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Perché rilassarsi è così difficile?

Possiamo resistere all'impulso di essere costantemente produttivi?

Perché rilassarsi è così difficile? Possiamo resistere all'impulso di essere costantemente produttivi?

Scadenze lavorative da rispettare. Bollette da pagare. Liste della spesa. Lavatrici e pulizie domestiche. Cani da portare a passeggio e, magari, anche figli da accudire. C’è sempre qualcosa da aggiungere all’infinita lista delle cose da fare. Spegnere il cervello è diventato quasi impossibile e rilassarsi una parola svuotata di significato. Bisogna costantemente combattere contro quella vocina nella testa che ci dice che dovremmo essere produttivi, che il momento di staccare la spina non è ancora arrivato, non finché avremo steso i panni da asciugare, aggiustato il rubinetto sgocciolante, raddrizzato tutti i quadri del salotto o portato a termine quell’ultimo compito. Peccato che quell’ultimo compito non esista. Ce ne sarà sempre un altro. Perché può sembrare così difficile riposare? Perché ci sentiamo obbligati a giustificarci con gli altri e persino con noi stessi quando facciamo una pausa? Perché ci sembra accettabile farlo solo quando siamo pericolosamente esauriti?

Siamo schiavi dell’approccio "more is always better"

Nella nostra società capitalista c’è una pressione costante ad essere sempre produttivi, performanti, attivi. Chi si ferma è perduto. Così non sappiamo più come fermarci, vivere il momento e celebrare ciò che abbiamo realizzato. Abbiamo interiorizzato il messaggio che riposare non sia una buona cosa. Viviamo in uno stato di stress permanente perché essere costantemente occupati non è sostenibile. Quando si è indaffarati, presi dalla carriera o dal tran tran quotidiano l'adrenalina ci spinge ad andare avanti, provocando uno stato di eccitazione che è quasi dopante. Il problema è che nessuno di noi può sostenere quel ritmo e quella pressione all’infinito. Se non ci si ferma si corre il rischio di sperimentare il burnout, di spezzarsi nel corpo, nella mente o in entrambi.

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Senso di colpa e sindrome dell’impostore

La pressione verso il fare e il conseguente rischio di burnout sono ancora maggiori nelle donne. Pensiamoci: quando abbiamo visto una donna della nostra vita veramente rilassata, in sano ozio, prendersi del tempo per se stessa senza che questa pausa implicassi un’attività collaterale. Secondo gli esperti, l’universo femminile sente un senso di colpa latente che viene amplificato dalla sindrome dell’impostore e dal fatto che, nonostante alcuni esempi wok, è su di esso che ancora ricade la gran parte della cura, dell’accudire figli, fratelli e familiari. C’è una spinta all’essere over-performing, a non sprecare un attimo del giorno e se c’è del tempo libero, a dedicarlo agli altri, per essere "una buona madre", "una buona figlia", "una buona donna". 

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La "pornografia della produttività"

Persino le pratiche consigliate alle donne per favorire il rilassamento, spesso, sono delle attività che alludono ad una certa idea preconcetta di wellness, alla complicata performance quotidiana dell’essere donna: lo yoga, lo shopping, la skincare, la cucina, la lettura, … E in questo Instagram e gli altri social media hanno un ruolo determinante, agiscono come amplificatore di stress. Scrollando il feed di IG siamo portati a credere che gli altri usino il loro tempo libero in modo produttivo e più efficace di noi. Stare semplicemente fermi o fare semplicemente quello che ci pare non sembra essere un'opzione. E se lo è, non libera di colpa. Le donne che seguiamo sui social non passano oziose domeniche a letto mangiando junk food. Si alzano all’alba per fare yoga, pranzano con le amiche, sembrano sempre perfette come appena uscite dall’estetista, visitano musei, leggono libri interessanti, vanno al mercato dei fiori, vivono in appartamenti degni di una rivista, fanno beneficenza, portano a spasso il cane. Tutto apparentemente senza fatica, ansia, imperfezioni. Già apparentemente, perché è solo un’illusione che, però, impatta sul modo in cui giudichiamo noi stessi e il nostro bisogno di mettere il resto del mondo in pausa.

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Relax e feste 

Questa vetrina impeccabile in cui il relax stesso diventa performance appare ancora più insidiosa e ingannevole con l’arrivo delle feste. Almeno in teoria, Natale, Capodanno, Santo Stefano sono giorni off in cui molti di noi hanno l’opportunità di essere in vacanza. Ma in quanti riusciremo veramente a dedicare del tempo a se stessi? Quanti di noi avranno il coraggio di mettere il proprio benessere al primo posto? Di essere tristi, allegri, stanchi, annoiati o di manifestare qualsiasi emozione o stato d’animo stiamo vivendo? È probabile che troppi di noi sceglieranno di anteporre la famiglia, il bisogno di apparire felici e festanti su Instagram, il senso di colpa del dover fare cene, regali, sorrisi. E se, per una volta, dicessimo basta? Il mondo andrebbe in pezzi?