
Abbiamo paura di scegliere, o il paradosso del fico di Sylvia Plath Gli esperti la chiamano decision paralysis: c’entra la tecnologia, ma non solo
Ti è mai capitato di aprire TikTok (o per i più nostalgici, Tripadvisor) per cercare un nuovo ristorante e perderti tra recensioni contrastanti, video sponsorizzati e "hidden gems" consigliate da creator diversi, per poi finire nella solita pizzeria? O di essere perennemente indeciso su quale nuovo libro leggere, di fronte ad una lista infinita che continui (imperterrito) ad aggiornare? Se sì, conosci bene quella sensazione sospesa che gli psicologi chiamano decision paralysis: la paralisi da scelta che oggi sembra accompagnarci ovunque, dalle piccole decisioni quotidiane a quelle più grandi e impegnative.
Il paradosso del fico
Il fenomeno non è nuovo, già la scrittrice Sylvia Plath lo raccontava nel celebre paradosso del fico: la protagonista del suo romanzo La campana di vetro, Esther Greenwood, immaginava la propria vita come un albero pieno di fichi, ognuno rappresentante una possibilità. Carriera, amore, viaggi: mentre lei esitava su quale cogliere, i frutti cadevano a terra e marcivano. È un’immagine potente che fotografa perfettamente la condizione contemporanea: la paura di scegliere una strada, perché significa rinunciare a tutte le altre. Oggi viviamo lo stesso dramma, ma in versione aggiornata: infinite opzioni, algoritmi che ce ne suggeriscono di nuove, e l’ansia di scegliere quella "sbagliata".
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Dalla FOMO alla FOBO
Gli psicologi parlano di paradosso della scelta, concetto reso popolare da Barry Schwartz: avere troppe opzioni non ci rende più felici, ma al contrario più frustrati, perché aumenta le aspettative e il rischio di rimpianti. Più possibilità abbiamo, più diventa probabile pensare di aver scelto quella sbagliata. A peggiorare la situazione c’è la FOBO (Fear of Better Option), la paura che da qualche parte esista sempre un’alternativa migliore. È quel senso di insoddisfazione che provi davanti a un menù troppo lungo o quando confronti per ore prodotti online senza mai concludere l’acquisto.
Le (illusorie) possibilità infinite dei social media e dell’AI
Oggi, i social e l’intelligenza artificiale rendono questo paradosso ancora più evidente. TikTok ti mostra possibilità che sembrano infinite su come trascorrere il weekend, Instagram ti bombarda di vite perfette, YouTube propone "top 10" di qualsiasi cosa, e ChatGPT può offrirti venti risposte diverse a una stessa domanda. Da un lato, la tecnologia ci fornisce strumenti utili per prendere decisioni più informate; dall’altro, ci espone a un overload informativo che ci destabilizza, alimentando l’ansia di scegliere "bene". La verità è che anche quando ci affidiamo a un algoritmo, la responsabilità finale resta nostra, e questo può essere ancora più paralizzante. Un altro aspetto cruciale è la dimensione emotiva. Decidere non è mai un atto puramente razionale: entra in gioco la paura di sbagliare, di sprecare tempo, soldi, energie, ma anche il confronto sociale (ormai sempre più digitale). Vedere costantemente le scelte degli altri - viaggi, relazioni, carriere - ci porta a pensare che esista un’opzione ideale che dobbiamo assolutamente individuare. Ma, come spesso accade, la perfezione è un’illusione.
Imparare a scegliere (di nuovo)
Come uscirne, allora? Gli esperti suggeriscono alcune strategie concrete: ridurre le opzioni (scegliere tra tre ristoranti invece che dieci), stabilire criteri chiari (cosa conta davvero per me in questa scelta?), accettare l’errore come parte inevitabile del processo. Inoltre, automatizzare le micro-decisioni quotidiane - dal look del lunedì mattina al pranzo del giorno dopo in ufficio - può liberare energie per le scelte più importanti. Anche concedersi pause digitali - dai social media in particolare - può aiutare a concentrarsi di più su ciò di cui abbiamo davvero bisogno, senza troppi stimoli esterni. La sfida, molto spesso, risiede nel riscoprire la fiducia nel proprio giudizio. Perché il rischio più grande non è sbagliare: è non scegliere affatto. Come ci ricorda il fico di Sylvia Plath, aspettare l’opzione ideale significa spesso guardare i frutti cadere a terra, finendo per restare a mani vuote. Che si tratti di un film da guardare su Netflix, o di una scelta destinata a cambiare drasticamente le nostre vite. Magari in meglio.




















































