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Il paradosso dei beauty dupe: da imitazioni economiche a nuovi status symbol

Le copie stanno diventando più costose degli originali?

Il paradosso dei beauty dupe: da imitazioni economiche a nuovi status symbol Le copie stanno diventando più costose degli originali?

Un tempo erano i segreti meglio custoditi delle beauty addicted con budget ridotti: i dupe (abbreviazione di "duplicates") erano versioni economiche e facilmente accessibili di prodotti iconici, venduti a una frazione del prezzo originale, che vivevano umilmente ai margini dello scintillante mondo del beauty di lusso. Oggi, quell’imitazione economica ha alzato la testa, si è rifatta il trucco e si presenta in boutique con un prezzo maggiorato e un packaging elegante. Benvenuti nell’era dei dupe di prestigio, dove l’imitazione non solo non costa meno, ma spesso costa di più. Non si tratta più di copie spudorate, ma di prodotti strategicamente costruiti per evocare i best seller esistenti, spesso all’interno della stessa casa madre con l’obiettivo preciso di intercettare nuovi target demografici. E nel frattempo, ridefinire completamente cosa significhi "valore" nel settore beauty. Alcuni dupe stanno infatti raggiungendo, se non addirittura superando, i prezzi dei prodotti originali. Un paradosso che non solo destabilizza le logiche di mercato, ma ci costringe a ripensare l’intero concetto di valore nel settore beauty. Questa evoluzione, che a prima vista può sembrare assurda, è in realtà il frutto di una trasformazione più ampia e profonda nel consumo contemporaneo. In un contesto in cui il valore simbolico, la narrazione del prodotto e il branding sono diventati centrali, ciò che compriamo non è tanto il contenuto della boccetta, quanto il racconto che ci vendono. E sempre più spesso, quel racconto è più seducente nei dupe che negli originali.

Il caso Lancôme e Urban Decay

Un esempio paradigmatico è il recente lancio del Skin Idôle Serum Supertint di Lancôme. Presentato con grande clamore, video di Emma Chamberlain incluso, ha immediatamente fatto parlare di sé per una somiglianza quasi imbarazzante con il Face Bond Foundation di Urban Decay. Packaging simile, formulazione simile, stessi claim (second skin, luminosità, comfort). Con una differenza non da poco: il prezzo. Il fondotinta Lancôme costa 8 dollari in più. L’ironia? Entrambi i marchi appartengono a L'Oréal. Qui non si tratta di plagio, ma di una strategia altamente raffinata. Il tappo bianco e minimale del prodotto Lancôme rimuove la dimensione giocosa e giovanile del tappo lilla “My Little Pony” di Urban Decay. Il target si sposta: dalla Gen Z che segue i trend alle donne della Generazione X che sono over 45, consapevoli, solide economicamente, che desiderano eleganza e non ironia. È la stessa formula, ma con un linguaggio diverso. E costa di più, perché l’apparenza raffinata si paga.

@barefacedmedia ‘Copycatting’ like this is likely going to become a become a lot more common! #urbandecay #lancome #loreal #beautybusiness #beautyindustry #trendingbeauty #newinbeauty original sound - Barefaced

Il nuovo glamour: i dupe di fascia alta

La dinamica si ripete in molti altri lanci. Il Melt-On Glossit di Estée Lauder, ad esempio, riecheggia chiaramente i celebri Maracuja Juicy Lip Balm di Tarte: stesso effetto brillante, stessa applicazione fluida. Ma con un packaging più maturo e un prezzo beauty più alto. Il messaggio è sottile ma potente: "Ti piace questa formula virale? Ora te la offriamo noi, in versione adulta". Non è solo una questione di formule o marketing: è uno shift di paradigma. Le grandi aziende stanno colonizzando il linguaggio visivo e sensoriale dei marchi virali, lo raffinano, lo elevano, e lo rivendono a un pubblico disposto a pagare di più per non sentirsi parte del rumore. In questo senso, il dupe non è più l’eco dell’originale, ma una sua astuta reincarnazione in chiave di aspirational quiet luxury. I marchi di dupe come E.l.f., Revolution Beauty, o MCoBeauty non si accontentano più di vivere nell’ombra dei big della cosmetica. Invece di mimetizzarsi, hanno scelto la strategia opposta: capitalizzare la loro natura alternativa, creando brand identity forti, community online e campagne marketing che celebrano la loro natura di "outsider cool". Questa emancipazione è figlia di un contesto culturale in cui l’imitazione non è più vista come un peccato, ma come una forma di creatività democratica. In un’epoca in cui tutto è remixabile, il dupe diventa un linguaggio con cui le nuove generazioni reinterpretano il lusso, disinnescandone l’aura elitaria.

