
La nostra ossessione per le diete finirà mai?
Seguiamo l'esempio di Gwyneth Paltrow e proviamoci
22 Maggio 2025
Da sempre il mio corpo mi sembra un avversario. Un’entità da combattere, controllare, gestire. Un campo di battaglia tra ciò che mangio e ciò che non avrei dovuto mangiare, tra il desiderio e la restrizione, tra fame e senso di colpa. Ogni grammo di carboidrati è una sconfitta, ogni spuntino saltato una piccola vittoria, un gesto di disciplina. Per me e molti altri tutto comincia così, in sordina. Una scelta "sana" qui, un "piccolo sacrificio" là. Prima saltiamo il pane a cena. Poi smettiamo con lo zucchero. Ridurre i carboidrati diventa un atto d’amore per la salute. Sentirsi in colpa dopo una fetta di torta? Una reazione ragionevole. Poi scopriamo che i frutti tropicali hanno un indice glicemico troppo alto, che il latte vaccino è infiammatorio, che l’olio di semi ci distrugge l’intestino e che, per qualche ragione mistica, l’unico modo per avere un corpo sano è trattarlo come un laboratorio scientifico sottoposto a controlli continui. Così, inizia a ronzarci in testa una vocina che ci sussurra che qualcosa non va. Come siamo passati da "mangia le verdure" a "misuriamo il nostro cortisolo ogni giorno e prendiamo sette integratori prima di colazione"? E se tutto quello che spacchettiamo come benessere fosse in realtà un gioco psicologico crudele, una corsa alla perfezione travestita da consapevolezza?
Il caso di Gwyneth Paltrow: stiamo abbandonando le diete estreme?
Chissà se se lo è chiesta anche Gwyneth Paltrow, che ha recentemente ricominciato a mangiare pane. E non un cracker senza glutine, ma vero pane. A lievitazione naturale, con farina e fermentazione. Non dovrebbe fare notizia. E invece, lo fa. Perché quest’apertura alimentare sembra quasi rivoluzionaria per una che sulle regole detox da seguire religiosamente e il totale bando a caffeina, zuccheri raffinati, glutine, soia, mais e ai cosiddetti nightshades (ortaggi che amano l’ombra come patate o peperoni) ha costruito un’intera seconda carriera (avete presente Goop?). Se perfino la regina del clean eating, dopo anni di dieta paleo e rituali detox, si è stancata di demonizzare formaggi e carboidrati, allora forse, solo forse, qualcosa sta cambiando? Ci stiamo avvicinando all’idea che va bene prendersi cura di sé scegliendo alimenti sani, ma va bene anche mangiare una ciambella o le patitine fritte se ne abbiamo voglia? Piano a cantar vittoria. Le dure abitudini, anche in materia di cibo e bevande sono dure a morire. Basti pensare ai menù delle star, che non si prestano a grandi concessioni per la gola: tante fibre, verdure, pasta o riso integrale, carne, pesce, uova, pochissimi formaggi, tanti integratori alimentari e assolutamente niente zuccheri raffinati, definiti "il veleno di questo millennio". Lo scopo di tanti sacrifici? Le celeb giurano non sia la magrezza, un corpo conforme ai canoni estetici imposti dalla società o dalla diet culture, ma salute, longevità.
Il menù della perfezione
Un tempo mangiare era un gesto semplice, intimo, affettivo, ma oggi è un’impresa da ottimizzare. Una performance. Un’esibizione di controllo, virtù e ottimizzazione. Lo dimostrano i trend infiniti su TikTok: "What I eat in a day (for hormone balance)", "cortisol-lowering breakfast", "morning routine per non morire a 50 anni". Devi mangiare in modo pulito, anti-infiammatorio, a basso indice glicemico, anti-cortisolo, privo di olio di semi e possibilmente instagrammabile. Lontano dall’essere piacere, il cibo è diventato un protocollo biochimico verso la magrezza, la chiarezza mentale, la longevità, la versione 3.0 di sé stessi. L’atto di consumare un pasto è stato sostituito dall’analisi compulsiva degli ingredienti, dalla paura dell’olio di colza e dalla dipendenza dal benessere. Sì, perché anche il wellness può diventare una dipendenza. Un bisogno costante di biohackare il proprio corpo per paura che, lasciato a sé stesso, si rovini, ingrassi, invecchi o, orrore, si rilassi.
