Il Capitone: la (r)esistenza queer attraversa lo schermo Orgoglio di Porta Venezia porta il film di Camilla Salvatore al Milano Pride 2025 per un evento esclusivo

Porta Venezia non è solo un quartiere. È un’architettura emotiva, un corpo collettivo, una geografia affettiva che pulsa di storie, desideri e memoria queer. Grazie ad Orgoglio Porta Venezia Milano 2025, il cuore rainbow della città si trasforma in un palinsesto culturale diffuso, un laboratorio collettivo di identità e resistenza. Fino al 30 giugno, in occasione del Pride Month, tra le strade, le librerie, le vetrine e i centri culturali prende forma una geografia temporanea che celebra la diversità, la libertà d’espressione, la visibilità queer e la lotta contro ogni discriminazione. Il programma si compone di mostre, performance, talk, workshop, proiezioni e momenti di aggregazione pensati per aprire spazi di dialogo sulla pluralità dei generi, i diritti civili e il futuro dell’inclusione.

A guidare questa visione sono i fondatori Paolo Sassi, Silvia Beretta, Elena Di Marco e Carlo Barbarossa, con un intento chiaro: "Celebrare la diversità non come eccezione, ma come parte essenziale del tessuto urbano e umano della nostra città" perché: "Non basta parlare di inclusione. Bisogna creare strutture in cui la complessità possa germogliare, non solo essere tollerata". In un tempo segnato da tensioni e polarizzazioni, Orgoglio Porta Venezia è un gesto che rifiuta la neutralità: prende posizione e lo fa con cultura, creatività e partecipazione. In questo contesto si inserisce uno degli appuntamenti più interessanti del palinsesto: la proiezione de Il Capitone di Camilla Salvatore, il 26 giugno all’Anteo Palazzo del Cinema. Un evento che va oltre il cinema per trasformarsi in assemblea, performance e rito condiviso. Un incontro fra visioni e corpi. Un atto politico e affettivo, che attraversa lo schermo e abita la città.

Il Capitone: metamorfosi queer nel corpo del cinema

Il Capitone è un pesce, certo. Ma è anche una figura totemica, liquida, metamorfica. Non si lascia mai afferrare del tutto, proprio come il mediometraggio di Salvatore e le sue protagoniste. È un film che sfugge alle categorie. Non è un documentario, non è una fiction in senso stretto, non è neppure del tutto cinema. È qualcosa che si muove tra questi linguaggi, li abita e li supera. La regista costruisce una narrazione per immagini e corpi che agisce come una performance: non informa, non rappresenta, ma riporta al presente, alla vita mentre accade. Al centro della scena c’è Vanessa, giovane donna trans, che attraversa una Napoli viscerale, simbolica, arcaica e attuale. Intorno a lei, Lina, la madre, e Ciro, figura queer quasi mitologica, danno forma a una geografia familiare che non ha bisogno di spiegazioni. La famiglia qui non è data, è scelta.

Resistere attraverso la bellezza, brillare attraverso l’alterità

Camilla Salvatore, classe 1993 ed un MA in Artists Film and Moving Image presso la Goldsmiths University of London, non guida, non spiega, non addolcisce. Lavora per immersione. Chi guarda è chiamato a stare dentro: dentro l’inquadratura, dentro la voce, dentro la possibilità di essere altro. A metà tra visual art, teatro performativo e cinema del reale, la regia sfida lo sguardo normativo e lo invita a disinnescarsi. Senza troppe parole. Vanessa balla, canta, trasformando ogni scena in performance. Come il capitone che cambia forma e habitat, anche i personaggi del film si muovono in una Napoli che è ventre e voce, acqua e cemento, memoria e presente. Alla fine, ciò che resta è una fluidità consapevole, una sessualità che non si piega al consumo né all’ingiunzione morale, il coraggio di riscrivere se stessi che fa emergere il sogno, o meglio, la possibilità.

La proiezione del 26 giugno durante il Pride Month

"Sin dall’inizio del progetto, l’obiettivo è stato costruire uno spazio sicuro, un luogo in cui sogni e aspirazioni potessero prendere forma lontano dal giudizio altrui. Per noi, creare significa resistere al contesto difficile in cui viviamo. Questo viaggio è pieno di amore, le risate sincere scacciano via i dolori, la vita che continua ed è bella nonostante la sua complessità". Ha detto Camilla Salvatore. Il prossimo 26 giugno all’Anteo Palazzo del Cinema gli spettatori avranno l’occasione di scoprire di più sul progetto e la sua realizzazione. L’appuntamento, che si inserisce nel quadro più ampio di Orgoglio Porta Venezia Milano 2025, va infatti oltre la semplice proiezione de Il Capitone. L’evento prevede la partecipazione della regista e del cast, mentre a moderare ed introdurre l’incontro sarà Sabato De Sarno, l’ex creative director di Gucci. 

Un film, una comunità, un quartiere

In Porta Venezia, nulla è solo sfondo. Ogni angolo è scena, ogni corpo è narrazione. È in questo quartiere, motore pulsante del Pride Month milanese, che Il Capitone trova il suo luogo naturale. Un film che parla di transizione, desiderio, redenzione attraverso, espressione di sé, ma che soprattutto si radica in uno spazio reale, condiviso, attraversato ogni giorno da chi sceglie di esserci ed essere, anche quando è scomodo. Porta Venezia è da anni il centro della vita queer a Milano, ma anche laboratorio urbano di convivenze possibili. Lì dove la città si scopre permeabile, in trasformazione. Il film di Camilla Salvatore non arriva qui per caso: è parte di un paesaggio, di una cultura che chiede visibilità non come concessione, ma come atto necessario. Raccontare Vanessa, la sua voce, il suo corpo, la sua città, significa costruire uno spazio di riconoscimento per tutte le soggettività marginalizzate. È una celebrazione della visibilità trans come possibilità artistica e politica, senza mediazioni, senza riduzioni. Significa anche riconoscere che ogni identità si costruisce attraverso le relazioni. Che ogni corpo, per resistere, ha bisogno di una comunità. In questo contesto, la serata del 26 giugno non sarà solo cinema. Sarà incontro. Sarà affermazione collettiva. Sarà l’ennesima prova che la cultura queer, oggi, non chiede spazio: lo occupa.