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Si può ancora parlare di body positivity nel 2025?

La parola alle esperte: Dalila Bagnuli, Lara Lago e Laura Brioschi

Si può ancora parlare di body positivity nel 2025? La parola alle esperte: Dalila Bagnuli, Lara Lago e Laura Brioschi

Ci siamo sentiti tutti a disagio nel nostro corpo almeno una volta nella vita. Soprattutto se si hanno quei cosiddetti chili di troppo (di troppo rispetto alla norma sociale, ovviamente) che siamo portati a odiare fin da quando siamo bambini. Questo accade soprattutto se sei una donna, perché se sei donna la società ti vuole presentabile, ti vuole bella e magra, e se non lo sei allora sei da stigmatizzare, utilizzando metodi espliciti (come gli insulti e le prese in giro, oggi veicolati soprattutto dai social) o impliciti (come quando un medico impone alla paziente di dimagrire prima di iniziare qualsiasi tipo di cura e a prescindere dalla patologia).

Il corpo e la società: l’odioso peso dei chili di troppo

Come può una persona con un corpo non conforme sentirsi a proprio agio in un mondo che cerca di zittirla e di metterla in un angolo se non decide di conformarsi? È qui che entra in gioco quella che fino a poco tempo fa era una ideologia dai principi saldi: la body positivity. Se mostrarsi perfetti era la norma, oggi influencer e personaggi pubblici fanno a gara per chi ha più difetti, da una Chiara Ferragni post parto che si piega in avanti per mostrare un rotolino di pancia, a una Nelly Furtado che si fotografa allo specchio affermando di amare il suo corpo (sì, invecchiato, ma conforme) e la sua cellulite, venendo elogiata nei commenti per il suo coraggio nel mostrarsi imperfetta.

L’evoluzione della body positivity: da ideologia a marketing

Per definizione dal dizionario, la body positivity è quel movimento sociale che punta all’accettazione del proprio corpo "a prescindere dai canoni estetici vigenti e in contrasto con le discriminazioni fondate sull’assoggettamento irriflesso a tali canoni" (Treccani). Tutto è nato alla fine degli anni ’60, con il Fat Rights Movement, ma ha preso questa specifica accezione solo negli anni ’90. Si basa sull’immagine del proprio corpo e come la persona reagisce a essa, e il fenomeno coinvolge spesso (ma non sempre) individui di genere femminile. Nasce dalla percezione del corpo grasso, che deve essere libero di essere grasso, senza discriminazioni di alcun tipo. Se il movimento è stato reso schiavo del marketing e dei social, quanto c’è ancora di vero negli slogan e negli hashtag? Lo abbiamo chiesto ad alcune esperte del settore.

Esiste ancora la body positivity nel 2025? L'opinione di Dalila Bagnuli

Dalila Bagnuli è una attivista e femminista intersezionale, social media strategist e content creator. I suoi video sulla Body Positivity e su come oggi sia diventata mainstream fanno il giro del Web, e ha anche scritto due libri (Anti Manuale della Bellezza e Diario Non Conforme, entrambi del 2023). Le piacerebbe avere un suo spazio dove presentare, magari in radio, ma per ora ha un podcast, Sono PIENA!, dove parla di corpo e di corpi, con ospiti in ogni puntata e temi sempre attuali.

La scoperta della body positivity e il cammino verso il femminismo

"Ho capito di voler parlare della mia esperienza quando sono andata a vivere da sola a Milano. Avevo 19 anni e mi sono ritrovata a gestire una casa, una vita, me stessa, e anche a fare i conti con l’odio verso il mio corpo. Fra l’altro, a Milano io ho avuto un problema ormonale (che ho scoperto in realtà anni dopo) che mi ha portata a ingrassare molto e in maniera repentina. Questa cosa mi ha buttata nel corpo che avevo sempre pensato di avere, ma che in realtà non avevo. Io mi sentivo grassa ma non ero grassa, e quando sono diventata grassa per assurdo mi sono sentita per la prima volta me stessa" dice. "Ho fatto ricerca, ho scoperto la body positivity mainstream, e sono entrata in questo loop bellissimo di slogan rosa, ho iniziato a parlarne online, ma mi sono resa conto che c’era qualcosa che non andava. Ho continuato a studiare, e sono arrivata nel femminismo, ed è qui che ho avuto il mio risveglio femminista, ho collegato quello che avevo passato di brutto a una mega discriminazione, i puntini si stavano unendo. Così ho iniziato a scrivere dei post su Instagram, perché ero convinta, e sono tuttora convinta, che nessun’altra ci debba passare. È un’ingiustizia di genere, e questa cosa mi fa andare fuori di testa."

