Jasley: "Cerco di portare autenticità nella scena urban italiana" Intervista alla cantante di "+252"

Jasley: Cerco di portare autenticità nella scena urban italiana Intervista alla cantante di +252

Con +252, Jasley torna a sondare il territorio più intimo della propria identità, intrecciando radici, memoria e voce in un gesto di sottrazione che diventa rivelazione. Un brano che cerca la linea essenziale attraverso cui nominare ciò che resta, ciò che chiama, ciò che ritorna: ecco tutto ciò che ci ha svelato in questa intervista.

Intervista a Jasley

Il tuo nuovo singolo si intitola "+252". Perché hai scelto proprio "+252" come titolo? Che valore simbolico attribuisci a questo prefisso nella tua storia personale?

+252 è il prefisso della Somalia, la terra delle mie origini. Anche se sono nata e cresciuta a Milano, quel numero rappresenta le mie radici, la parte di me che non si è mai staccata dalla nostra storia. L’ho scelto perché per me è un simbolo di appartenenza: un ponte tra la mia vita qui e tutto ciò che mi ha formata, anche a distanza.

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"+252" porta nel titolo un riferimento diretto alle tue radici somale. Cosa rappresenta per te questo prefisso? È una chiamata verso qualcuno, verso un luogo, verso una parte di te?

Per me +252 è una chiamata verso tutto questo insieme: verso un luogo, verso una persona e verso una parte di me che non voglio perdere. Dentro quel numero c’è soprattutto il sogno di mia madre: lei ha sempre desiderato avere una casa lì, tornare alle sue radici in un modo concreto, non solo con i ricordi. Ogni volta che penso al +252 immagino il giorno in cui potrò chiamarla proprio a quel prefisso, dalla nostra casa in Somalia. Quel momento, per me, significherebbe molto di più di una telefonata: sarebbe la prova che il suo sogno si è realizzato e che, nonostante tutto, siamo riuscite a chiudere il cerchio. Quindi sì, +252 è una chiamata.
Ma è soprattutto un ritorno.

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Ricordi il primo gesto musicale che ti ha fatto sentire "dalla parte di chi crea": un live, una registrazione in casa, un brano caricato online?

Sì, è stato quando ho trovato il coraggio di pubblicare sui social i miei primi video, dove sperimentavo arrangiamenti e idee a modo mio. Era tutto molto spontaneo, però per me significava mettermi in gioco davvero. E poi sono arrivati i primi live. Ricordo la sensazione di vedere le persone apprezzare, reagire, connettersi con quello che facevo. In quei momenti ho capito che stavo iniziando a creare il mio percorso, a costruire una voce mia.

Quali voci o dischi hanno segnato la tua formazione emotiva prima ancora che artistica? C’è qualcuno che consideri una sorta di radice del tuo suono?

Da piccola guardavo MTV e quando passava Rihanna mia mamma mi faceva le treccine: io la guardavo e pensavo che da grande volevo essere come lei, perché mi sentivo davvero rappresentata. Crescendo mi sono legata a David Bowie, che mi ha accompagnata nei momenti più bui, tanto da tatuarmi Heroes sul braccio. Rihanna e Bowie sono le mie radici emotive: la forza e la completezza di lei, la profondità e la resilienza di lui.

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C’è un momento della tua vita recente che senti aver inciso in modo decisivo sulla nascita di questo brano?

Sì, c’è stato un momento in cui ho sentito il bisogno di essere davvero sincera con il mio pubblico, di raccontare chi sono e le difficoltà che ho vissuto. Sapevo che là fuori c’era qualcuno che aveva attraversato storie simili alla mia, e volevo creare un ponte con loro. +252 nasce proprio da quella voglia di autenticità: condividere le mie radici, le mie promesse e le mie speranze, perché qualcuno potesse sentirsi meno solo ascoltandolo.

Come leggi oggi il tuo posizionamento all’interno della scena urban italiana, alla luce del tuo percorso e del tuo immaginario?

Mi vedo come qualcuno che cerca di portare autenticità nella scena urban italiana. Il mio percorso e le mie radici influenzano profondamente la mia musica: racconto storie di vita reale, difficoltà, sogni e appartenenza, senza filtri. Credo che oggi il mio spazio nella scena sia quello di chi prova a coniugare sonorità contemporanee con emozioni vere, per far sentire chi ascolta riconosciuto e rappresentato.

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Che traccia vorresti che "+252" lasciasse in chi ascolta, al di là dei riferimenti biografici e delle coordinate geografiche?

Vorrei che +252 facesse sentire chi ascolta meno solo, che trasmettesse speranza e forza. Non è solo la mia storia, è anche quella di chi ha vissuto difficoltà simili, chi ha avuto sogni che sembravano lontani o promesse da mantenere. Spero che chi ascolta percepisca il coraggio di restare se stesso, di non dimenticare le proprie radici e di credere che, anche dai momenti più difficili, possa nascere qualcosa di bello e autentico.

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Di solito nelle interviste si parla solo dei successi, quasi mai degli errori. Io invece sono affascinata da quelli, perché spesso rivelano molto più del resto. C’è un errore, un inciampo creativo o personale, che col tempo hai riconosciuto come necessario per la tua crescita artistica?

ho imparato moltissimo dai momenti in cui ho avuto paura di espormi o ho esitato a mostrare la mia musica. All’inizio cercavo di piacere agli altri o di adattarmi a quello che pensavo il pubblico volesse sentire, invece di seguire davvero la mia voce. Col tempo ho capito che quei dubbi e quegli errori erano fondamentali: mi hanno insegnato a fidarmi di me stessa, a essere sincera e a trasformare le mie esperienze in musica autentica. Senza quegli inciampi, probabilmente +252 non sarebbe nato così com’è oggi.