
La lavender soap theory è qui per ricordarci che si vive una volta sola Direttamente da BookTok: un invito a usare, senza troppi freni, i nostri prodotti preferiti
C’è sempre quel prodotto che non usi mai davvero. Il rossetto troppo bello o "vistoso" per tutti i giorni. La crema corpo che aprirai quando finalmente riuscirai a dedicarti un po' di tempo dopo la doccia frettolosa. Il profumo costoso che spruzzi con il contagocce, come se ogni giorno normale non fosse abbastanza degno. Nel beauty abbiamo questa strana abitudine: rimandare il piacere. Come se prendersi cura di sé fosse una ricompensa da meritare, non un gesto quotidiano. È qui che entra in gioco la lavender soap theory: un invito molto sincero a smetterla di rimandare il piacere e di aspettare il momento giusto.
Che cos'è la lavender soap theory virale su TikTok
La lavender soap theory nasce da una scena precisa e abbastanza dolorosa di The Assassin’s Blade, prequel della saga Throne of Glass di Sarah J. Maas. La protagonista possiede un sapone alla lavanda molto costoso, un piccolo lusso che considera solo suo, qualcosa da non sprecare. La sera prima che il suo compagno parta per una missione pericolosa, lui le chiede di poterlo usare. Lei rifiuta, minimizzando il gesto e costringendolo a lavarsi con un sapone comune. Quella scelta, apparentemente insignificante, diventa devastante: lui muore durante la missione e l’ultimo ricordo che lei conserva non è un momento di intimità o condivisione, ma una discussione nata dal non voler far utilizzare un prodotto perché apparentemente troppo "importante". Il rimpianto non riguarda il sapone in sé, ma ciò che rappresentava: il rifiuto di concedere, e concedersi, un piacere, pensando che ci sarebbe stato sempre un altro momento. BookTok ha trasformato quella scena in una metafora potente: usare le cose belle adesso, non rimandare i piccoli gesti di cura e condivisione, perché sono proprio quelli a restare quando tutto il resto cambia.
La teoria applicata nel mondo beauty
Il trend della lavender soap theory è nato per ricordarci di lasciare usare ai partner le cose belle che conserviamo gelosamente, ma quante volte lo vietiamo anche a noi stesse? Nel beauty questa mentalità è ovunque. Compriamo skincare eccellente per poi usarla con il freno a mano tirato, pensando "così non la spreco". Conserviamo profumi finché il tempo non ne cambia le note perché cavolo, mi è costato parecchio e quindi lo riservo alle occasioni importanti, che spoiler: non sono poi così tante. Lasciamo che il make-up scada perfettamente intatto, più nuovo nel packaging che sulla pelle, perché in fondo è talmente bello che è un peccato consumarlo. Questa non è disciplina, è rinuncia mascherata da controllo. E vale la pena dirlo chiaramente: un prodotto funziona solo se lo usi. La pelle non sa che oggi non è un’occasione speciale. Non conosce il calendario, né il prezzo del barattolo. Sa solo se è idratata, nutrita, trattata bene. Tenere una crema chiusa perché era costosa non la rende più efficace, la rende solo inutile. Il beauty non è un museo e nemmeno un investimento a lungo termine: è esperienza, sensazione, presenza. Questo non significa svuotare tutto in una settimana. Significa usarlo con continuità, anche in piccole dosi, senza rimandare. Perché è proprio nell’uso quotidiano che un prodotto fa davvero il suo lavoro, non nel risparmio ossessivo. Quindi sì: accendi la tua candela preferita, indossa il profumo buono anche per stare in casa. Metti il gloss preferito per andare al supermercato. Usa quel leave-in per capelli costoso con costanza. Consumare qualcosa che ami è infinitamente più soddisfacente che vederlo scadere intatto. Il piacere quotidiano non è eccesso: è cura.


















































