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L'incolmabile distanza tra femminismo social e l'immagine della donna in tv

Dalla presa di posizione di Chiara Ferragni alle polemiche per la spesa sensuale di Detto Fatto

L'incolmabile distanza tra femminismo social e l'immagine della donna in tv  Dalla presa di posizione di Chiara Ferragni alle polemiche per la spesa sensuale di Detto Fatto

Quest'anno il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, non è iniziato (e andato) nel migliore dei modi. Nelle ultime settimane si è dibattuto molto online su come i media abbiano trattato sia l’affaire Genovese che l’episodio di condivisione non consensuale di materiale intimo subìto dalla maestra di Torino. In entrambi i casi, la comunicazione proposta dai media tradizionali per raccontare la violenza di genere è stata, a sua volta, una violenza, e molte persone si sono mosse per denunciarla. Una di queste è stata - inaspettatamente - Chiara Ferragni, con un video IGTV molto discusso e intitolato Essere donna nel 2020. Ferragni inaugura una nuova feminist agenda provando a spiegare una serie di fenomeni (più o meno) contemporanei: il revenge porn, lo slut-shaming, il victim blaming e anche la filosofia del boys will be boys. Eppure, proprio mentre la più grande influencer italiana ha intavolato una discussione costruttiva di massa, la televisione nazionale ha deciso di continuare a dare spazio ai più antichi e deleteri stereotipi di genere. 

Nella puntata di ieri, 24 novembre, di Detto Fatto, programma condotto da Bianca Guaccero che va in onda su Rai2, tra le ospiti figurava Emily Angelillo, coreografa e ballerina di pole-dance, che ha presentato un tutorial su Come fare la spesa in modo provocante. La trasmissione in questione è sempre stata ironica, e sicuramente non ha mai pensato di dover filosofeggiare sul pensiero della differenza della teoria poststrutturalista francese di Irigaray, Cixous e Kristeva. Non è questo il suo obiettivo. Ma tra la divulgazione del femminismo accademico e il ribadire gli ennesimi stereotipi ci sarebbero molte altre alternative. Che la televisione italiana soffra da sempre di un sessismo strutturale intrinseco non è una novità, ma il sentiment del pubblico online è chiaro: la donna nel 2020 deve ancora essere rappresentata così? C’è davvero la necessità di ripetere alle donne che devono essere sexy anche mentre vanno a fare la spesa nel mezzo di una pandemia globale? 

Proprio qui si cela il nodo della questione: c'è una distanza oceanica tra le prese di posizioni politiche e sociali che centinaia di community (e di persone) postano ogni giorno online e il modo in cui le tematiche che loro affrontano, come la rappresentazione della donna o la violenza di genere, vengono trattate dalla televisione e dai media mainstream. Ma ancor di più, il confronto è tra due realtà inconciliabili, ognuna chiusa nella sua bolla, e se la prima, quella social, si scaglia contro l'universo antiquato e patriarcale della tv italiana, quest'ultima sembra ignorare (volontariamente o meno) ciò che succede online. 

Oggi siamo in quella che viene definita Quarta ondata femminista (della Prima Ondata ne abbiamo scritto qui), una tipologia di femminismo che si sviluppa principalmente online, e che per Laura Bates e Kira Cochrane (tra le prime a definirlo) è caratterizzata da pragmatismo, inclusione e humour. Ed è in questa cornice che si può capire la polemica per il programma su Rai2: non è soltanto una questione generazionale, ma una questione di media. Le donne nei media mainstream occupano poco più del 22% delle posizioni di leadership, mentre i social offrono a chiunque abbia una connessione Internet la possibilità di dire la propria. Parlare di femminismo sui social è diventato un vero e proprio trend negli ultimi anni, diventando mainstream, portando molte realtà e aziende a sfruttare questo interesse, rendendolo merce da consumo, creando il fenomeno del marketplace feminism e del pinkwashing. Il movimento femminista ha fornito alla pubblicità un nuovo modo di interagire con le donne attraverso la retorica della liberazione e le aziende hanno iniziato a usarlo come strumento di marketing

Lo stesso video di Chiara Ferragni potrebbe essere letto in quest’ottica. Sarebbe costruttivo, invece, considerarlo una vera e propria presa di posizione. Ferragni si rivolge a una fetta di pubblico che, per la maggior parte, è estraneo alla bolla femminista. Sono persone che probabilmente non hanno mai sentito parlare di victim blaming, come in realtà non l’ha sentito neanche il pubblico di Detto Fatto. L’IG-TV di Ferragni porta pragmatismo e inclusività, e la sua figura si rifà allo humour di Cochrane, quindi sì, potrebbe essere considerato femminismo pop di quarta ondata. Non bisogna essere pesanti o pedanti per parlare di femminismo e di violenza di genere. 

L'ultima polemica sulla televisione italiana, incapace di trattare o quanto meno evitare temi sensibili, come il black face, e attivamente complice di una rappresentazione stereotipata della donna, rivela quindi una spaccatura insanabile tra generazioni diverse che prediligono narrazioni e mezzi di comunicazione antitetici. Forse, quando gli ascolti scenderanno ancora di più, la televisione italiana si renderà conto che si può creare engagement dando spazio a nuove tipologie di programmi, senza stereotipi antiquati, o almeno con una lettura di questi alternativa.