Chi ha paura di Liv Schmidt? Il ban da TikTok, la difesa dei fan e il ritorno inquietante della magrezza come valore supremo

Nel regno caleidoscopico dei social, dove ogni selfie è un manifesto e ogni caption un sermone, c’è una nuova reginetta di quel culto sempreverde che è la magrezza. Non wellness, non fitness, ma la stessa estetica spigolosa e algida che speravamo di aver seppellito sotto hashtag come #bodypositivity e #selflove. Si chiama Liv Schmidt e, in meno di due anni, ha costruito intorno al suo corpo un controverso e redditizio impero online. Non vende integratori, né promuove challenge ufficiali. Non urla, non predica, non offende. Non ne ha bisogno. Il suo brand è silenzioso, glaciale, elegante come un’ombra su un marciapiede di Manhattan. Eppure basta un suo post, una frase sussurrata come un mantra, “Mangia come se la tua parte migliore ti stesse guardando”, per innescare in migliaia di ragazze (e non solo) il desiderio feroce di assottigliarsi fino a scomparire.

Chi è Liv Schmidt e perché se ne parla? 

Classe 1998, Liv Schmidt ha frequentato l’Università dell'Arizona e, stando al suo profilo LinkedIn, lavora come coordinatrice di eventi sociali presso un ufficio privato per famiglie a New York, ma la sua fortuna l’ha trovata online. Su Instagram, tra foto curate in cui indossa aderenti tutine da Pilates (perché, parole sue, è meglio “Basic fit because the accessory is being blonde & skinny”) o si gode la vita notturna di New York e su TikTok, dove mette in guardia dalle zuppe cremose, mostra frullati proteici e spuntini di frutta secca e semi, pubblica video in cui spiega cosa mangia in un giorno per rimanere magra o l’allenamento giusto per ottenere cosce scolpite in una notte. Tutto con un’estetica che mescola heroin chic revival, spirito Tumblr 2012 e stile da wellness guru che maschera sotto i consigli per una dieta sana l’ossessione per la magrezza.

La caduta da TikTok e la popolarità

Lo scorso autunno, la piattaforma che l’ha lanciata, TikTok, l’ha cacciata. Non per un singolo video, ma per una somma di contenuti giudicati “pericolosi per la salute pubblica”. Ufficiosamente, perché rappresentava l’epitome di una nuova, antichissima ossessione: essere così magre da diventare quasi invisibili. Ma la vera svolta è arrivata quando The Wall Street Journal ha pubblicato un’inchiesta su di lei. Pochi giorni dopo, il profilo di Schmidt è scomparso. Una cancellazione apparentemente definitiva. In realtà, un’apoteosi. Il ban è diventato parte integrante del suo branding: la censura come attestato di autenticità. I suoi fan si sono mobilitati in sua difesa, parlando di “persecuzione delle donne magre” e “repressione dell’individualità”. E Schmidt ha alimentato il fuoco con una narrativa tanto astuta quanto inquietante: “Sono stata bandita per essere onesta”, ha scritto in una story. La rivista conservatrice Evie, simbolo di una femminilità estetizzata e reazionaria, le ha persino dedicato un profilo luccicante lo scorso aprile con un titolo emblematico: Bannata per essere onesta?. Il risultato? Un’impennata di popolarità. Oggi, Schmidt ha quadruplicato i follower su Instagram. Secondo Air Mail, guadagnerebbe circa 130.000 dollari al mese grazie ai 6.500 membri paganti della sua Skinni Société, il club privato dove si pratica un’estetica della fame. E ha appena firmato un contratto con l’agenzia Elite Model Look. Sì, la stessa che ha lanciato Gisele e Naomi.

@poshmama101 Here’s my breakdown on the terrible effects this may have on people everywhere, especially women, in 2025. I want to reiterate, I do not wish to tear someone down to make my point more powerful or for views. I am merely remarking on the danger I foresee this creating both for society and for businesses. #economy #deepdive #educational #womenshealth original sound - Peyton Knight

Skinni Société: il club privato dove si gareggia a chi mangia meno

Il vero cuore pulsante del culto Schmidt è Skinni Société, il suo gruppo privato su Instagram accessibile solo tramite abbonamento mensile (dai 20 ai 50 dollari). Uno spazio elitario dove condividere diete ipocaloriche, sfide a chi consumava meno calorie, confessioni digitali di fame e controllo compulsivo. Non è un gruppo pro-ana, almeno non ufficialmente. È molto peggio. È il suo reboot in alta definizione. Accesso solo su abbonamento, community chiusa, look curatissimo, atmosfera da salotto parigino con candele e low-fi jazz. Ma dietro la patina da self-improvement circle, c’è una gara continua: chi mangia di meno, chi pesa di meno, chi vive lo stile di vita più “snello”. Come ha svelato un’indagine di The Cut, alcune ex iscritte hanno raccontato di aver ricevuto “complimenti” per aver saltato pasti, e incoraggiamenti velati a “provarci ancora” se prendevano peso o a resistere se lamentavano vertigini, stanchezza e perdita di capelli. Una competizione silenziosa, dove chi si avvicina più al “corpo ideale” (rigorosamente XS, spalle ossute, ventre concavo) vince in like, attenzione, e occasionali shoutout dalla stessa Schmidt.

