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Sì dell'UE al 40% delle donne ai vertici aziendali entro il 2026

Un provvedimento che mira a mira a garantire la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa

Sì dell'UE al 40% delle donne ai vertici aziendali entro il 2026 Un provvedimento che mira a mira a garantire la parità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa

Dopo 10 anni di stallo sulle proposte, i legislatori dell’UE hanno siglato Women on Boards, un accordo "storico" per la parità di genere: entro il 30 giugno 2026 almeno il 40% degli incarichi da amministratori non esecutivi o il 30% di tutti gli incarichi da amministratori dovranno essere assegnati a delle donne. I deputati hanno insistito sul fatto che il merito deve rimanere il criterio chiave nelle procedure di selezione, che devono essere trasparenti, ma nel caso in cui i candidati siano ugualmente qualificati per una posizione, la priorità dovrebbe andare al candidato del sesso sottorappresentato. Sono escluse dalla direttiva le piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti, mentre tutte le altre dovranno presentare alle autorità competenti, una volta all’anno, informazioni dettagliate sugli obiettivi che hanno raggiunto e, se in difetto, come intendono raggiungerli. Altrimenti sono previste delle sanzioni pecuniarie.

"Questo è un grande giorno per le donne in Europa. Ed è anche un grande giorno per le aziende. Perché più diversità significa più crescita, più innovazione".

Ha scritto su Twitter la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. Un entusiasmo condiviso anche dalla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola che ha dichiarato:

"La Direttiva Women on boards è una direttiva win-win. Vantaggiosa per le donne, per gli uomini, per le imprese, per i dipendenti. L'accordo di oggi vedrà più donne prendere il comando nel settore delle imprese.  Le aziende Ue guadagneranno con più donne in ruoli di primo piano. Possiamo equilibrare il campo di gioco".

Attualmente, solo il 30,6% dei membri del CDA delle più grandi società quotate in borsa dell’Ue sono donne, con differenze significative tra gli Stati membri che vanno dal 45,3% in Francia all’8,5% a Cipro. In Italia, dove è in vigore la legge Golfo-Mosca che dal 2019 impone già la quota del 40%, il 39,6% dei componenti dei CDA è donna. Nonostante il progressivo miglioramento, le forme di discriminazione di genere persistono nella governance aziendale anche nei paesi che hanno adottato normative sulle quote di genere. Sono ancora poche le donne che raggiungono ruoli ai vertici, come amministratore delegato e presidente, ma anche per in posizioni manageriali di alto livello. La Consob rilevava che in Italia gli ad donna fossero meno del 2% ed i presidenti il 18,2%. Per questo, sebbene preferiremmo un mondo senza quote rosa, in questo momento, ne abbiamo bisogno per riequilibrare una situazione di disparità che senza di esse difficilmente si risolverebbe. E ne abbiamo bisogno, con buona pace di Elisabetta Franchi e dei suoi "giri di boa", senza limiti di età, ma solo in base al merito.