La body positivity, la discriminazione di genere e come i brand hanno sfruttato il movimento

Sulla body positivity afferma: "A prescindere dal livello di bellezza, tu sei una persona e in quanto persona devi essere rispettata, e questa cosa non è ancora stata raggiunta. Non era garantita all’epoca, quando è nato il movimento, e non è garantita oggi, poi con tutte le varie intersezioni del genere: se sei grassa sei più discriminata, se sei nera e grassa sei ancora più discriminata, se sei nera, grassa e lesbica… insomma, è un ciclo continuo" dice. "[La body positivity] Si evolve nel tempo, raggiunge il picco di popolarità circa nel 2010, ma viene intercettata ancora prima dai brand. La body positivity perde così totalmente le radici politiche e sociali, come tutti i messaggi che poteva dare e i progressi verso i diritti delle persone, e si vende totalmente ai brand, ma non solo, viene assorbita dai brand e viene completamente trasformata in slogan (molto spesso con sfondo rosa perché il target è importante individuarlo, no?) e sfruttata per vendere ancora di più: quindi tu sei bellissima così come sei, però sei bellissima ancora di più se compri la mia crema."

Il "body positivity effect": self love o nuove insicurezze?

Il body positivity effect dunque sostituisce quel modus operandi delle vendite aggressive degli anni ’80/’90, in cui per convincere le persone a comprare un prodotto bisognava insultarle e dire loro che solo il loro prodotto poteva compiere il miracolo di renderle accettabili agli occhi della società. "La body positivity mainstream ti vende il self love a tutti i costi, perché tu alla fine non riesci ad amarti davvero così come sei, perché giustamente vivi in una società che ti fa ricordare quanto il tuo corpo è sbagliato per il canone, e te lo ricorda tutti i giorni, che fai schifo in qualche modo. E se ti avvicini al canone si inventa una nuova insicurezza, e quindi è sempre un ciclo infinito di disperazione."

Esiste ancora la body positivity nel 2025? L'opinione di Lara Lago

Lara Lago è giornalista e scrittrice, e anche lei attivista. Con un libro già pubblicato, Il peso in avanti (2023, e forse un altro in arrivo), nella sua Grassegna sui suoi profili social parla di come i media descrivano il corpo grasso e di come si approcciano a esso (inutile dire che il sentimento più comune sia la grassegnazione).

Dal bullismo all’accettazione: il percorso di Lara verso la libertà

"Ho vissuto ad Amsterdam dal 2016 al 2018. Ho sempre avuto problemi con la mia body image, fin da quando sono piccola: la prima dieta a 15 anni, sempre bullizzata a scuola perché comunque ero quella più cicciottella… e poi ho sempre amato vestirmi in modo abbastanza eccentrico, e la gente me lo diceva, perché avevo le gambe grosse e mi volevo comunque mettere la minigonna" ci racconta Lara Lago. "Questo succedeva mentre ero in Olanda, e la mia passione per la scrittura c’era già allora, così ho iniziato a parlare della mia quotidianità. Ma quando toccavo il tema del corpo, quando mettevo una foto anche solo con un paio di jeans a vita alta e un crop top e mi dicevo (perché all’epoca ero molto più grassofobica internamente di adesso) chissenefrega beh, Internet impazziva! E avevo un sacco di donne sotto nei commenti, anche che non conoscevo, che si dividevano in due: Sì, dai, vai, grande! e ah no io non ci riesco eccetera. La reazione era gigante, pur non essendoci chissà quale pubblico. È qui che inizio a capire che forse c’era necessità di parlare di questi temi in questo modo, perché alla fine io stavo solo pubblicando una foto di me in jeans e canottiera. E ho deciso di portare poi questo messaggio anche in Italia, quando sono tornata a Milano."

Il progetto Culona: aggregazione e spazi sicuri per corpi non conformi

Con Giulia Capodieci, "la mia altra chiappa" (come l’ha definita Lara stessa), ha ideato Culona, un progetto non solo social ma "anche di aggregazione sul territorio. Vogliamo fare delle cose che siano provocatorie ma che soprattutto siano uno spazio sicuro per le persone grasse, per le persone culone, insomma. Eventi tipo lo Yoga Culona, o un mercatino vintage dedicato solo a taglie plus size. Anche solo lanciare la maglietta (il primo passo concreto del progetto, andata sold out in pochissimo) è stato complicato, perché la volevamo crop e che riuscisse a vestire più corpi possibili, e il concetto che tu sei un corpo non conforme e vuoi mettere un crop top esula dalla normalità. È stato molto complicato trovare dei fornitori, alla fine ne abbiamo trovato uno in Svezia." Sugli eventi in generale, dice che: "L’idea è che sia un evento realmente accogliente per tutti, e questo vuol dire che è specificatamente pensato per i corpi grassi, ma non lascerà mai fuori i corpi magri, questo è il discorso. Ed è totalmente diverso da quello che succede in degli spazi pensati per corpi magri, dove il corpo grasso non riesce a entrarci."

Oltre la positività tossica: amare il proprio corpo in una società grassofobica

Sulla body positivity, Lara è convinta che: "La cosa che è cambiata è il valore dato alla parola body positivity, perché un sacco di brand e anche la stampa si sono appropriati di questo termine e l’hanno trasformato in una sorta di slogan che non è più ogni corpo vale (che era il senso del movimento ai suoi inizi), ma è amati. Cambia il termine, e non si dovrebbe parlare più di body positivity ma diventa body neutrality". La body neutrality ignora l’aspetto fisico di una persona, concentrandosi più sugli altri lati della persona stessa. "Anche perché c’è un altro tema, la positività tossica nei confronti del tuo corpo. Se sei una persona grassa è complicato amarti tutti i giorni, in una società grassofobica questa cosa è impossibile! Per me non è mai cambiato il significato, per me è sempre rimasto ogni corpo vale, e mi piacerebbe che andasse avanti così, ma mi rendo conto che abbiamo scavallato, e che oggi parlare di body positivity è troppo problematico."

