
Ariana Grande e perché fermarsi a volte è necessario L'attrice è al centro del dibattito e decide di uscire di scena e, forse, di non tornare in tour
Ariana Grande sta vivendo una fase di trasformazione radicale che risuona a un po' tutte noi. Dopo quindici anni trascorsi dentro una macchina dello spettacolo che l’ha resa una delle popstar più riconoscibili della sua generazione, oggi la cantante sceglie di rallentare e di prendersi una pausa lunga, forse la più lunga della sua carriera. L’annuncio che il suo tour del 2026 sarà probabilmente "l’ultimo per molto, molto, molto, molto tempo" ha scosso i fan ma non li ha colti completamente di sorpresa. Da mesi, Ariana racconta quello che molti artisti non osano ammettere: la stanchezza, la depressione, la fragilità, la perdita di memoria, la difficoltà di riconoscersi in un ruolo che, pur avendola resa una superstar, ha imposto un prezzo personale altissimo.
Dietro la performance di Ariana Grande in Wicked 1 e 2
Il punto di svolta non è arrivato improvvisamente. È stato il risultato di anni in cui l’immagine pubblica di Ariana ha nascosto un mondo interiore più complesso. La cantante non ha mai negato le sue battaglie contro l’ansia e il trauma, soprattutto dopo la strage di Manchester del 2017, che ha segnato profondamente la sua vita e la sua visione del mondo. Ma è solo negli ultimi mesi che ha iniziato a parlare apertamente di un aspetto ancora più inquietante: alcune parti della sua carriera sono scomparse dalla sua memoria. Le mancano letteralmente anni, interi periodi cancellati dal sovraccarico emotivo e lavorativo. Nelle interviste, Ariana ha cercato di spiegare questo fenomeno con una semplicità che rende tutto più disarmante. Dice di ricordare immagini, sensazioni, ma non eventi. Come se quell’accumulo di stress, lutto, pressioni professionali e aspettative avesse lasciato cicatrici così profonde da modificare il funzionamento stesso della sua memoria.
È una confessione rara nel mondo dello spettacolo, dove la narrazione dominante è quella del successo costante, della resilienza senza incrinature. Ariana invece porta in superficie l’altra faccia del mito pop: l’essere intrappolati in un ruolo che richiede di mostrarsi sempre presenti e sempre perfettamente performanti. Un personaggio che spesso non coincide con chi si è veramente. Non è un caso se la cantante ha raccontato che, con l’età, si è resa conto di quanto fosse diventato difficile per lei "stare dentro" la figura della popstar. Il corpo chiede riposo, la mente chiede respiro, e la ricerca di autenticità si scontra con un mondo che vive di apparenza.
The Wicked e il mondo dello spettacolo: la scelta dell'attrice protagonista e il suo racconto
Nel raccontare il suo periodo sul set di Wicked, Ariana parla di una storia che affonda le sue radici in temi modernissimi come la tentazione di omologarsi per essere accettati, la facilità con cui le masse vengono manipolate attraverso narrazioni costruite ad arte. È una favola che, a guardarla bene, sembra parlare più del 2025 che di Oz. Ariana, che interpreta Glinda, e Cynthia Erivo, che dà corpo e voce a Elphaba, hanno raccontato più volte quanto questo film abbia rappresentato per loro molto più che un lavoro. Cynthia parla dell’amicizia tra le due protagoniste come di un legame che sfida qualsiasi cliché, un rapporto che nasce dal conflitto, passa attraverso il pregiudizio e diventa qualcosa di profondissimo. Per lei, l’amico ideale è qualcuno che non ha paura di affrontare le conversazioni difficili e che ti vuole bene anche quando sei nel tuo momento peggiore. Non qualcuno che ti applaude sempre, ma qualcuno che ti vede davvero, che ti riconosce nella tua vulnerabilità. È un punto di vista che risuona fortissimo anche nel percorso di Ariana, soprattutto oggi che la sua battaglia con la depressione sta diventando una parte visibile del suo racconto pubblico.
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Ariana Grande oltre la musica pop
Il film, per entrambe le attrici, è diventato un luogo di liberazione. Per Cynthia, un modo di rivendicare la differenza come forza e per Ariana, una strada per tornare all’essenza: non la popstar idolatrata, ma l’essere umano che cade e riparte. Wicked è diventato per lei uno spazio emotivo dove la pressione del pop non esisteva. Ed è forse per questo che, quando Ariana parla della sua pausa dalla musica, tutto sembra improvvisamente più chiaro. Wicked non è stato solo un progetto lavorativo. È stato un punto di svolta, un momento che le ha fatto capire quanto fosse necessario rallentare, quanto fosse urgente proteggersi dal sovraccarico che l’ha portata alla depressione, alla perdita di memoria, a quello smarrimento che ancora oggi cerca di elaborare.
Il tour del 2026 sarà quindi un saluto, una celebrazione che somiglia più a un atto d’amore che ad un addio. Ariana descrive questo tour come "una festa", qualcosa da vivere senza la pressione di dover dimostrare qualcosa, come se fosse un ponte tra la sua vita passata e quella che deve ancora costruire. La sua storia, come tante altre, ci ricorda che fermarsi non è una sconfitta, ma una forma avanzata di autocura. Un termine, che forse dovremmo riscoprire.























































