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Siamo in una “relationship recession”

La situazione è davvero critica

Siamo in una “relationship recession” La situazione è davvero critica

Le relazioni e il dating non hanno mai vissuto una crisi come quella degli ultimi anni. E non è solo un presagio che si percepisce sui social media, ma ormai anche i dati dimostrano un chiaro calo della natalità globale. Negli ultimi giorni, il Financial Times ha pubblicato un report sui dati globali della “relationship recession”, indicando che il calo delle nascite non è dovuto alla volontà di alcune famiglie di ridurre il proprio nucleo familiare, ma per la prima volta nella storia mancano proprio le coppie pronte a copulare. Come evidenziato nella ricerca, il “problema” fondamentale è il costante aumento delle persone single, considerato dal FT come un «cambiamento fondamentale della natura della società moderna». Un sentimento che negli ultimi anni si pensava fosse presente solo in Occidente, ma che ha ora pervaso l’intero globo: basti pensare al movimento 4B coreano, che dopo l’elezione di Trump ha iniziato a radicarsi anche negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, non tutti scelgono di essere single per motivi etici; infatti, la maggior parte delle persone non sceglie di esserlo. Ma se nella metà degli anni 2010 le dating app erano riuscite a stimolare le persone a conoscersi, innamorarsi e sposarsi, nel post-pandemia sono ormai diventate uno strumento obsoleto che ha reso gli utenti – soprattutto della Gen Z – «emotivamente, mentalmente e fisicamente esausti», come riportato da Forbes. Le conseguenze sono state percepite anche a livello economico: a fine 2024 il valore di mercato di Match Group è crollato a circa 8 miliardi di dollari, un quinto rispetto a tre anni fa. Tinder, il marchio di punta, ha registrato per l’ottavo trimestre consecutivo un calo degli utenti paganti su base annua. Ma quindi, perché non riusciamo più a essere fidanzati?

È pur vero che il boom delle dating app era in sé il primo campanello d’allarme per la crisi del dating: con i match online è diventato sempre più difficile e quasi utopico pensare di riuscire a trovare “la persona perfetta” nella vita reale. Infatti, come sottolineato dal Guardian lo scorso novembre, abbandonare le app non sembra risolvere il problema: il cosiddetto “real life dating” è a sua volta in crisi. Tra l’abitudine diffusa di tenere gli occhi fissi sullo smartphone e la maggiore cautela post-#MeToo, molti uomini evitano di approcciare le donne per timore di risultare molesti o inopportuni, riducendo ulteriormente le possibilità di incontro offline. Era però arrivato uno spiraglio di luce l'anno scorso, dopo la fine dell’estate del 2024, i running club erano diventati il punto focale dello shift del dating, soprattutto su TikTok, dove migliaia di utenti condividevano le loro storie su questa nuova frontiera delle relazioni. L’hype, però, non è durato molto, e le pagine FYP sono tornate a riempirsi di giovani della Gen Z che lamentano il panorama attuale delle relazioni. Proprio per questo sempre più persone continuano a rinunciare non solo alle app, ma al dating in generale: secondo quanto riportato dal Pew Research Center, quasi il 60% dei single americani non è interessato a intraprendere alcuna relazione. Non a caso, la Gen Z è diventata rinomata per essere la generazione meno sessualmente attiva della storia.

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In Giappone, la situazione è talmente critica che il governo sta facendo di tutto per invogliare i cittadini a sposarsi e fare figli, dal ridurre la settimana lavorativa al creare una dating app ufficiale per la città di Tokyo. Il professore Hiroshi Yoshida ha dichiarato la settimana scorsa che, secondo una sua ricerca, in poco più di 500 anni – se i dati di natalità resteranno invariati – il popolo giapponese andrà incontro all’estinzione. Yoshida attribuisce la causa principale alla continua recessione economica, ma come evidenziato dal Japan Times, il problema è più complesso ed è legato a una certa predisposizione delle nuove generazioni alla dipendenza dal porno (sia da parte delle donne che degli uomini). Tokyo, infatti, si sta trasformando in una meta “red-light” globale, alimentando stereotipi sulle donne giapponesi come sottomesse e sessualmente permissive. I fūzoku, ad esempio, sono servizi para-sessuali che aggirano la legge sulla prostituzione – vietata solo nel caso di penetrazione – ma consentono altri tipi di attività, come i “clinic fetish” o i bar a tema. Questo settore genera un giro d’affari annuale stimato tra i 13 e i 40 miliardi di dollari. Fenomeni come gli oshikatsu (“support activities”) e i men chika idols (idoli maschili underground) rappresentano un’ulteriore distorsione delle relazioni. Nel caso degli oshikatsu, giovani donne spendono somme ingenti in merchandise o eventi per supportare i loro idoli maschili, mentre nei mencon cafes – locali simili ai maid café ma con uomini – si paga per ricevere attenzione e affetto. In alcuni casi, i debiti accumulati spingono le donne a entrare nel settore del sesso per coprire le spese: nel 2024, oltre il 40% delle donne arrestate per prostituzione a Tokyo ha dichiarato di averlo fatto per saldare debiti legati agli host club o ad attività simili.

La crescita esponenziale del fenomeno della "singledom", che va dal declino delle dating app fino all’ascesa di nuovi modelli para-sessuali e mercificati, ci porta a una riflessione più ampia: un mondo in cui aumentano i single non è necessariamente migliore o peggiore di uno popolato da coppie e famiglie, ma è senz’altro diverso da tutto ciò che abbiamo conosciuto finora, con profonde ricadute sociali, economiche e politiche. Tuttavia, è difficile ignorare il fatto che questa crisi non sembra produrre alcun effetto positivo tangibile. Il Financial Times evidenzia che le relazioni non solo stanno diventando meno comuni, ma sono sempre più fragili: in Finlandia oggi è più probabile che una coppia che va a convivere si separi piuttosto che abbia un figlio, un’inversione netta rispetto alle tendenze storiche. I dati mostrano che lo shift è più profondo di una semplice preferenza culturale: siamo di fronte a un mutamento strutturale che sta cambiando il modo in cui le persone vivono e percepiscono le relazioni. Il dilemma rimane: è davvero questo ciò che le persone vogliono o si tratta di un sistema che rende le relazioni stabili più difficili da costruire e mantenere? Se molte persone non scelgono di essere single, bisogna allora chiedersi cosa debba cambiare, sia a livello culturale che economico, affinché la vita di coppia torni a essere un’opzione praticabile e attraente, e non solo un ideale nostalgico da rom-com Hollywoodiana. Altrimenti, non servirà preoccuparsi del cambiamento climatico: l’umanità potrebbe semplicemente estinguersi da sola.