Perché ci piacciono i profumi con note disgustose? Spoiler: centrano anche biologia e psicologia

Ammettiamolo: a tutti è capitato almeno una volta di innamorarsi perdutamente di un odore che, razionalmente, dovrebbe farci rabbrividire. C’è chi non resiste al profumo della benzina appena erogata, chi resta ipnotizzato dall’odore acre della vernice fresca, chi trova rassicurante il sentore caldo e biscottato delle zampe dei cani. Odori che non troverai mai nelle pubblicità patinate dei profumi commerciali, eppure custodiscono un fascino segreto, magnetico, quasi proibito. Non si tratta solo di strane manie personali. La scienza e la psicologia ci dicono che il nostro rapporto con i profumi disgustosi è molto più complesso. Questi odori scomodi agiscono come detonatori emotivi, in grado di accendere ricordi, stimolare desideri e, a volte, perfino farci eccitare. Ci mostrano che il piacere e il disgusto non sono poli opposti, ma facce della stessa medaglia. E che la vera arte olfattiva (almeno secondo #perfumetok) non sta nel rassicurare, ma nello spingersi oltre, dove la pelle si arriccia e il cuore accelera.

Perché ci piacciono i profumi disgustosi? La memoria dell’olfatto

L’olfatto è un senso anarchico, e forse è proprio per questo che ci affascina tanto. Mentre gli altri sensi (vista, udito, tatto) passano tutti dal talamo, il grande centralino del cervello, gli odori prendono una scorciatoia e arrivano diretti al sistema limbico, quella zona primordiale dove nascono le emozioni più brutali e i ricordi più tenaci. Questo significa che ogni odore, anche il più banale, può funzionare come una macchina del tempo. L’aroma di vernice fresca ti scaraventa all’infanzia, quando la cameretta veniva ridipinta di azzurro, mentre il profumo pungente del sudore può riportarti a un’estate adolescenziale fatta di baci rubati e corse a perdifiato. Non è magia, è neurologia. La profumeria artistica ha imparato a giocare con questa scorciatoia cerebrale, trasformando gli odori "sporchi" in narrazioni intime.

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Perché il disgusto diventa piacere

Non basta la memoria. Anche la chimica ci mostra che il confine tra attrazione e repulsione è questione di dosi. L’indolo è l’esempio più celebre. A bassa concentrazione regala l’aroma sensuale del gelsomino, ma se lo inspiri puro ti ritrovi davanti all’odore crudo delle feci. Stessa storia per il muschio. È vellutato, avvolgente, erotico quando calibrato con sapienza; nauseabondo e animalesco quando è eccessivo. È proprio questo paradosso a rendere i profumi disgustosi irresistibili, fragranze che vivono in bilico, sempre pronte a scivolare dal sublime al repellente. L’esempio perfetto? Stercus di Orto Parisi, che, ispirato al letame, racchiude l’animalità più pura ma la veste con una dolcezza cremosa che ti spiazza. La psicologia conferma questa attrazione contraddittoria. Secondo la teoria della scienziata comportamentale Valerie Curtis, il disgusto è nato come meccanismo evolutivo per proteggerci da ciò che poteva farci ammalare, da cose come carne marcia, escrementi, muffe tossiche. Eppure, proprio come con la paura nei film horror, impariamo a godere del brivido in un contesto sicuro. Indossare un profumo estremo diventa allora un’esperienza controllata, una corsa sulle montagne russe dell’olfatto. Garage di Comme des Garçons, con il suo mix di cherosene e olio motore, o Laughing with a Mouthful of Blood di Filigree & Shadow, che evoca rabbia e nichilismo, ci permettono di flirtare con ciò che ci ripugna senza pagarne le conseguenze reali.

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@jeantheperfumequeen Laughing With A Mouthful of Blood by @Filigree & Shadow is the perfect juxtaposition of childlike wonder and innocence mixed with a darker deeper more mature scent. It truly embodies the resistence and resilience to keep fighting for what’s right. Definitely a very unique perfume! Percumer is James Elliot. Have you tried this one? #perfumereview #perfumes #perfumetiktok #perfumetok #filigreeandshadow original sound - Jean the Perfume Queen
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Tossicità, erotismo e tabù

