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Cosa ci aspettiamo da Sanremo 2025

Il primo dopo la super dominazione di Amadeus

Cosa ci aspettiamo da Sanremo 2025 Il primo dopo la super dominazione di Amadeus

Sanremo è sempre Sanremo, si ripete ogni anno con entusiasmo o con scoramento, ma in realtà non è proprio così. Prima del regno da direttore artistico e creativo di Amadeus (che è durato dal 2020 al 2024), infatti, Sanremo era a malapena Sanremo. Si trovava, anzi, in una delle sue fasi discendenti nelle montagne russe che sono la sua storia, iniziata il 29 gennaio 1951 al Casinò della cittadina ligure. Considerato noioso, non al passo con i tempi, vecchio e da svecchiare, il festival era in stallo. Ci avevano provato Claudio Baglioni e Carlo Conti a farlo piacere ai giovani, ma non c'erano riusciti. Non come il collega, almeno. Adesso che Amadeus non solo ha lasciato la kermesse ma ha lasciato anche la Rai che cosa succederà?

I vecchi Sanremo di Carlo Conti 

Se dovessimo basarci sui precedenti festival del conduttore di Sanremo 2025, quelli del 2015, 2016 e 2017, che cosa scopriremmo? Un sacco di nomi storici per il festival, meno per il pubblico (Nina Zilli, Marco Masini, Gianluca Grignani, Irene Fornaciari), di artisti ripetuti (Bianca Atzei, Annalisa, Dear Jack, Lorenzo Fragola) ma anche il lancio di nomi che poi avrebbero conquistato classifiche e audience, basti pensare a Rocco Hunt e a Francesco Gabbani, che ha trionfato nel 2017. A un colpo d'occhio, però, la differenza è evidente. Sanremo era ancora una speranza flebile di lancio o ri-lancio per artisti che si trovavano a metà della scala. Non ci si sarebbe mai aspettato, nel giro di pochi anni, che artisti del calibro di Marco Mengoni, Elisa, Giorgia, Alessandra Amoroso (per dirne solo alcuni) avrebbero voluto partecipare alla competizione. Eppure è successo e succederà anche nel 2025, tra meno di due settimane. Quante cose sono cambiate in così poco tempo!

I Sanremo di Claudio Baglioni

Se invece guardassimo ai due Sanremo di Claudio Baglioni (2018 e 2019), potremmo notare un piccolo ritorno all'ordine e alla storia del cantautorato italiano, un divieto categorico di cantare cover in inglese, una selezione globalmente più "classica" (soprattutto nel 2018) ma anche - ammettiamolo, a sorpresa - la vittoria di Mahmood con Soldi, che secondo molti ha aperto a una nuova era di modernità non solo all'Ariston ma anche nella musica italiana in generale.

Sanremo 2025, un festival intrappolato tra due spinte opposte

I semi della novità, dunque, esistevano già pre 2020. È stato Amadeus a raccoglierne i frutti, a spingere sull'acceleratore, a (ri)consacrare il festival come fenomeno di costume, scopritore e confermatore, forza che decide e rilancia le carriere come non accadeva da decenni. Nel mezzo Carlo Conti, a metà tra il vecchio e il nuovo, ma non senza consapevolezza. La consapevolezza di essere di passaggio, di dover mantenere l'attenzione ma anche di dover lanciare qualche amo nel futuro, e forse quell'Alessandro Cattelan co-conduttore della finale è proprio un tentativo di farlo. Perché, parliamoci chiaro, il cambio della guardia in Rai è ancora lontano, e qualcosa si dovrà pur fare per ingannare il tempo. Quello che ci aspettiamo è proprio una generica medietà, con un piede in due scarpe, un po' avanti e un po' indietro. Una cosa che vuole fare contenti tutti, e che per questo si preannuncia un po' sbiadita, un po' affaticata. Rinchiuso in una trappola che si è costruito da solo, sotto la pressione di dover rispettare due istanze opposte: quella della crescita infinita, che non è possibile, e quella del prestigio di un evento che nonostante tutto è unico, che rappresenta il nazionalpopolare, che è simbolo nel bene e nel male di quello che succede in Italia. Chissà se gli utenti dei social, quelli che sono arrivati da poco, quelli che mal sopportavano i Sanremo pre-Amadeus, resisteranno o se abbandoneranno la nave.