Esiste ancora la body positivity nel 2025? L'opinione di Laura Brioschi

Laura Brioschi, ex modella curvy e ora imprenditrice, con una linea di abbigliamento per tutte le taglie, nel 2018 ha ideato con il compagno l’associazione Body Positivity Catwalk, con eventi che hanno fatto incontrare persone da tutta Italia, indipendentemente dal loro genere e dal loro aspetto, facendo sfilare corpi non conformi in intimo per affermare che ogni corpo vale, a prescindere da tutto. Ha anche lei scritto un libro, Noi siamo luce, uscito nel 2020.

Dalla moda alla body positivity: l’inizio del blog

"Era circa il 2014 quando ho capito che volevo provare a parlare della mia esperienza. È stato sotto consiglio di una persona che frequentavo, che mi ha detto che avrei potuto aprire un blog sulla mia vita da modella, e io pensavo di non esserne in grado. Ad oggi mi rendo conto che effettivamente sono cose un po’ incredibili per persone che non fanno quel lavoro, perché comunque aver fatto sei Milano Fashion Week, mantenersi col lavoro da modella, girare per l’Italia e in qualche Paese d’Europa, Spagna, Germania non è una cosa da tutti" ci racconta Laura Brioschi. "Già allora avevo delle cose dentro di me da dire, avevo già pensato di lasciare il lavoro come modella curvy perché molte aziende chiedevano taglie più strette della mia, e quindi non avrei potuto lavorare. Poi invece ho lavorato ancora per parecchio tempo, grazie ad altri brand che ho conosciuto, sempre italiani." 

Sfilate inclusive: il progetto Body Positivity Catwalk

Le Body Positivity Catwalk si sono fermate per la pandemia, ma "quest’anno si ripeterà, se va tutto bene e se avremo i permessi". Tutto è nato da un progetto che @krystyana aveva ideato a New York, e Laura ha deciso di riprodurlo qui in Italia. "Ho pensato di scriverle, dicendole che mi sarebbe piaciuto farla anche qui, e così è stato. Abbiamo creato questo evento, il primo con poche persone, non avevo mai fatto un evento pubblico quindi avevo anche una certa paura, e poi man mano è diventata una cosa sempre più grande! Ora però i tempi sono cambiati, anche il clima politico, infatti adesso sono un po’ impaurita per il nuovo evento… ma sono sicura che sarà bellissimo."

Il diritto di essere e cambiare: ridefinire l’amore per sé stessi

Per lei, la body positivity è nata dai social."L’ho conosciuta tramite i social e pensavo fosse un hashtag per raccontare qualcosa, come il mio #curvyisnotacrime (che ho usato per la prima volta nel 2014). Quando ho visto la prima foto con persone differenti, alte e basse, che avevano subito delle operazioni o meno, mi sono detta Wow, finalmente! È questo che vorrei, non dover per forza celebrare un corpo piuttosto che un altro, che ognuno si senta bene nella propria pelle." E poi aggiunge: "Man mano poi ho scoperto che è un movimento, anche se credo che in realtà sia entrambi, perché poi è diventato un movimento Instagram, effettivamente più mainstream, e ammetto di averlo usato anche io in modo mainstream perché pensavo anche io che fosse così, ama il tuo corpo era la cosa più preziosa che ti potessi consigliare. Poi però nel tempo, anche grazie a persone che mi hanno fatto scoprire la storia, con il libro Fat Shame (Lo stigma del corpo grasso, 2020), grazie anche ad altre informazioni ho potuto capire che ha una storia molto più profonda, molto più importante e ho potuto anche ampliare così la mia mente e la mia comunicazione, capire come alcune cose fossero addirittura disfunzionali, come quella di dire amati come sei, perché è anche un nostro diritto anche non amarci, voler cambiare o non voler pensare a cose che non ci piacciono, ad esempio il nostro corpo o ancora a volerle cambiare."

Diteci grasse, e noi occuperemo tutto lo spazio

La body positivity dunque non esiste più. O meglio, esiste, ma sta a noi separare il significato originale da quello mainstream. Se il mondo ci chiama grasse, rispondiamo che lo siamo, ma di usare la parola grasso, anziché espressioni come in carne, con qualche chiletto in più, rotonda. Siamo persone, non forme geometriche o pezzi di carne, usate le parole giuste per descriverci. E non chiedeteci in diretta TV di dimagrire, non diteci che solo le magre possono vestirsi eleganti, perché vi risponderemo che potete tenervi le vostre diete, e che un corpo grasso può essere elegante tanto quanto gli altri. Se ci chiamate grasse, noi occuperemo tutto lo spazio che vogliamo.