Maria Antonietta: "Quando pensi meno scrivi meglio" Intervista alla cantante di "Signorina, buonasera" su musica, arte e vita privata
Io sono una bimba dell'indie italiano, ma l'indie italiano pre Gazzelle e Calcutta, l'indie italiano quello vecchio, che non per questo è più vero, ma che appartiene a un tempo diverso. Quello dei Tre allegri ragazzi morti, degli Afterhours e dei Subsonica, dei Marta sui Tubi e del Teatro degli Orrori, dei Marlene Kuntz, dei Ministri e... di Maria Antonietta. Cosa ci fa, Maria Antonietta, al secolo Letizia Cesarini, da sola, lì in mezzo? Triste a dirsi, ma per anni è stata una delle (pochissime) artiste che ho ascoltato, l'unica donna (o quasi) che si faceva spazio nelle mie playlist. Per la me di allora e per la me di adesso, che ha imparato a superare la misoginia interiorizzata e adesso ascolta tantissime donne in qualsiasi genere musicale (da Rihanna a Levante passando per FKA twigs ed Elodie) ho voluto intervistare Maria Antonietta, che ha appena rilasciato un singolo con il suo compagno di vita e di musica, Colombre, al secolo Giovanni Imparato. Si intitola Signorina, buonasera ed è il racconto del loro primo appuntamento. Proprio così.
Intervista a Maria Antonietta, icona della musica indie italiana
Nel singolo con Colombre, Signorina buonasera, canti: "Ci piacciono le onde, non ci piace la corrente": quanto c’è di autobiografico in questa frase?
C’è molto di autobiografico, in generale, in Signorina Buonasera. Diciamo che c’è poca fiction, perché racconta il nostro primo appuntamento, avvenuto più o meno nelle condizioni descritte dal pezzo. Quello che volevo raccontare era proprio il sentimento di riconoscimento: quando incontri la persona della tua vita, riconosci in lei qualcosa che appartiene a te, alla tua natura più profonda. La frase "ci piacciono le onde, non ci piace la corrente" è quella a cui sono più legata. Significa amare le sfide, i sogni, le avventure, anche se possono ferire. La corrente, invece, è ciò che ti trascina e ha già una direzione definita. Quando ho conosciuto Giovanni ho riconosciuto in lui questa irrequietezza e questo desiderio di non farsi trascinare. E questo è ciò che mi appassiona nelle persone.
Un joint album è un passo importante. Com’è nata l’idea di farlo insieme?
Avevamo scritto Io e te certamente nel 2023 e collaborato spesso, condividendo casa e lavoro. Dopo quella canzone ci siamo detti che sarebbe bello dare una forma esplicita e celebrare questi anni insieme attraverso la musica. Poi abbiamo trovato un vecchio hard disk con 5-6 brani scritti nella prima settimana in cui ci siamo conosciuti, rimasti lì per 15 anni. Questo ci ha dato un senso artistico e poetico: concludere qualcosa cominciato allora. Così abbiamo deciso di farlo davvero.
L’avete scritto a quattro mani? Come cambia il tuo approccio alla scrittura rispetto a quando lo fai da sola?
Sì, molto. Quando scrivi con qualcun altro ti senti più libera, ti metti meno limiti, ti lasci andare. Scrivere con Giovanni è stato liberatorio: c’è stata leggerezza. Quando pensi meno, scrivi meglio.
Sei stata considerata una delle poche voci femminili nel cantautorato italiano. Come hai vissuto questo ruolo?
Quando ho iniziato, c’erano pochissime ragazze a fare musica. Mi ispiravo alle Riot Grrrl americane, alle Hole e alle Bikini Kill. Non volevo rappresentare nulla, ma mi sono resa conto della difficoltà per le ragazze di esprimersi con libertà ed essere prese sul serio. Non mi sento rappresentante, anche perché odio l’etichetta "musica femminile": cosa significa? Vorrei che la musica fosse valutata come tale, non per chi la scrive. Però capisco che siamo ancora in transizione verso quella libertà.
Cosa diresti alla Letizia del primo disco?
Le direi di non arrabbiarsi o intristirsi per ciò che non può controllare. Le direi: "Stai tranquilla, sii felice per quello che fai" anche se non ascolterebbe mai. Ho capito che non si può controllare tutto, e che va bene così.
Oltre alla musica, scrivi, fai teatro. Come convivono tutte queste anime artistiche?
Mi piace fare cose diverse. La poesia è venuta prima della musica, leggo da sempre. I libri sono una passione solitaria, la musica mi ha permesso di stare nel mondo, di uscire da quella bolla. Scrivere per il teatro, la prosa o condurre una serie TV sono tutte sfide. Ogni linguaggio ti insegna qualcosa, ti permette di esplorare lo stesso "continente interiore" da vie diverse. Mi piace espandere la mia identità attraverso questi mezzi.
Metti molto di te stessa, della tua vita privata e della tua coppia nella musica. Ti ha mai creato problemi?
A volte sento che la distinzione tra vita privata e lavoro si annulla. È un’esperienza totalizzante, potente, ma anche faticosa. A volte sogno un lavoro "normale", per separare le cose. Per fortuna Giovanni mi aiuta a ridimensionare tutto. Ma sì, l’unico "dark side" è proprio questo: sentirsi un tutt’uno con ciò che fai.
Dopo il joint album, possiamo aspettarci un joint tour?
Sì, assolutamente! Amo i concerti, e l’intenzione è quella di fondere le nostre band e partire in tour. Ci stiamo lavorando!