
Marta Caffarelli: "La consapevolezza è tutto quello che conta" Intervista alla co-founder di Atelier VM
Qualche tempo fa, in occasione della mostra per il venticinquesimo anniversario di Atelier VM, ci eravamo recate sul posto per intervistare le sue founder, Marta Caffarelli e Viola Naj Oleari. Lì, ci avevano aperto il loro mondo, il loro spirito creativo e il loro contatto con il loro pubblico, riguardandosi indietro con dolcezza ma anche consapevolezza. Adesso, risentendo Caffarelli, abbiamo deciso di parlare del futuro, concentrandoci sui lanci del 2026. La conversazione è subito uscita dai binari domanda e risposta di un'intervista tradizionale, diventando un flusso di pensieri.
Marta Caffarelli, intervista alla co-founder di Atelier VM
Iniziamo parlando della collezione "Pon Pon" e della perla Akoya. Come è nata?
Questa mini collezione è stata ripescata dal passato. Quando abbiamo celebrato i nostri 25 anni, ci siamo ritrovate a fare un percorso all’indietro. È stata una vera scoperta, come rivedersi dall’esterno. L’archivio dei gioielli è un tesoro prezioso: ci siamo rese conto che contiene ancora tantissimo materiale da riportare alla luce e reinterpretare. In un mondo ormai saturo di novità, a volte basta guardare al passato. La collana Pon Pon, ad esempio, riprende un modello del 2006 che aveva avuto molto successo: semplice, minimalista e legato a un tema per noi fondamentale, quello della chiusura. La nuova versione è più lavorata, si stringe in maniera naturale e al posto dello strangolamento presenta un piccolo triangolino di diamanti coltivati. La perla Akoya, coltivata in acqua salata secondo la tradizione giapponese, non è liscia ma trattata come una pietra preziosa, con tante piccole sfaccettature.
Una cosa simile è successa anche con la collezione "Virtuosa", che da un anello si è ampliata. Qual è stata, in questo caso, l’ispirazione?
L’ispirazione nasce da un mix interessante: un design dal sapore retrò abbinato a materiali innovativi, come il diamante coltivato. Abbiamo usato oro 18 carati e l’anello è diventato il nostro best seller dello scorso anno. Da lì è nata l’idea di creare una piccola collezione, con la collana a tre fiori. In realtà, tutto parte da ciò che sentiamo dentro: non lavoriamo in modo rigido con stagioni e collezioni. Da cosa nasce cosa, e capita che qualcosa si sviluppi anche dopo 20 anni. Ci vuole tempo, ed è un processo naturale. So che stona con le regole della moda, che sono molto rigide, ma per noi prendersi tempo è un valore aggiunto.
Tra le collezioni c’è anche "Memorie", che deve ancora uscire, e che gioca con il rapporto con i clienti trasformandosi quasi in un diario personale. È un tema che torna spesso, ce lo racconti?
Sono gioielli intimi e personali. Anche L’Essenziale nasce così: pulito, minimalista, ma aperto all’esperienza. È il cliente a completarlo, inserendo la propria storia, i propri intenti e desideri. Spesso vedo persone con più bracciali L’Essenziale, ognuno legato a un momento della loro vita, come dei tatuaggi. È un diario ma anche un’impronta. Questo approccio si ritrova in tutti i nostri pezzi più esperienziali. Il nostro negozio, poi, è un piccolo mondo: chi entra lascia fuori il caos della città e si ritrova in un’atmosfera rarefatta, accogliente, quasi una coccola. Si guardano i gioielli, si parla, si ascolta. Nulla è mai studiato a tavolino, ma la cura che ci mettiamo è evidente.
I gioielli intimi sono dunque frutto della vostra esperienza, più che di una scelta pianificata?
Dietro ogni gioiello Atelier VM c’è una piccola storia. Chi lo incontra, vuol dire che doveva incontrarlo. Anche per noi che li creiamo, i gioielli sono vissuti. Magari un’idea piace, ma non ha una storia e allora non si sviluppa. È un percorso che prende forma solo se esiste una connessione autentica.
Qual è il filo conduttore che lega questi lanci al futuro del brand? Cosa possiamo aspettarci da Atelier VM?
In questo momento serve consapevolezza. Bisogna rallentare. Per noi il 2026 sarà un anno di consolidamento: prenderci cura di ciò che abbiamo, guardare all’interno, senza fare passi più lunghi della gamba. Non significa immobilismo, ma miglioramento dell’esperienza. Vogliamo conservare la nostra anima e il nostro DNA non aggressivo, anche in un mercato con molti competitor. Ogni novità deve avere il suo tempo, altrimenti rischiamo di distruggere questo mondo. Allo stesso tempo vogliamo viaggiare: ci sono mercati in cui non siamo ancora presenti e che vogliamo esplorare, proponendo i nostri gioielli in nuovi spazi. Abbiamo già avuto un primo incontro con il Giappone.
Un’ultima cosa che vorresti aggiungere?
Vorrei fare una riflessione sui diamanti coltivati. Anche loro fanno parte della consapevolezza di cui parlo. Non possiamo parlare di vera sostenibilità, ma possiamo fare passi avanti: smettere di depredare la nostra terra e di aggiungere cose inutili. Questo riguarda sia le collezioni sia lo stile di vita che proponiamo.


















































