Un DDL sulla disforia di genere che non parla di persone Non tutele e salute, ma propaganda e controllo sociale

Quando il governo Meloni ha annunciato il disegno di legge sulla disforia di genere, molti hanno temuto che si trattasse dell’ennesimo strumento per fare propaganda sulla pelle delle persone trans. E purtroppo, così è stato. Il testo, presentato come una misura a tutela dei minori, si fonda in realtà su un’idea patologizzante e stigmatizzante dell’identità di genere. Viene proposta l’introduzione di una nuova categoria diagnostica per i minori con disforia di genere, facendo passare per tutela quello che somiglia più a un tentativo di controllo, medicalizzazione forzata e dissuasione. A leggere le parole di alcuni esponenti del governo, infatti, appare chiaro che non c’è alcuna volontà reale di proteggere le nuove generazioni. Al contrario, l’intervento sembra progettato per impedire qualsiasi percorso di affermazione di genere, rafforzando il binarismo sessuale e delegittimando l’identità trans.

Il DDL sulla disforia di genere è un campo di battaglia ideologico

"L’esercizio di forme di controllo così stringenti su giovani persone trans è una pratica anticostituzionale ed uno spreco di risorse. L’OMS ha già depatologizzato da anni l’incongruenza di genere e i casi di minori che hanno avuto accesso alla triptorelina nel 2024 sono circa 20 in tutta Italia, meno di una classe di un liceo di provincia. Avere step ulteriori per avere accesso a terapie mediche pesa inutilmente sulla logistica degli ospedali e sui costi della salute pubblica. Un governo che aggiunge burocrazia ma diminuisce medici e infermieri", così commenta Asia Cione, vicepresidente dell’Associazione Libellula, associazione trans che si batte per le persone trans su Roma.

Cosa manca? Molto, troppo

Manca del tutto un riferimento ai diritti delle persone coinvolte, al consenso informato, all’ascolto degli esperti del settore e soprattutto al vissuto concreto di chi affronta fin da piccolo un’identità di genere diversa da quella assegnata alla nascita. È l’ennesimo testo che parla sulle persone trans, e non con loro. Il tentativo è evidente: intercettare consensi tra l’elettorato più conservatore, distrarre l’opinione pubblica da ben altri problemi e trasformare l’identità di genere in un campo di battaglia ideologico. Ancora una volta, il corpo e l’identità delle persone LGBTQIA+ diventano strumento politico.

"Queste misure imposte e presentate dal governo come fattori di protezione e tutela, sottendono in realtà un’intenzione di repressione e controllo sulle vite ed i corpi delle persone trans* più piccole, che verranno ostacolate nell’accesso a terapie mediche da intendersi alla lettera come salvavita, con conseguenze drammatiche in termini di salute mentale e costrizione nella futura età adulta a sottoporsi ad interventi medico-chirurgici maggiormente invasivi. Infatti, se in questi anni si è riscontrato da parte delle persone trans* più piccole seguite dal nostro servizio un notevole miglioramento del benessere e delle condizioni generali di vita in seguito all’assunzione di una terapia medica affermativa, ad oggi questo clima di assedio sta generando sentimenti di paura, disorientamento e sofferenza in esse e le loro famiglie, complicando una fase di vita già di per sé estremamente delicata e complessa che dovrebbe ricevere al contrario massima accoglienza e supporto" commenta Serena Scribano, assistente sociale di Associazione Libellula.

I percorsi di affermazione di genere in Italia oggi

Nel frattempo, le famiglie che accompagnano bambin* in percorsi di affermazione di genere vengono lasciate sole, spesso osteggiate. Gli psicologi e le psicologhe che operano nel rispetto dell’autodeterminazione vengono screditati. E chiunque chieda una legge più giusta, fondata sull’ascolto e sulla scienza, viene accusato di voler "confondere" i bambini. È una narrazione tossica, che ignora anni di studi e linee guida internazionali, a partire da quelle dell’OMS e dell’APA (American Psychological Association), che invitano a depatologizzare la transizione e a sostenere i minori nel modo più rispettoso possibile del loro percorso. Ma questo non sembra interessare a chi scrive leggi sull’identità di genere senza aver mai ascoltato chi è direttamente coinvolto.

"Il registro per la prescrizione dei farmaci per l’affermazione di genere rischia di diventare una schedatura delle persone trans* minori. Quello a cui stiamo assistendo, da anni, è soltanto il frutto di una terribile crociata che il governo italiano sta portando avanti contro le soggettività trans*. In quanto uomo trans* adulto mi sento in dovere di schierarmi dalla parte delle piccole persone transgender, che hanno diritto all’accesso gratuito, immediato e sicuro ai percorsi di affermazione di genere, senza nessun tipo di schedatura o impedimento. Quello a cui stiamo assistendo non è altro che l’istituzionalizzazione, tramite leggi, della transfobia di Stato", Elia Bonci, scrittore, attivista e editor. In un Paese dove già oggi accedere a percorsi di transizione è complicato, lento e spesso umiliante, questo disegno di legge rischia di peggiorare le cose. Non c’è alcun investimento in supporto psicologico, non si parla di formazione del personale scolastico e sanitario, non si offre alcun strumento concreto a chi si trova ad affrontare un percorso tanto delicato.

Un ostacolo alla vita delle persone trans

"L’ennesimo atto volto ad ostacolare i percorsi e le vite delle persone trans, una legge che non solo dimostra una chiara volontà di rendere ancora più complesse le procedure di accesso ma acquista una nota di intimidazione andando a violare la privacy delle persone. Concedendo la possibilità all’AIFA e al Ministero di compilare e visualizzare le cartelle cliniche dei percorsi psicologici e psichiatrici si viola uno dei principi cardine dei giuramenti e dei codici deontologici di tutte le professioni medico-sanitarie-assistenziali, cioè il segreto tra professionista e paziente" commenta Lucia Barbera, infermiera e attivista di Associazione Libellula. Il risultato è una legge che, dietro una patina di finta tutela, rafforza la discriminazione. Un testo che ignora le evidenze scientifiche, marginalizza le famiglie e colpevolizza le persone trans, in particolare quelle più giovani. E che, soprattutto, non ha nulla a che fare con la tutela della salute, ma molto con il controllo sociale. Chi si batte per i diritti sa che questa non è una battaglia ideologica. È una battaglia per la vita, per la dignità, per la possibilità di crescere senza paura. Non ci si può più permettere di scrivere leggi sul corpo degli altri, contro le persone e mai con loro.