
Caterina Ferioli: "La cultura salva la vita" Intervista all'attrice di "Noi del Rione Sanità"

Caterina Ferioli arriva nei nostri spazi milanesi in un giorno grigio. Dopo averla vista nell'atmosfera un po' rarefatta de Il Fabbricante di Lacrime, il suo look aqua e sapone è una boccata d'aria fresca. Caterina sta vivendo un momento molto positivo: è appena uscita su Rai 1 una fiction in sei puntate ispirata a Don Antonio Loffredo, che si intitola "Noi del Rione Sanità" e racconta la storia del sacerdote che ha dato nuova vita al quartiere di Napoli. Lei interpreta Caterina, figlia di un magistrato che si trasferisce nel quartiere controvoglia.
Intervista a Caterina Ferioli, da Il Fabbricante di Lacrime a Noi del Rione Sanità
Proprio dal racconto di "Noi del Rione Sanità" inizia la nostra intervista. "È stata un'esperienza pazzesca, lontana da tutto quello che avevo fatto. L'abbiamo girata tutta a Napoli. Io ero stata pochissime volte a Napoli, non avevo mai lavorato lì e ho conosciuto tutti i ragazzi del cast e della crew. Quella che la serie racconta è una bella storia di resilienza, di rinascita di un quartiere che non è mai stato il quartiere di punta di Napoli" ci racconta, e aggiunge: "Con l'aiuto di Don Antonio Loffredo hanno creato questo rapporto bellissimo tra i ragazzi, il teatro, la cultura. È la storia di come la cultura salva la vita".
Una storia profondamente umana, che non poteva non lasciare un segno anche nelle persone che ci hanno lavorato. "È stato un set con tanta umanità. Ci siamo divertiti tanto, abbiamo legato tanto. È anche lo spirito di Napoli, no? A volte quando staccavamo dal set, di sera tardi, andavamo a mangiare una pizza in posti meravigliosi, alla Sanità. L'ultimo giorno siamo andati a fare una festa, mi hanno prestato i vestiti del mio personaggio perché io non ne avevo di adatti per andare a ballare". "Poi li ho restituiti", aggiunge ridendo.
Un bel cambio di prospettiva rispetto ai lavori precedenti, dunque, anche se la cosa più diversa, secondo Caterina Ferioli, riguarda le tempistiche. "Quando passi dal cinema alla fiction devi prepararti psicologicamente a vivere in un altro posto per 6 mesi. È un aspetto che avevo sottovalutato. Mi è capitato di portare una valigetta sola per un'intera produzione di una serie, pensando che sarei tornata nel weekend. Non è stato così" confessa, sempre sorridente. "L'approccio alla sceneggiatura però è sempre quello" aggiunge. "In una serie devi stare attento a cosa succede il minuto prima e il minuto dopo, quindi ogni tanto c'è bisogno che qualcuno te lo ricordi, ma per il resto è uguale" conclude, dandoci uno sguardo dall'interno di tutto il lavoro che un prodotto audiovisivo nasconde.
Nella sua carriera tante cose diverse. Parlando di come sceglie i suoi lavori, racconta con grande sincerità: "Bisogna prendere quello che fa bene sia a te sia al tuo percorso. Non si può dire di sì a tutto e non si può dire di no a tutto. Io di base appena leggo capisco subito se quella cosa mi piacerebbe farla o meno. Vado molto a istinto, poi ovviamente ho la mia agente che mi aiuta tanto".
Ci spostiamo, ed è inevitabile, su Il Fabbricante di Lacrime, fenomeno di costume prima editoriale e poi anche cinematografico, che le ha dato una forte spinta, anche internazionale. Forse troppo forte? "Grazie a quel progetto mi è arrivata un'ondata di cose bellissime" risponde. "È stato bellissimo vedere quanto è grande il mondo, quante persone mi hanno scritto" ma c'è un ma: "Non l'ho vissuta benissimo da subito" ammette. "Non avevo mai fatto l'attrice, non avevo mai studiata, non sapevo cosa volesse dire recitare in un film e le conseguenze di questo tipo di successo. Ancora adesso faccio fatica ogni tanto, ma ormai ci siamo".
Con il successo la sua vita è cambiata, ma il suo modo di presentarsi e di utilizzare i social network, invece, no. "Io non sono mai stata una grande utilizzatrice dei social network, quindi ho continuato a fare le mie cose. Se guardi il mio profilo quello che vedi sono io, dal 2018 ad adesso. Poi ovviamente ci sono anche cose nuove, perché magari lavoro con un brand o devo fare la promozione dei progetti in uscita. Ma di solito posto foto che mi fanno molto ridere e basta". Un lato nascosto, insomma, che sullo schermo non si vede, così come non si vede la fragilità. "Ogni tanto siamo soggetti a opinioni non richieste perché tutti pensano che tanto non ti tocca niente, che tutto è concesso perché sui sullo schermo, e quindi sei di pietra. E invece dovrebbe passare che non è così". A proposito di fragilità e vulnerabilità, le chiediamo anche un libro o un film che l'hanno fatta commuovere o ridere di gusto. Due titoli: La Porta di Magda Szabò e Bird, film uscito al Festival del cinema Cannes e scritto e diretto da Andrea Arnold.
Nel suo futuro? Un viaggio di piacere, per ricaricare le energie. Anche se le aspirazioni e i sogni rimangono ben svegli. "Se tutto fosse possibile mi piacerebbe lavorare con Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi. Ho una grande stima di loro, sono le mie preferite da sempre. E poi, perché no, un film con Margaret Qualley".


























