@babybella777 mornings with me before we start making things for you cc @Orebella #orebella ᶫᵒᵛᵉᵧₒᵤ - SoBerBoi
Tutto cambia, niente cambia
La cultura del corpo continua a cambiare faccia senza mai cambiare davvero, alimentando un’industria del benessere e delle diete che, solo nel 2024, spinta anche da farmaci come Ozempic che promettono magrezza senza fame, ha toccato un valore globale di 72 miliardi di dollari. È un business costruito sulle nostre insicurezze, sull’odio silenzioso che coltiviamo verso il nostro stesso corpo. Sull’illusione che, se solo potessimo essere più magre, più toniche, più pure, allora saremmo anche più felici, più amate, più rispettate. Ma la verità è che anche chi ha "raggiunto" quegli standard spesso vive in una prigione alimentare fatta di monotonia, privazione e, a volte, vera e propria alienazione. Già cinquant’anni fa Marilyn Monroe seguiva un regime alimentare rigoroso: uova sbattute nel latte a colazione, niente a pranzo e una bistecca accompagnata da 5 carote crude a cena. E che dire di Victoria Beckham che mangia la stessa cosa ogni sera da oltre 25 anni: solo pesce alla griglia e verdure al vapore?
Wellness come performance
In un mondo dove tutto è potenzialmente infiammatorio, dove anche una banana può diventare un nemico, la wellness culture è diventata una droga accettabile. Se non lo riconosciamo subito è perché si presenta bene. Si traveste da premura, da disciplina, da self love. Cosa c'è di amorevole nel vivere con il terrore di una manciata di crackers? O nel rifiutare un invito a cena perché "non sappiamo cosa c'è nell’olio della cucina"? Il vero problema è che questi comportamenti non solo sono socialmente accettati, ma addirittura celebrati. L’ortoressia, un’ossessione patologica per l’alimentazione sana, è difficile da riconoscere perché si presenta con il volto della virtù. Eppure, i dati parlano chiaro: i disturbi alimentari legati all’ansia da cibo sano sono in aumento, soprattutto nelle fasce più giovani e più esposte ai social. Siamo bombardati da messaggi che ci dicono che siamo sempre troppo qualcosa: troppo infiammati, troppo gonfi, troppo squilibrati. E ogni "troppo" sembra avere la sua soluzione, spesso costosa, spesso inutile. Da TikTok ai podcast, dalla fit-influencer che consiglia dodici integratori diversi prima del caffè, al medico che spiega come "sopprimere il cortisolo", il messaggio implicito è sempre lo stesso: il nostro corpo è rotto e va riparato. Ma chi decide cosa è rotto? E soprattutto, a chi giova questa narrazione?
Chi ha paura del cibo?
Siamo arrivati al punto che ci spaventano gli ingredienti che non capiamo. I conservanti, gli additivi, persino le calorie. I supermercati sono diventati campi minati. Le etichette sono test di logica. C’è qualcosa di profondamente triste nell’idea che, nel pieno di un’epoca in cui cibo e informazioni sono più accessibili che mai, ci sentiamo più confusi, più carenti e più affamati (in ogni senso) di sempre. È come se ci avessero convinti che il nostro corpo, da solo, non sapesse più come sopravvivere. Che senza i consigli di un influencer, un nutrizionista online, o l’ultimo trend virale, non potremmo mai farcela. E così eccoci: a bere brodi proteici e acqua salata, a evitare il pane come se fosse veleno, a credere che per rilasciare le tossine serva un tè dimagrante da 60 euro al mese. Eppure, la verità è che probabilmente stiamo già facendo abbastanza. Non abbiamo bisogno di ingozzarci di muschio marino, né di digiunare 23 ore al giorno per resettare il metabolismo o di assumere 20 diversi integratori e vitamine come Bella Hadid.
Stanchi, affamati, ipercontrollati
Mangiare solo cibi biologici, pesare ogni grammo di quinoa e fare il digiuno intermittente, rincorrendo una vita eternamente giovane e filiforme, va ben oltre quello che un tempo era buonsenso. Non è solo stancante. È un gioco in cui si perde sempre. Soprattutto se sei una donna o, più in generale, un essere umano in cerca di equilibrio. Perché trovare un punto di mezzo tra cura e ossessione è come camminare su una fune sottile. Vogliamo mangiare bene, ma senza punirci. Vogliamo sentirci energici, ma senza vivere in costante vigilanza. Vogliamo migliorarci, ma senza doverci odiare per farlo. Eppure, spesso ci ritroviamo a oscillare tra il controllo totale e il crollo emotivo. Tra la quinoa e il binge eating.
La nostra ossessione per le diete è finirà mai?
Forse è proprio questo il punto di rottura che stavamo aspettando. Quando perfino Gwyneth Paltrow decide che è stufa, possiamo permetterci anche noi di esserlo. Di ammettere che non ce la facciamo più, che ci manca godere del cibo, che vogliamo sederci a tavola senza sentirci in difetto. Non so se l’ossessione per le diete finirà mai. Ma forse, per molti di noi, sta cominciando a fare meno effetto. Iniziamo a sospettare che il vero benessere non sia in una lista di ingredienti da evitare, ma nella possibilità di mangiare un panino, guardare un tramonto e non pensare neanche per un secondo alle calorie. E chissà, magari un giorno ci perdoneremo anche per la torta al cioccolato. Io non ci sono ancora arrivata, ma spero di sentire la ricerca incessante di benessere scricchiolare. E quel suono, sottile e liberatorio, come il primo segno che potremmo, finalmente, avere fame di altro.