
Lea Gavino: "La musica mi richiede di essere totalmente autentica" Intervista alla cantante e attrice

"Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?" è un dipinto del pittore francese Paul Gauguin, una sorta di affresco della vita, un testamento spirituale risalente al 1897. L'intervista a Lea Gavino, autrice e cantautrice romana classe 1999, inizia allo stesso modo, più o meno. Forse c'è meno spiritualità, ma la domanda è simile: a che punto è della sua carriera, del suo viaggio, della sua vita pubblica e artistica? La risposta è chiara e limpida, come il suo sguardo.
Intervista a Lea Gavino, tra musica e recitazione
"Siamo all'inizio della mia carriera musicale, che spero sia lunga. Sono in un momento di scoperta, di decisioni importanti che saranno le radici di questo percorso. È un momento di grande curiosità e gioia" risponde, appoggiata al monumentale tavolo della sala riunioni principale dei nostri spazi milanesi. La sua carriera musicale ha in questo momento un titolo, proprio come il dipinto. È Amico lontano, canzone che, su sua stessa ammissione: "È stata scritta più o meno un anno fa. Ero a casa mia, faceva freddo fuori, era buio. Era una giornata un po' malinconica, pensavo alle grandi assenze che hanno segnato il mio percorso, la mia emotività, la mia vita. Pensavo anche a come le ho gestite, se possiamo dire che si gestiscono, o a come le ho affrontate" ci rivela. "Penso di averlo fatto con molta fantasia e infantilità in senso positivo. Volevo cercare di raccontare quanto la fantasia possa colmare dei vuoti" conclude, un po' sognante.
Un nuovo inizio, dunque, in una carriera attoriale che l'ha portata dalla televisione al cinema, da Skam Italia a Una storia nera, e che adesso la trasporta sui palchi. Senza troppa difficoltà: "Il lavoro di attrice ha momenti di grandi piene e momenti di grande vuoto, quindi momenti in cui lavori tantissimo che si alternano a pause. Durante le pause mi metto a scrivere tantissimo, anche perché quelle attoriali sono esperienze che ti lasciano qualcosa, che ti cambiano. Quindi alla fine c'è sempre qualcosa di nuovo da dire" racconta. "In comune hanno che sono due linguaggi attraverso il quale si parla, si può comunicare. La recitazione ha uno schermo, quello del ruolo, per cui non dico le mie parole, le mie sensazioni. È un'autenticità un po' bugiarda. La musica, dall'altra parte, mi richiede di essere totalmente autentica, perché racconto le mie storie".
A proposito di palchi, il suo se lo immagina "con molti musicisti, con molte altre voci insieme a me. È un sogno in grande: tanti cori, tanta gente, tanti strumenti, dal più piccolo al più grande". A proposito di autenticità, invece, impossibile non chiederle come si gestisce sui social network, tra lavoro e piacere. "Io i social network li vedo come un racconto leggero. L'autenticità è difficile da veicolare, io riesco a farlo solo attraverso le arti e le cose creative, quelle che richiedono costruzione. Sui social manca questa parte, la costruzione, il processo, quindi manca il mio modo di vivere l'autenticità. Racconto dei pezzi, dei momenti, al massimo".
La conversazione si apre, a sorpresa, su sprazzi di profondità. Nel parlare di come si prepara prima di un provino o di un'esibizione, ci dà uno spunto luminoso: "Io non devo essere per forza al massimo. Fa parte del mio rito. Ci sono delle giornate in cui viene naturale essere molto prestanti, altre in cui sei un po' sottotono. Ma anche in questo secondo caso si può ricavare qualcosa di buono. Più che altro faccio dei riti scaramantici" aggiunge ridendo. "Soprattutto cito School of Rock, il mio film della vita". "E poi", aggiunge, quando la stuzzichiamo un altro po': "Dipende anche dal pezzo che devo cantare. Se devo cantare una canzone che racconta di quanto quel giorno mi sento bene mi basta interpretarlo per cercare di tornare su quell'onda. Anche se tendenzialmente scrivo dei pezzi che raccontano di quanto io mi viva male delle cose, quindi fare la splendida non sarebbe coerente" conclude. E nel futuro? Tanta scrittura. "Sto lavorando a dei brani che ho già scritto, sono in fase di lavorazione e di produzione. È una fase di costruzione, di mettere insieme i pezzi del puzzle, capire quali devono essere lavorati, quali sono già pronti, aggiungerne di nuovi".


























































