
Material Love è come Orgoglio e Pregiudizio, ma nel 2025 Il nuovo film di Celine Song gioca con la rom com ma non abbandona il cinismo

Perché una donna, nel 2025, decide di sposarsi? Lo fa per convenienza? Per stabilità o per passione? Per paura o per voglia? Quanto conta l'essere allineati economicamente per due persone tra i 30 e i 40 anni che vedono nel matrimonio una sorta di contratto per la vecchiaia, più che una decisione presa per amore? È quello che si chiede Celine Song in Material Love (titolo originale Materialists), al cinema in Italia a partire dal 4 settembre. Le risposte a questi quesiti sono molteplici e parziali, varie e personalizzate. Tutte da rimasticarsi in testa all'uscita dal cinema dopo la visione di un film che non ha deciso cosa essere, ma che lo ha fatto bene.
Material love, trama e cast del film di Celine Song
Lucy (Dakota Johnson) è una giovane donna che ha deciso di rinunciare all'amore, ma adesso lo combina per gli altri. È una delle dipendenti di punta di un'agenzia di lusso che si occupa di trovare partner perfetti (leggi: da sposare) ai loro clienti paganti. La vita e il lavoro l'hanno spinta a diventare una sorta di robot degli accoppiamenti. Non vede altro che cifre: RAL, altezza, età. Sta cercando (o pensa di star cercando) altrettanto per se stessa. Un uomo perfetto, ricco, che le doni la sicurezza che da sempre vuole e qualche cena di lusso in giro per New York, che la faccia sentire di valore. Quando lo trova, però, non ci crede, perché lei viene da una famiglia umile. I numeri non si allineano. Il valore è squilibrato. E si innesca il triangolo.
Un omaggio alla rom com che non cancella la cruda realtà
Lucy è una moderna Lizzie Bennett, che però non ha la sua fortuna. Il matrimonio di convenienza, alla fine, non la convince e non la può convincere. Il suo vero amore, purtroppo, non si rivela burbero ma ricco come Mr. Darcy: è terribilmente spiantato. Messa davanti a una scelta, sceglie la scomodità per amore, in barba a tutto quello che ha professato per tutto il film. Questo finale, che sembra un po' attaccato lì all'ultimo minuto, manifesta la fedeltà di Song al genere della rom com, che utilizza e che ripropone, ma con un twist cerebrale, asciutto, cinico. È quasi un omaggio obbligato, ma non combacia con la visione del mondo che ci dà il resto del film, che ha il coraggio di parlare della componente economica del matrimonio, che sottolinea come tutti, alla fine, vogliano in cambio dall'altro qualcosa, la sensazione di valere, la sensazione di star compiendo una scelta che ha senso, riconosciuta dalla società. Non solo. Material Love è un film che ci sfida e ci chiede di riconoscere i nostri limiti: cosa vogliamo noi, nella parte più oscura di noi, da una partnership amorosa? Accetteremmo un controverso intervento di allungamento delle ossa delle gambe? E un partner che non ha i soldi per pagare il parcheggio?
La sensazione, dopo aver visto sia questo film che il debutto alla regia Past Lives, è che Celine Song stia creando una sorta di universo cinematografico dell'amore contemporaneo, tutto costruito su diversi momenti del dualismo amore-cinismo e che si interroga in maniera semi-seria su cosa vuol dire stare in una coppia nel 2025. Se in Past Lives, però, iniziava con dolcezza per finire su una posizione che molti hanno interpretato come cinica (ma che in realtà era semplicemente sfumata e delicata come solo la realtà e la scelta di stare in coppia da adulti sa essere) in Material Love fa un percorso inverso: parte cinica di un cinismo esagerato, ripetuto e un po' macchiettistico, in your face, e poi finisce tradizionalmente bene in maniera un po' posticcia. Quale sarà la terza opera di quella che, ci piace immaginare, è una trilogia? Lo scopriremo presto, speriamo. Intanto, pare che la regista si dedicherà al sequel di Il matrimonio del mio migliore amico.





















































