Reverse catfishing: il fascino strategico della bruttezza Autenticità o solo un’altra maschera per piacere?

Ok. Stop un attimo. Mettete in pausa quel podcast sulla vera identità di Jack Lo Squartatore e fate mente locale. Che foto avete sul vostro profilo Tinder, Bumble, Hinge, Grindr o qualsiasi altro parco giochi algoritmico dell’amore moderno? Un selfie curato al millimetro, con la luce giusta, il mento leggermente sollevato e i capelli perfetti? Oppure vi siete giocatə la carta dell’ironia e avete indossato un costume da banana? O magari uno scatto mosso, scuro, indecifrabile, dove si intuisce appena la vostra ombra? E se fosse… solo il vostro maialino in tutù? O, peggio, la vostra collezione di tazze vintage? Beh, se avete preso questa ardua decisione prima del grande boom della pandemia e della BeReal-era, probabilmente vi sarete attenutə alla regola non scritta delle dating app: apparire al meglio, sembrare interessanti, attraenti, brillanti. Sorrisi bianchi, sfondi da vacanze photogenic-friendly, hobby curati apposta per sembrare cool e pose studiate. La bio? Una combinazione letale di sarcasmo, riferimenti pop e tre emoji scelte con cura maniacale. Era tutto un grande casting nel quale vinceva chi performava meglio. O almeno, così sembrava. Poi qualcosa si è rotto. Le immagini troppo perfette hanno iniziato a sembrare tutte uguali. Il gioco del corteggiamento online è diventato una sequenza di cliché con troppi effetti speciali e poca trama. Ed è proprio da quella noia iper-curata che è nato un trend opposto, quasi punk: il reverse catfishing

@katielacie They love it. #reversecatfishing #onlinedating #goals #funny original sound - Katie Lacie

Cos'è davvero il reverse catfishing?

A differenza del classico catfishing, in cui ci si mostra online come più belli, più affascinanti o addirittura come qualcun altro, il reverse catfishing consiste nel presentarsi volontariamente in modo meno attraente rispetto alla realtà. Sì, esatto il segreto è mostrarsi peggio di quanto si è. Scegliere con cura la foto più brutta, quella con gli occhi chiusi, la luce sbagliata e la smorfia indecifrabile. Accompagnata dalla bio più scarna ed anonima possibile. E nascondere volontariamente tutti i dettagli interessanti, dai successi nel lavoro agli addominali scolpiti. Perché farlo? Forse per filtrare i filtri, per testare chi ci sceglie nonostante tutto, per sottrarci al circo dell’apparenza. O, semplicemente, per la più umana delle ragioni: perché abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi e ci veda. Sul serio. Anche se siamo in pigiama. Anche se nella foto abbiamo i patch per l’acne spiaccicati in faccia.

@hotlinefab Reverse Catfishing EXPLAINED! Yes it works, but you gotta be careful cuz it can backfire. Check out this video for how it works and whether you should try it or not. #greenscreen original sound - HOTLINEFAB

Autenticità o nuova forma di manipolazione?

Per molti alla base del reverse catfiching c’è la logica aspettative basse = effetto wow. Mostriamo la nostra versione peggiore, e quando ci incontriamo (ben vestitə, profumatə e con la faccia truccata)... bum! Colpo di fulmine. Il nostro date rimarrà stupito e incantato. Ma c’è di più. La Gen Z vive questo atto di ribellione estetica anche come un modo di generare connessioni più autentiche e filtrare aspettative superficiali. Peccato che minimizzare il nostro appeal online non sia un gesto di estrema sincerità o una dichiarazione di indipendenza dal culto dell’apparenza. Perché sulle app di incontri siamo tutti prodotti. Anche quando ci impegniamo a sembrare "veri", stiamo comunque scegliendo come "venderci". Quindi, il reverse catfishing, per quanto romantico possa apparire, è esso stesso parte del gioco. È una strategia per distinguersi, proprio come lo erano prima i profili lucidi e scintillanti. Solo che ora l'anti-marketing è il nuovo marketing.

@juliawarter Lil backstory: we matched on Hinge and he was much more handsome than his photos. This is a first for me… am i the only one? #hinge #onlinedating #datingstorytime #datinglife #single #catfish original sound - Julia | Mindful Wellness + IBS

L’imperfezione è il nuovo filtro?

In un mondo dove tutti vogliono essere reali ma nessuno vuole essere banale, il reverse catfishing si inserisce perfettamente nell’ansia da prestazione generale. Anche quando sussurriamo di voler sembrare interessanti nel nostro (finto) disinteresse, quello che davvero urliamo è che nessuno vuole essere invisibile. E chi frequenta le app di incontri sa perfettamente che, anche nel reverse catfishing, la scelta della "bruttezza" è strategica. Un modo brillante di dire "non mi importa", mentre in realtà ci importa eccome. E funziona, certo. A volte sorprende. Altre, può risultare disorientante o persino irritante. E ci chiediamo perché non mostrare direttamente tutto, senza fingere di essere meglio o peggio?

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E quindi? Possiamo davvero fidarci?

Tutti i profili sono manipolativi. Anche quelli onesti. Perché selezionare, ridurre, scegliere una foto su mille o scrivere una bio di 150 caratteri è di per sé un atto di sintesi, di narrazione. E ogni narrazione ha una strategia. Anche quando nega di averne. Quindi, se l’autenticità digitale è un ossimoro, come facciamo a sapere se questa "bruttezza" è sincera? Se davvero dietro quel profilo dimesso c’è una persona che vuole essere vista per ciò che è... o solo qualcuno che ha trovato un nuovo modo per piacere? Non lo sapremo mai, del tutto. Lo scopriremo col tempo, con la frequentazione, nell’incontro fuori dallo schermo, con la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, con la lentezza dei gesti veri.