Ci sono odori che sappiamo essere pericolosi eppure non possiamo fare a meno di amarli. La benzina, la colla, i vapori di vernice fresca… tutti contengono composti organici volatili che, inalati, possono provocare vertigini, danni respiratori e perfino dipendenza. Eppure il nostro cervello li premia con un rilascio di dopamina, lo stesso neurotrasmettitore della ricompensa. È una forma di attrazione tossica, letteralmente. Non sorprende allora che il mondo della profumeria abbia deciso di trasformare questo tabù in arte. Dead Dino di Snif, ad esempio, riproduce fedelmente il profumo di benzina, trasformando un vizio segreto in un accessorio di lusso. Annusarlo è come rivivere un ricordo proibito. Stai facendo qualcosa che sai essere sbagliato, e proprio per questo non riesci a smettere. Ma oltre al brivido chimico, c’è anche quello carnale. Il legame tra odore e attrazione sessuale è qualcosa di ancestrale. Prima ancora che con gli occhi o con le parole, ci scegliamo con il naso. Il sudore, il respiro, persino gli abiti stropicciati di chi amiamo possono essere potenti afrodisiaci. Gli studi sull’MHC (major histocompatibility complex) lo confermano: annusare il corpo altrui ci permette di capire, a livello inconscio, la compatibilità genetica con quel partner. Ecco perché la maglietta sudata di un amante può essere più eccitante di mille fragranze da centinaia di euro. Qui entra in gioco l’olfattofilia, l’eccitazione erotica legata agli odori corporei come sperma, liquido vaginale, ascelle, che la profumeria più audace ha deciso di sfruttare per soddisfare le esigenze di un gruppo emergente di “fraghead” che vuole di più di un semplice profumo al latte o alla vaniglia. L’esempio più famoso di come i brand stiano capitalizzando questa tensione primordiale? Sécrétions Magnifiques di Etat Libre d’Orange, definito dalla maison de parfums française “vero e proprio coito olfattivo”, è diventato leggendario per le sue note di sangue, sudore, sperma e saliva, che, nonostante siano talmente disturbanti da aver fatto vomitare qualcuno al primo sniff, continuano ad avere estimatori proprio perché trasformano il disgusto in arte. Per chi vuole spingersi oltre c’è anche Sombre di Strangers Parfumerie, ispirato dall’omonimo film di Philippe Grandrieux su “un serial killer che viaggia attraverso la Francia prendendo di mira giovani donne”

Profumi estremi, ribellione culturale e ombra interiore

La profumeria di nicchia ama andare dove i grandi brand non osano. Mentre i giganti del settore continuano a proporre dolcezze rassicuranti, i creatori indipendenti scelgono di tuffarsi nel torbido. Un esempio perfetto sono le proposte olfattive di Toskovat’: da Anarchist A_, con note come carte di credito, soldi sporchi, abiti di prete, acqua santa e whisky, fino a Inexcusable Evil’, creato, parafrasando le parole del profumiere David Lev Jipa Slivinschi, con l’obiettivo di applica sulla pelle il trauma e gli orrori della guerra, di riprodurre con note di bende insanguinate, iodio e fiori bruciati “un odore così sgradevole da non poter essere indossato sulla propria pelle”. Indossare questi profumi significa portare addosso la parte più oscura e controversa dell’esperienza umana. Ma perché sempre più appassionati sembrano snobbare i classici bouquet floreali, le vaniglie zuccherine e i gourmand rassicuranti per inseguire fragranze torbide, disturbanti, perfino sgradevoli?  Forse perché, come ha scritto il  famoso naso Frédéric Malle, “la profumeria è sempre stata l’eco del mondo”. E oggi il mondo è inquieto, attraversato da crisi economiche, tensioni politiche, cambiamenti sociali continui. Lo ha spiegato anche a Dazed il formulatore di cosmetici Kyle Frank: i nostri livelli di stress (il famigerato cortisolo) non sono mai stati così alti, e questo motiva da un lato il ritorno a profumi nostalgici, che consolano come una coperta olfattiva, e dall’altro l’emergere di una tendenza opposta, quella delle fragranze concettuali, cupe, ossessive, che scavano negli umori oscuri e nelle pieghe più fragili dell’identità in cerca di nuove forme di espressione. Così, spruzzare sulla pelle un profumo oggi è un atto identitario, un linguaggio che racconta chi siamo e cosa vogliamo mostrare, o nascondere, al mondo. C’è chi sceglie fragranze estreme per dialogare con il proprio io ombra, per guardarsi nello specchio delle parti rimosse e provare l’ebbrezza di riconoscersi in odori che normalmente respingerebbero. Altri, invece, usano la profumeria di nicchia per ribellarsi alle categorie classiche di genere, dicendo niente più “profumi da donna” e “profumi da uomo”, ma molecole che parlano di corpi, desideri e memorie senza etichette. In questo senso, le skanky fragrances, quelle sporche, animali e sudaticce, un odore di sterco, di gomma bruciata o di ospedale abbandonato non sono una provocazione gratuita, ma un modo per dichiarare la propria singolarità in una cultura che spesso spinge verso l’omogeneità. 

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Perché ci attirano gli odori disgustosi?

Ricapitolando, subiamo il loro fascino per molti motivi diversi. Forse anche perché ci ricordano che la vita non è fatta solo di rose e gelsomini. Il profumo disgustoso è la prova che eros e morte, desiderio e repulsione, dolcezza e putrefazione convivono nello stesso respiro. Ci affascinano perché ci parlano con un linguaggio primordiale, che non ha bisogno di parole. Ci scuotono, ci confondono, ci fanno sentire vivi. Alla fine, ci attirano gli odori disgustosi perché ci raccontano la verità che nessuna pubblicità osa dire e cioè che siamo animali, fragili e carnali, e il nostro naso sa riconoscere questa verità meglio di chiunque altro.