Due generazioni, un solo prodotto: Gen Z e Gen X a confronto

La scelta di testimonial come Emma Chamberlain non è casuale. Pur essendo una figura Gen Z, Emma incarna lo spirito "cool senza sforzo" degli anni ’90, tanto amato anche dalla Generazione X. Il dupe di prestigio diventa così un ponte tra due mondi: da un lato, i giovani creatori digitali che venerano il minimalismo e l’ironia posata della Gen X; dall’altro, donne mature che non hanno bisogno di essere rassicurate o empowered, sono già arrivate, e sanno cosa vogliono: sobrietà, efficacia e autorevolezza. E se per ottenerle deve pagare più di quanto pagherebbe per il prodotto da cui tutto ha avuto origine, lo fa volentieri. Perché non sta acquistando solo un fondotinta, ma un posizionamento culturale.

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Il prezzo non è più un dato, è una dichiarazione d’identità

I dupe sono diventati specchi. Riflettono il desiderio di appartenere, di distinguersi, di raccontarsi. In questa nuova era del beauty, il prezzo non corrisponde più al valore intrinseco, ma al valore simbolico che il prodotto assume per chi lo usa. Vuoi apparire giovane e divertente? C’è il gloss virale. Vuoi apparire sicura e raffinata? C’è il dupe "adulto", più costoso, più sobrio. Così il mondo dei dupe, nato come antitesi del lusso, si è trasformato nel suo doppio più intelligente. E mentre le confezioni cambiano colore e il prezzo sale, l’illusione continua: che siamo noi a scegliere il prodotto, quando in realtà è il prodotto a scegliere noi.

Chi decide che "l’originale" deve valere di più?

Questa nuova ondata di dupe prestigiosi smaschera un gioco di specchi molto più sofisticato. Il problema non è più solo la copia, ma il controllo narrativo. Quando un dupe viene creato dalla stessa azienda madre del prodotto originale, il concetto di concorrenza interna perde senso. Non si tratta più di rubare vendite al competitor, ma di rubare segmenti di pubblico a se stessi. Un’operazione chirurgica, pensata per aggredire ogni fascia demografica senza cannibalizzare il brand. Il risultato? Un paradosso perfetto: ogni consumatore si sente compreso. Chi vuole giocare spende meno, chi vuole sentirsi sicuro spende di più. Ma entrambi stanno acquistando versioni leggermente remixate dello stesso core product. La differenza, come sempre, è tutta nel perché lo si compra.

@theglownarrative I didn’t clarify this but if I said I’d pick the elf products over the originals, that means they were definitely successful #elfmakeup #makeup #makeupreview #primer #blush #browgel original sound - hannah campbell

Il futuro del beauty passa attraverso il concetto di valore fluido

La metamorfosi dei dupe è uno specchio potente del nostro tempo. In un’epoca in cui la distinzione tra originale e copia si fa sempre più sfumata, ciò che conta davvero è l’impatto che un prodotto ha sulla nostra percezione. Il beauty, un tempo terreno di status e distinzione, diventa spazio fluido dove valore, prezzo, e autenticità si ridefiniscono costantemente. I dupes non sono più solo delle copie economiche: sono gli artefici di una rivoluzione estetica, sociale e culturale. Non compriamo un rossetto, ma un’identità, un punto di vista, un’idea di bellezza che non chiede il permesso alle élite del lusso. La vera domanda ora non è più "Chi ha copiato chi?", ma "Chi ha davvero il potere di definire cosa vale?".