
Benedetta Porcaroli ha trovato la sua dimensione È nei film di Carolina Cavalli, da "Amanda" a "Il rapimento di Arabella"
Benedetta Porcaroli ha trovato la sua dimensione ed è l’universo di Carolina Cavalli. Per il suo secondo film la regista e sceneggiatrice milanese chiama nuovamente a rapporto l’attrice reduce dalla serie italiana Il Gattopardo. Stavolta, però, il nome del film di Cavalli non è il personaggio di Porcaroli a darlo, come accadeva col debutto Amanda. Arabella è infatti il nome della bambina che la protagonista Holly rapisce perché crede sia la reincarnazione di una piccola se stessa. È in preda a questa pseudo crisi mistica che si incrociano i due prologhi de Il rapimento di Arabella, due strade destinate ad incontrarsi. E non è obbligatorio che vadano da nessuna parte, ma è bello che abbiano percorso un tratto della loro vita insieme.
Benedetta Porcaroli rimane fedele a se stessa (al Festival del Cinema di Venezia 2025)
Proprio come Amanda, sia Cavalli che Porcaroli restano fedeli a loro stesse. La regista e sceneggiatrice al suo mondo fatto di guizzi personali e riferimenti in cui tutto è improbabile e sospeso e, nonostante ogni cosa sembri irreale, in verità è più concreta di quanto si pensi. L’attrice, dal canto suo, stimolando il suo lato stralunato e comico, di un cinismo scorretto e a tratti dolce. Gelida anche quando cerca l’amore, medesimo obiettivo in entrambi i film della sua regista, declinato in modo diverso. In Amanda la protagonista non aveva alcuna amica e obbligava il personaggio della collega Galatéa Belugi a diventarlo. Ne Il rapimento di Arabella la sua Holly - un’estensione della sua personaggia precedente - cerca di lenire la ferita causata dalla scomparsa della madre, ha la sensazione di essere in contatto con uno squarcio nel tessuto dello spazio-tempo ed è convinta di aver ritrovato un equilibrio nel momento in cui il cosmo la mette in contatto con una piccola versione di se stessa.
Carolina Cavalli è la sua naturale compagna
Cavalli e Porcaroli si tengono per la mano in un panorama italiano a cui spesso rischiano di mancare estetica o ironia. Proprio questo equilibrio tra ironia ed estetica è quello che hanno saputo trovare, trasportandoci nelle interiorità magmatiche delle loro protagoniste, che ricordano un po' Lady Bird. Antipatiche e sensibili, sgradevoli e intelligenti, sono donne che sono consapevoli di se stesse, ma non per questo sanno incastrarsi bene nel mondo che le circonda. Per Cavalli non è una novità. Una cosa simile, infatti, avveniva anche con la Donya di Fremont di cui era solo sceneggiatrice insieme a Babak Jalali, regista del film. Un’immigrata che dall’Afghanistan si trasferisce in America e inizia a lavorare per una fabbrica di biscotti della fortuna, scoprendo che per trovarla (la fortuna) doveva entrare in gioco con il destino.
"Il rapimento di Arabella" è il sequel spirituale di "Amanda"
Sebbene più malinconico di Amanda, anche meno compatto in una seconda parte in cui tende ad evaporare e a perdersi, Il rapimento di Arabella – in anteprima nella sezione Orizzonti di Venezia82 – potrebbe essere un ideale sequel del debutto di Cavalli e, speriamo, la continuazione di una carriera che sappia esprimersi ogni volta con lo stesso stile così chiaro e riconoscibile. Divertente e riflessivo, senza volersi prendere per forza sul serio. Magari riuscendo a rimetterci in contatto con la parte più nascosta, fragile e disordinata di noi. Bambina e non solo.























































