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Non dobbiamo avere vergogna del nostro corpo al mare

Tra buone intenzioni e polemiche, la campagna spagnola sulla body positivity

Non dobbiamo avere vergogna del nostro corpo al mare  Tra buone intenzioni e polemiche, la campagna spagnola sulla body positivity

"L’estate appartiene anche a noi". È lo slogan della nuova campagna promossa dal ministero dell’Uguaglianza spagnolo guidato da Irene Montero, del partito di sinistra Podemos, e l’Instituto de las Mujeres, un’organizzazione che fa capo al ministero e che si occupa di diritti delle donne e parità di genere. L’intento, in linea con altre iniziative dedicate all’emancipazione femminile prese recentemente dalla Spagna come il congedo mestruale retribuito o la legge che regolamenta i rapporti senza consenso, è combattere la grassofobia e restituire dignità a tutti i corpi femminili, incoraggiando le donne a godersi il mare e indossare il costume indipendentemente dal loro aspetto. Come ha sottolineato Toni Morillas, direttrice dell’Instituto de las Mujeres, "Sulle donne si proiettano aspettative corporee che non solo influenzano la nostra autostima, ma negano anche i diritti e condizionano il modo di essere e di godere dello spazio pubblico". Quante volte viene loro ripetuto che non sono abbastanza magre, giovani, che hanno le smagliature, la cellulite o delle cicatrici e che il loro corpo non va bene? Ogni commento mina l’autostima, con un impatto significativo sulla salute, sulla qualità della vita e anche sull’esercitare un diritto semplice come andare in spiaggia senza colpa nè vergogna. La campagna "El Verano es nuestro" vuole ricordare che "tutti i corpi sono validi, che è essenziale riconoscere quella diversità corporea esistente e rivendicarla, libera da stereotipi e violenza."

Nonostante le buone intenzioni, non tutti hanno accolto la campagna in modo positivo, bollandola come uno spreco di soldi, facendo notare l’assenza di uomini nelle immagini e sottolineando che se una persona lo desidera, grassa o meno, lo fa comunque e non ha certo bisogno del permesso del ministero per andare in spiaggia. Il leader di sinistra Cayo Lara si è spinto oltre sostenendo che la campagna è "assurda" e "crea un problema laddove non esiste". La polemica più grave è legata all’immagine promozionale. Nel progetto visivo realizzato dallo studio transfemminista Arte Mapache dell’illustratrice Gisela Escat si vedono cinque donne sorridenti in costume da bagno di corporatura, età ed etnia diverse che, libere da giudizi e pressione sociale, si godono una normale giornata al mare. Senza preoccuparsi di peli, cellulite, smagliature o cicatrici di una mastectomia. Il problema è che a tre delle donne ritratte non sia stato chiesto il permesso di utilizzare la loro foto e che quella di una di loro, Sian Green-Lord, sia stata modificata digitalmente per nascondere la protesi alla gamba. Escat ha chiesto scusa per aver utilizzato le immagini senza permesso e ha promesso che dividerà il compenso ricevuto per l’illustrazione che ammonta a 4.490 euro tra le persone che ha inserito nella campagna. 

Le polemiche hanno oscurato la mission della campagna del governo spagnolo che, però resta, seppur un piccolo granello del deserto, un tentativo di sensibilizzare verso corpi che non sono conformi agli ideali di bellezza imperanti. Perché, nonostante su Instagram elogiamo la bellezza body positivity di celeb come Ashley Graham e Lizzo, nella vita vera la pressione sociale per aver un corpo perfetto e privo di imperfezioni è fortissima. Lo è così tanto che quando non sono gli altri a giudicarci lo facciamo noi stessi, decidendo di limitarci e soffocarci sotto abiti informi. Non indossiamo il costume e, anche se lo desideriamo, rinunciamo alla spiaggia per evitare sguardi giudicanti o anche il nostro riflesso nello specchio.