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Spiegare Loredana Bertè alla Gen Z

A Sanremo 2024 una colonna portante della musica italiana al femminile

Spiegare Loredana Bertè alla Gen Z A Sanremo 2024 una colonna portante della musica italiana al femminile

A Belve Loredana Bertè ha dato il meglio di sé, raccontandosi senza vergogne e senza remore e non facendo mancare i dettagli sulla sua storia con Björn Borg. Come ha sempre fatto e come sempre farà, probabilmente. Un esempio? La sua ultima partecipazione a Sanremo. La canzone si intitolava "Pazza", e faceva così: "Va bene sono pazza, che c’è? Io sono pazza di me e voglio gridarlo ancora. Non ho bisogno di chi mi perdona, io faccio da sola e sono pazza di me, perché mi sono odiata abbastanza. Prima ti dicono sei pazza e poi ti fanno santa. Io cammino nella giungla con gli stivaletti a punta e ballo sulle vipere. Non mi fa male la coscienza, e mi faccio una carezza perché non riesco a chiederle". L'ha cantata in maniera dirompente, in total look Valentino e gli ormai iconici capelli blu, salutata dalla standing ovation dell'Ariston. Si è classificata prima in un podio di sole donne dopo la serata di martedì (quella in cui valevano solo i voti della Sala Stampa) e non stupisce. 

Loredana Bertè a Sanremo, una canzone che è un pugno

La canzone, sincera da far male, è una sorta di somma della vita e della carriera di Bertè, che ha fatto della ribellione la sua cifra distintiva anche su quel palco e che si è scontrata a testa bassa contro il muro dell'opinione pubblica italiana, che non ha mai gestito bene le donne decise e controcorrente. A partire dall'aggettivo pazza, di cui decide di ri-appropriarsi e che da secoli viene usato spessissimo contro qualunque donna esca dal seminato, per sminuirne l'agentività e il messaggio. Come se non bastasse, la cantante di "Sei bellissima" ha vissuto da vicino anche il trattamento riservato alla sorella Mia Martini, la cui carriera è stata gravemente danneggiata da un uomo scontento, Fausto Paddeu, che dopo un suo rifiuto su una proposta di accordo economico mise in giro la voce che l'artista portava jella primae poi dai ritmi folli a cui era sottoposta. In Pazza c'è anche questo: un grido di rabbia, consapevolezza ma anche maturità e accettazione di se stessa e delle proprie fragilità, che tocca tutte le donne e arriva dopo una carriera pluridecennale, tra alti e bassi ma sempre coerente. Cerchiamo di fare un veloce excursus. 

Gli inizi, la carriera e la vita amorosa

La carriera musicale di Loredana Bertè prende piede negli anni Settanta, dopo un periodo da ballerina al Piper Club, a Roma. Il suo primissimo EP, che si intitola Streaking e vede la luce nel 1974, è subito scandalo. L'opera, infatti, venne censurata da radio e televisione e rimossa dal mercato. Nel 1975 arriva Sei Bellissima, che la Rai considera troppo sessualmente esplicita, e che quindi vede la luce in due versioni, una più innocente dell'altra. I versi incriminati sono: "A letto mi diceva sempre non vali che un po' più di niente", che vennero cambiati in: "E poi mi diceva sempre non vali che un po' più di niente". Fortunata la canzone, fortunatissimo il sodalizio artistico e non solo con Mario Lavezzi, autore e produttore. Loredana, nel giro di poco più di 5 anni, è diventata una colonna della musica italiana, tanto che venne eletta miglior voce femminile nel contesto concorso Vota la voce indetto da TV Sorrisi e Canzoni ben 5 volte. Poi le polemiche a Sanremo, la storia d'amore tormentata con il tennista Björn Borg, il ritorno all'Ariston nel 1993 e la morte della sorella Mia Martini nel 1995. Bertè si reinventa cantautrice, scrive le sue canzoni, collabora con Renato Zero, torna dopo ogni pausa più decisa di prima. Sempre in continuo cambiamento, ma sempre fedele a se stessa.

Il femminismo di Loredana Bertè è per tutte

Pazza di Loredana Bertè è una canzone universale, che tutte le donne che si sono sentite sminuite  - portate a spasso dall'ipocrisia degli uomini e del patriarcato sul lavoro e nella vita, segnate dai loro pregiudizi - possono capire al primo ascolto. Il femminismo di Loredana Bertè è così, ed è stato così per tutta la sua carriera. Libero da spinte ideologizzanti e strumentalizzanti, libero da discorsi passabili sui social e da bandiere, perché filtrato dalla sua vita e dalla sua visione delle cose. Un femminismo che forse non è mai stato chiamato femminismo, ma che non si è dimenticato mai di nessuna. Come ad esempio quel Sanremo del suo passato in cui salì sul palco con Re (brano scritto per lei dai fratelli Mango) e un pancione finto, per dire a tutti che le mamme erano fortissime. Insomma, un esempio per tutte le artiste, alle prime armi e non, che ha preso l'etichetta di cantante sexy e trasgressiva che le avevano affibbiato fin dal primissimo EP e l'ha ribaltata e impugnata come un'arma, usandola per rompere le scatole ai benpensanti, e non per essere la bambolina sexy degli uomini.