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Il 17 maggio è la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia

La memoria diventa resistenza

Il 17 maggio è la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia La memoria diventa resistenza

Il 17 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, una ricorrenza istituita nel 2004 per ricordare una svolta storica: la rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, avvenuta proprio il 17 maggio del 1990. Questa data ha da tempo superato i confini della commemorazione simbolica: è oggi un grido collettivo contro le discriminazioni che ancora colpiscono le persone LGBTQIA+ in ogni angolo del mondo. La giornata nasce per denunciare le violenze, i discorsi d’odio e le discriminazioni sistemiche che, ancora oggi, mettono a rischio la sicurezza, la dignità e la libertà di milioni di persone. Non si tratta solo di una questione culturale, ma di diritti fondamentali negati: accesso alla sanità, al lavoro, alla scuola, alla giustizia. Il 17 maggio diventa quindi anche un’occasione per fare il punto sulle tutele legislative, sulla situazione dei crimini d’odio e sull’impegno delle istituzioni, che in troppi casi si mostrano inadempienti o addirittura ostili.

La manifestazione per la Giornata internazionale contro l'omolesbobitransfobia a Roma: "Vennero a prendere me, ma stavolta c’eravamo tuttə"

È in questo contesto che si inserisce la manifestazione che il 17 maggio, alle ore 14.00, animerà le strade di Roma. Con lo slogan "Vennero a prendere me, ma stavolta c’eravamo tuttə", la rete La Strada dei Diritti - che unisce realtà storiche come MIT-Movimento Identità Trans, Arcigay, C.C.O. Mario Mieli e Certi Diritti - chiama la cittadinanza a una mobilitazione che vuole essere più di un corteo: una risposta politica alla repressione in atto, in Italia e nel mondo. L’evento si pone in netta opposizione alle derive autoritarie che minano i diritti civili, sociali e democratici. Si alza la voce contro l’Italia del DDL Zan affossato, contro i discorsi d’odio legittimati dalle più alte cariche istituzionali, contro l’assenza di una legge organica contro l’omolesbobitransfobia. Ma si manifesta anche per la libertà di tuttə: per i diritti delle donne, per le persone migranti, per la solidarietà con il popolo palestinese e con tutti i popoli oppressi. "Vennero a prendere me…" evoca un passato che è memoria viva, ma il finale dello slogan,  "stavolta c’eravamo tuttə", è una promessa di presenza, sorveglianza e reazione.

@nssgclub Alcuni dei cartelloni visti ieri a Roma durante il corteo del Roma Pride Qual è io vostro preferito? #roma #rome #italia #italy #romapride #pride #pridetogether #pridetogether #gaypride #lgbtqiaplus #lgbt #lgbtq #lgbtqia #love #amore #kiss #lesbian #lesbians #trans #transgender #bisexual #gay #asexual #queer #queertiktok #bisexualpride #bisexual‍‍‍ 30GradiXpapaya - Alex Vandi

L’Italia ancora senza tutele: la Rainbow Map ci mette tra gli ultimi

Eppure, la situazione italiana è tra le più critiche in Europa. Secondo la Rainbow Map 2024 pubblicata da ILGA-Europe, l’Italia è al 36º posto su 49 paesi, superata da Albania, Kosovo e Serbia. L’indice valuta fattori come la parità nei diritti familiari, le leggi contro i crimini d’odio, le procedure di riconoscimento di genere e la libertà di espressione. Il nostro Paese arranca in quasi tutte le categorie. Il DDL Zan, che avrebbe dovuto introdurre una tutela specifica contro le discriminazioni basate su orientamento sessuale, identità di genere e disabilità, è stato affossato in Parlamento nel 2021, tra applausi e scene surreali. Da allora, nessuna legge equivalente è stata proposta o approvata. Le aggressioni aumentano, i discorsi d’odio si normalizzano, e chi lotta per i diritti è spesso lasciato solo.

Eppure il Mediterraneo, in merito ai diritti LGBTQIA+, può insegnare

Non serve guardare al Nord Europa per trovare politiche efficaci. Due paesi che condividono con l’Italia storia, cultura e appartenenza geografica – Spagna e Portogallo – mostrano che un’altra strada è possibile. In Spagna, il quadro legislativo è tra i più avanzati d’Europa: dalle leggi sull’autodeterminazione di genere approvate nel 2023, alle normative regionali che puniscono l’omofobia e la transfobia con multe e sanzioni, fino all’educazione inclusiva nelle scuole. Le persone trans non devono più presentare certificati medici per cambiare i propri documenti. Il diritto alla genitorialità e al matrimonio è garantito, così come l’accesso a servizi sanitari e legali adeguati. In Portogallo, la legge sull’identità di genere del 2018 consente il cambio legale dei dati anagrafici senza interventi chirurgici, e sono vietate le cosiddette "terapie riparative". Il governo ha promosso anche campagne nazionali contro l’omofobia e finanziato progetti di supporto alle vittime di discriminazione. Questi paesi dimostrano che tutelare i diritti LGBTQIA+ non è un’eccezione ideologica, ma una responsabilità istituzionale. Che garantire dignità non è un favore concesso, ma il minimo etico di una democrazia matura.

Contro la discriminazione, il futuro si costruisce scendendo in piazza

La manifestazione del 17 maggio a Roma non è solo un appuntamento annuale: è un momento di ri-connessione collettiva tra chi lotta ogni giorno nei territori, nelle scuole, nelle famiglie, nelle istituzioni. È un atto politico che afferma una verità semplice: la sicurezza, la felicità, la libertà delle persone LGBTQIA+ non sono negoziabili. E se oggi l’Italia è in ritardo, non possiamo permetterci di attendere passivamente. La storia ci insegna che ogni diritto è il frutto di una lotta. E che solo stando cospiratorə, solidali, presenti, potremo davvero dire: "Stavolta c’eravamo tuttə".