuto una grande volontà di osservare il mondo. Ho una fervida immaginazione e una curiosità a volte pericolosa. Non saprei darti con sicurezza poche reference effettive perchè ho davvero cercato di prendere da tutto ciò mi stimolasse la creatività. In musica ti direi che le influenze che hanno determinato il mio gusto sono sicuramente Michael Jackson, 070shake, the Weeknd. L’incontro con STABBER e successivamente con i ragazzi (Fiodor, Swan, Lorenzo) con cui fino ad oggi abbiamo composto i brani è stato illuminante perché ho finalmente trovato qualcuno in grado di tradurre in suono le mie idee.

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Il mondo della musica corre veloce e impone continui adattamenti. Qual è il principio creativo che non sei dispost* a sacrificare, indipendentemente dalle pressioni del settore?

Ho imparato in modo molto netto che se vuoi seguire gli altri farai una strada certa ma quasi sicuramente non troverai nulla, presumibilmente perché non saprai nemmeno cosa stai cercando davvero. Nella musica non ho intenzione di scendere a compromessi con le tendenze, la moda non si segue, si fa. Non ho intenzione di omologarmi per corrispondere a un pubblico generalista, preferisco far fatica ma dare voce a chi la musica non la ascolta in sottofondo distrattamente, voglio dare voce a chi urla ai concerti perché sono loro le persone che hanno bisogno di tirarsi fuori, che hanno voglia di sentire e io voglio esserci per loro con impegno e dedizione, sorprendendoli e dandogli ogni parte di me.

Qual è un errore che hai commesso e che oggi rivendichi, perché ti ha portato a una svolta o a qualcosa di profondamente positivo?

Per molti la mia uscita da Amici o in generale l’ultimo periodo del serale può essere stato letto come un fallimento, io in primo luogo l’avevo letto così. In verità è stato molto illuminante perché mi ha fatto capire cosa fosse per me e cosa no, quali sfide avevo realmente voglia di prendere in considerazione. Per intenderci, a volte devi obbligarti a una festa a tema per capire che sei un tipo da pizza e film. Quel periodo in cui la mia emotività ha perso il controllo è stato un chiaro segnale per aiutare a comprendermi, per farmi capire quanti limiti autoimposti avessi e per portarmi a considerarli tutti fino a spogliarmene completamente. Il programma mi stava mettendo davanti a tutto ciò che di me non ero nella posizione di voler tirare fuori, il tempo e anche quella crisi mi hanno consentito di farlo e oggi mi sento una persona nuova. Qualcuno di sicuro, propositivo, consapevole. Quella caduta mi ha concesso di spiccare il volo, di essere chi sono: SENZA CRI.