Le rivelazioni sulla chirurgia estetica di Kylie Jenner non sono femministe L’imprenditrice ha condiviso dettagli estremamente specifici sul suo intervento di chirurgia al seno

Questa settimana, nell’arco di poche ore, sono emerse crepe che hanno compromesso dei rapporti finora considerati inalterabili: quello tra Elon Musk e Donald Trump, e quello tra Kylie Jenner e il suo corpo. Una YouTuber britannica, Rachel Leary, ha postato su TikTok un video in cui supplicava Kylie Jenner di svelarle i dettagli sul suo intervento di chirurgia plastica al seno: "Cosa hai chiesto esattamente quando ti sei rifatta il seno? È il lavoro al seno più perfetto e naturale che abbia mai visto". Qualche ora più tardi, Jenner ha risposto nei commenti: "445 cc, profilo moderato, metà sotto al muscolo!!!!! Silicone!!! Garth Fisher!!! Spero sia d’aiuto lol". Garth Fisherchirurgo plastico di Beverly Hills, ha ringraziato Kylie in un post su Instagram con cui descrive l’estrema riservatezza che contraddistingue lui e il suo team - la confidenzialità e la cura. Fisher ha tenuto a precisare che i suoi interventi estetici non sono un "cookbook surgery", quindi delle ricette sempre uguali da applicare su tutti, ma un premuroso atto di cura personalizzata cliente per cliente.

Il ri-confezionamento e rebranding della chirurgia estetica

È la prima volta che Kylie Jenner parla apertamente dei suoi trattamenti estetici: fino a poco tempo fa, negava di aver modificato il suo corpo con interventi estetici invasivi - si limitava ad ammettere fosse un mix di filler (non considerata, a quanto pare, vera chirurgia), matite labbra e push-up. Su Internet – tra tweet e commenti su TikTok – è stata immediatamente celebrata come una "girl’s girl" dopo questi ultimi sviluppi: "Una ragazza che ha a cuore il benessere delle altre ragazze". In un documentario della BBC, Make Me Perfect: Manufacturing Beauty in China (disponibile su YouTube) Abby Wu, un’influencer cinese, racconta di essersi sottoposta a più di cento interventi di chirurgia estetica (sei interventi al naso, tre interventi solo per le palpebre) il primo dei quali, una liposuzione, effettuato quando aveva solo 14 anni. Wu afferma come non smetterà mai di provare a diventare sempre più bella. Dall'altra parte, Kylie Jenner evidenzia come la chirurgia non sia mai stato uno strumento per nascondere la sua insicurezza, tutt’altro: ha sempre amato sé stessa, e vorrebbe che anche tutti gli altri amassero il proprio corpo. Solo una delle due, a mio parere, dice la verità. 

Estetica, potere e sorellanza a pagamento

Il paradosso dietro il conglomerato Kardashian-Jenner risiede proprio nel fatto di non essere delle girl’s girl: il loro fisico, la loro estetica, gli standard di bellezza che propongono sono irraggiungibili da chiunque altra non possieda la loro stessa disponibilità e ricchezza. Allo stesso tempo, l’ubiquità dei loro volti e dei loro fisici ha contribuito alla Kardashianization delle persone più giovani, ovvero un’indiscussa normalizzazione dei trattamenti estetici e un lavoro massiccio sul proprio corpo. Come nota la beauty editor Jessica DeFino, questo lavoro sul corpo non viene inteso propriamente come un’attività produttiva, tutt’altro: è integrato nell’adesione stessa alla condizione di donna contemporanea. "Allo stesso modo in cui il girlbossing emancipa la girlboss come individuo, ma continua a perpetuare i valori patriarcali della hustle culture per chiunque si trovi sotto di lei", scrive. "Anche il fatto di performare la bellezza per ottenere potere all’interno di una cultura che premia le donne per il loro aspetto non fa che rafforzare ulteriormente quei medesimi valori patriarcali".

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Appare abbastanza difficile e insidioso inquadrare Jenner come una girl’s girl: questo suo tentativo di apparire onesta viene letto come un atto di sorellanza con le altre donne - donne alle quali, finora, aveva sempre mentito -, ma in realtà si inserisce perfettamente in quella stessa narrazione che, pur mascherandosi da liberatoria, continua a perpetuare dinamiche a dir poco opprimenti e pericolose. Perché un gesto di solidarietà non è autentica solidarietà se può venire monetizzato.