@yourdreamgirlfromheaven Like wow you look like you take care of yourself #fakebody #selflove #dreamgirl #livschmidt #diet #model #skinnytok #lawofattraction #blessing #pilates #thewizardliz #manifesting sonido original - Abelix

L’influenza sottile e seducente di Schmidt

La retorica di Schmidt è diversa da quella delle influencer fitness ossessive o dei guru della clean eating. È più sottile. Più sfumata. Ma proprio per questo, più seducente. Non parla di carboidrati da evitare, non demonizza zuccheri o latticini. Dice: “Mangia quello che vuoi. Ma il meno possibile” o “Sei una ragazza intelligente. Devi solo smettere di mangiare troppo e iniziare a mangiare di meno.” È una retorica che non impone, non proibisce, ma indirizza. Non è coercizione. Si maschera da empowerment che trasforma l’atto di non mangiare in un gesto di controllo, di narrazione, di bellezza. È qui che si annida la sua potenza virale. Non è l’esplicita violenza dei vecchi forum pro-ana, ma la seduzione del thin privilege normalizzato. Il corpo magro come passaporto sociale, estetico, perfino morale. E chi osa metterlo in discussione si ritrova contro non solo le fan, ma un intero sistema che ancora oggi premia, coccola e feticizza la magrezza.

@chaotickymopoleia

Skinny Strategies for a Total Body Makeover - by Liv Schmidt on YT

original sound - Musicッ

Il fallimento della body positivity (e la sua sostituzione)

Che fine ha fatto la body positivity? Quella vera, non la versione pastello da pubblicità? È stata soppiantata da qualcosa di più furbo: una retorica pseudo-femminista che riprende le vecchie logiche dell’autodisciplina e le confeziona come scelta personale. E Schmidt è la sua ambasciatrice perfetta. Ma come, dopo anni a celebrare la validità di ogni corpo e dire che la prova costume non esiste, dopo il boom delle plus-size model, dei brand inclusivi e delle campagne #NoFilter… perché una ragazza come Liv Schmidt ha potuto prosperare indisturbata? La risposta, probabilmente, sta nella natura profondamente ambigua del digitale, dove il messaggio conta meno dell’estetica, ma, soprattutto, nella strategia della ventitreenne. Schmidt non urla “diventa magra”. Ti guarda, con il suo frullato di verdura in mano, e ti sussurra: “Sii elegante. Sii disciplinata. Sii la versione migliore di te.” E lo fa mentre guadagna più di un chirurgo estetico, mentre colleziona interviste su magazine conservatori e contratti da top model. Non è una ribelle. È una stratega. E questo la rende più pericolosa. Soprattutto per i più giovani.

@popcultureprincessss @the cut #fyp #nyc оригинальный звук Master Dance

La nuova grammatica della fame

Liv Schmidt non ha inventato nulla. Ma ha perfezionato la forma. Ha aggiornato l’estetica del controllo corporeo per adattarla a un’era che pretende empowerment in ogni gesto, anche quelli autodistruttivi. E il fatto che ci sia riuscita (e con profitto) dice molto più su di noi che su di lei. La ventitreenne americana è solo il volto più visibile (e remunerato) di un trend molto più vasto. Su TikTok impazzano ancora video di What I eat in a day con meno di 800 calorie, #bodychecking dissimulato da routine di benessere, leggings per il thigh gap, e il ritorno inquietante della “dieta da red carpet”. Il tutto in un packaging rassicurante, minimalista, depurato. Il culto della magrezza non è mai morto. Si è semplicemente rifatto il trucco. Ora si chiama discipline, clean eating, slow living. Ma il sottofondo resta quello di sempre: se sei magra, sei migliore. Più desiderabile. Più seguita. Più esteticamente compatibile con l’algoritmo.

Chi ha paura di Liv Schmidt?

Tutti. Perché Liv Schmidt non è un errore del sistema. Ne è il prodotto perfetto. Il suo bando non è una soluzione: è un cerotto su una frattura. Finché i corpi continueranno ad essere trend, e finché le piattaforme premieranno questa filosofia alimentando possibili disturbi alimentari, ci saranno sempre nuove Schmidt pronte a emergere. Più sottili. Più curate. Più brave a camuffarsi da ispirazione. E allora sì, forse non dovremmo chiederci chi ha paura di Liv Schmidt. Ma anche avere il coraggio di ammettere che siamo ancora lontani dall’autoacettazione, da amare il nostro corpo, qualsiasi forma o peso abbia.