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Perché il lavoro di cura spetta alle donne?

Sorelle maggiori, madri e figlie dai meme alla realtà, un'alternativa esiste

Perché il lavoro di cura spetta alle donne? Sorelle maggiori, madri e figlie dai meme alla realtà, un'alternativa esiste

Chi scrive questo articolo è una sorella maggiore. Una sorella maggiore molto fiera di esserlo, tra l’altro. Il mio ruolo è importante. Mi fa sentire responsabile, una sorta di madre in seconda ma più divertente. Aiuta, immagino, che il mio fratello minore sia più o meno pacifico, una persona tranquilla. Io e lui siamo proprio come si raccontano, spesso, queste dinamiche tra sorelle e fratelli. Ansiosa e tendenzialmente responsabile io, tranquillone e rilassato lui. Già in famiglia era così. Quando ci siamo trasferiti fuori, a un’ora di treno l’uno dall’altra, sono diventata l’adulto responsabile disponibile in questa parte d’Italia. Una sorta di postilla di madre, di nota a piè di pagina di figura autorevole e, anche, una fonte di tranquillità per i nostri genitori, che sapevano che - in caso di emergenza - sarei arrivata prima io di loro. 

La sorella maggiore sui social network 

Questo tema della figlia maggiore è molto presente, anche sui social. Si fanno meme e video a tema, si ragiona tra il serio e il faceto su questa figura di equilibratrice, tramite, scudo. Maestra della diplomazia e delle tecniche di detonazione, più addestrata e a sangue freddo degli artiglieri della prima guerra mondiale. La sorella maggiore, online, viene definita come over-performante, segno di terra, bambina-piena-di-potenziale che non ce l’ha fatta, perché si sente costretta a rimanere vicina ai suoi familiari, a sistemarli, sempre in burn-out. Una sorta di antenna, che assorbe le radiazioni nocive di ambienti familiari non facili (e quale lo è?) e le riorganizza, le sistema, le appiana, si mette in mezzo. Se per qualche motivo la madre - figura femminile principale del nucleo familiare così come si è venuta a formare nel 1800 - viene a mancare, poi, tutte le sue mansioni ricadono sulla sorella maggiore, che diviene anche angelo del focolare, nucleo emotivo ed educativo, banalmente cuoca e domestica, colei che compie l’atto del prendersi cura mentre l’uomo di casa porta i soldi a casa. 

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Un ruolo delicato

Si tratta di un ruolo particolare, delicatissimo, silenzioso. Spesso sottovalutato, viene affibbiato senza possibilità di scelta, in automatico, e poi dato per scontato. Una modalità che ci portiamo dietro anche nelle nostre relazioni personali, rischiando di rovinarle. Non si può essere, da sole, le portatrici dell'equilibrio emotivo di una casa intera, qualunque essa sia, e non si può sentire, forte e pressante, la responsabilità di tappare tutti i buchi. Si rischia di trascurare se stesse, e di infilarsi in loop spiacevoli, talmente tanto che esiste anche una Oldest Daughter Syndrome, condizione teorizzata da diverse studiose dell'infanzia, come ad esempio Ellen Bradley-Windell e Gail Gross. Possibili modi per uscirne? Perdonarsi, de-responsabilizzarsi, ritrovare la propria bambina interiore. Con l'aiuto di una terapeuta specializzata, magari. 

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La cura pesa solo sulla donna?

Se per secoli il gravoso compito del prendersi cura (del fuoco, degli animali domestici, del marito, della nonna e del nonno, dei figli, della casa, del benessere dei suoi membri in maniera assoluta) è spettato alla donna, e se si passa in linea femminile diretta come dimostra il caso della Sindrome della Sorella Maggiore, dal Covid in poi sempre più donne si sono rese conto di non poterne proprio più. Perché i lavori di cura sono nostri? Perché non possono essere del nostro compagno, padre, marito, figlio? Un fratello maggiore sente su di sé la stessa pressione di una sorella maggiore? E no, essere gelosi e protettivi della sorellina minore non è un esempio che va a loro favore, anzi il contrario. La donna, che sia figlia o madre non importa, appartiene alla casa e ai suoi uomini? Deve sacrificare la sua salute mentale per tenere le fila del piccolo circo a tre piste che sa essere una famiglia?

E se ci dividessimo i compiti?

Sarebbe bello - mentre cresce la consapevolezza dei condizionamenti del patriarcato e dei ruoli imposti da questo sistema sulla famiglia e sulle donne - tentare di inventarsi un nuovo senso di prendersi cura, che travalichi i confini del nucleo familiare e si estenda alla società, che non pesi soltanto su una donna per volta, ma che venga equamente divisa. Cerchiamo di immaginarcelo: chiediamoci cosa succederebbe se tutti aiutassero tutti. Non con gesti eclatanti e ingenti somme di denaro, ma semplicemente essendo gentili, accomodanti, mai sgarbati, aprendo la comunicazione. Facciamo un passo ancora avanti: e se, quello che non possiamo chiedere ai nostri familiari, lo chiedessimo alla comunità? Alle colleghe, agli amici, alle istituzioni, ai professionisti. Non tutto, purtroppo, può essere risolto tra di noi. Certe volte bisogna chiedere a un terapista, intraprendere un percorso di cura con l'appoggio di chi ci circonda. Nessuna persona è un'isola, figuriamoci una sorella maggiore