
Il Capitone è un'opera d'amore Come ci hanno raccontato le sue protagoniste
Il mese del Pride, a Milano, è sempre ricco. Ricco di dibattiti, ricco di discussioni, ricco di occasioni di ricordo e di rabbia, di unione. Non c'è soltanto la parata, che di solito si pone a conclusione, con una sfilata che attraversa la città, travolgendola con canti, colori e inni. Orgoglio Porta Venezia lo sa bene, ed è per questo che da ormai qualche anno organizza eventi di matrice culturale e divulgativa nel distretto arcobaleno del capoluogo lombardo, come ad esempio talk e proiezioni, con grande voglia di stare insieme e con grande partecipazione da parte della comunità.
Il Capitone, la proiezione a Milano hosted by Sabato De Sarno
Proprio di una proiezione parleremo. Si è tenuta all'Anteo Palazzo del Cinema qualche giorno fa, alla presenza della regista Camilla Salvatore e delle attrici Vanessa Esposito e Ciro Riccio e hosted by Sabato De Sarno. Si tratta della proiezione di Il Capitone, documentario di Salvatore sulla transizione di Vanessa e di Ciro, persona di genere neutro. Un documentario che porta con sé il coraggio dell'amore oltre che della resistenza. Ce lo siamo fatte raccontare dalle sue protagoniste.
Camilla Salvatore: "Il Capitone è nato perché ne avevo bisogno"
Quando le chiediamo cosa è stato per lei questo progetto, perché lo ha scelto e quanto è importante, Camilla Salvatore risponde: "Ho scelto di portare sullo schermo questa storia perché ne avevo bisogno. Stavo cercando dei riferimenti per la mia vita. Non ero molto concentrata sul raccontare uno spaccato sociale o una marginalità, ma stavo cercando proprio dei punti di riferimento che mi guidassero nella mia crescita, nelle cose che io credevo mi mancassero in quel momento. Il coraggio, la possibilità che fare una scelta diversa" un rovesciamento dunque di prospettive, una storia che non solo serve solo chi la fruisce, ma anche chi la sceglie, chi la mette in immagini. "C'era solo da chiarire cosa volevo essere o diventare. Come a volte succede, inconsapevolmente, in questi casi si cercano delle persone o degli strumenti, dei contesti che in qualche modo ti fortifichino, che ti tirino fuori da una vita che forse non era quella a cui aspiravo. Non non sto parlando di fasti, ma del successo e della realizzazione che giungono dallo scegliere se stessi, dall'amare le persone come ami te stesso, dal saper guardare a quello che ha valore sul serio".
Raccontare, però, presuppone un ascoltatore o, in questo caso, uno spettatore, inevitabilmente. Quando si parla di progetti come questi, è impossibile non tenerne conto, anche per una certa importanza sociale, sempre più urgente: "Penso sia molto importante portare sul grande schermo dei modelli alternativi ma soprattutto che siano di persone comuni. Questa è la storia di persone che ho incontrato nell'ordinario, che vivono una vita tra virgolette ordinaria ma che per le risorse che hanno, lo spirito, l'incredibile personalità, la volontà sono persone straordinarie che vogliono usare questa straordinarietà per portare valori di rispetto, di integrità morale prima di tutto nella loro intimità, negli spazi della vita quotidiana nella casa. Questo per me è importantissimo" dichiara, e poi aggiunge: "Io ho imparato che per me valore morale reale, integrità morale reale derivano principalmente dalla vita casalinga, dalla gestione degli affetti più prossimi. È il livello zero della costruzione della società. Io voglio che più persone sappiano che una cosa del genere è possibile. Non è un racconto di fantasia, è semplicemente aver avuto l'abilità di tirare fuori da queste persone quello che io avevo visto, che loro mi avevano dato prima ancora di pensare di fare un film. Loro sono state questo per me e quindi vorrei che loro fossero questo per più persone nella mia situazione".
Il Capitone nelle parole delle attrici Vanessa Esposito e Ciro Riccio
Vanessa Esposito, la cui storia ha dato inizio al documentario e che interpreta se stessa, ci racconta l'esperienza di portare se stessa sullo schermo: "È stato formante e catartico per certi versi, non solo realizzarlo ma anche rivederlo. Il film cattura un momento particolare della mia vita, il momento in cui ho aperto gli occhi e ho scoperto l'amore che mi circondava. E la scoperta dell'amore per certi versi è gioiosa ed entusiasmante, però può essere qualcosa di molto complesso da gestire. Quando fai ancora fatica a fidarti e a comprendere che il bene può essere una possibilità anche per te". Mettersi alla prova in questo modo, mostrarsi vulnerabile, è anche un atto di resistenza: "È necessario e importante in questo momento portare questa storia sul grande schermo, soprattutto perché sembra crescente il bisogno di censurare e di spostare lo sguardo da un'altra parte. È quasi come se queste storie non volessero essere viste. Il film ne racconta una autentica, e quindi fare il film e anche sostenerlo è un modo per dire ci siamo, non abbiamo intenzione di andare da nessun'altra parte se non sempre più avanti".
Ciro Riccio aggiunge: "Questo lavoro per me è stato fondamentale perché mi ha dato modo di far vedere più parti di me. È qualcosa per cui provo tanta fierezza. Non a caso spesso lo chiamo un'opera d'amore. Penso che in tante delle realtà dell'essere trans ci sia un conflitto nell'amore. Per tante parti che conquistiamo ce ne sono altre che invece vanno perse. È un po' come se il mondo ci ricordasse che non possiamo veramente essere quello che siamo e allo stesso tempo meritare l'amore. Invece con questo lavoro e quando l'immagine di me si è fatta chiara nella mia mente non ho avuto più paura che qualcuno avrebbe potuto cancellarmi negandomi l'amore".
L'ultima battuta è, ancora una volta, sulla rappresentazione e sullo spazio. "Quello che è importante di portare sul grande schermo storie come questa è il fatto che a prendere sempre più spazio sono soggettività che vivono queste realtà sulla loro pelle. Spesso viene data una narrazione distante dalla realtà, faziosa. Invece quando si coinvolgono in un progetto persone che sanno quello di cui stanno parlando e che lo fanno con cognizione di causa, perché se ne prendono l'onere e l'onore, perché ne pagano lo scotto, ci si può trovare una maggiore verità".
























































