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Anche social network e app per il ciclo stanno ostacolando il diritto all’aborto

Dalla censura dei post e alle app che tracciano i dati sulla contraccezione

Anche social network e app per il ciclo stanno ostacolando il diritto all’aborto Dalla censura dei post e alle app che tracciano i dati sulla contraccezione

La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di ribaltare la storica sentenza Roe vs. Wade del 1973 che legalizzava il diritto all’interruzione di gravidanza al livello federale sta già avendo le prime ripercussioni. Ora che la regolamentazione rispetto l’aborto spetta ai singoli stati ed almeno 26 tra questi, come Louisiana, South Dakota, Kentucky e Texas, lo hanno abolito (o stanno per farlo) e reso la sua pratica perseguibile penalmente nella popolazione si sta diffondendo un clima di terrore e sospetto persino verso app e social media. Un sentimento giustificabile se si considera che come prima reazione alla sentenza del 24 giugno Instagram e Facebook hanno iniziato a rimuovere i post che offrono, o anche solo menzionano, le pillole abortive. Secondo un’analisi della società di media intelligence Zignal labs, riportata da Associated Press, in questi giorni le ricerche di pillole abortive come il mifepristone e il misoprostolo sono aumentate e gli utenti dei social media si sono riversati sulle piattaforme online per condividere meme e aggiornamenti di stato su come accedere legalmente a questi farmaci attraverso servizi come Hey Jane, Just the Pill e Choix. Altri hanno offerto il loro aiuto come tramite per dare accesso alle pillole abortive a chi vive negli stati dove queste sono illegali, pubblicando sui propri profili personali inviti come "DM me se vuoi ordinare pillole abortive, ma vuoi che vengano inviate al mio indirizzo anziché al tuo". Risultato? Su entrambe le filiali di Meta Questi post condivisi sono stati rimossi, sparendo anche nel giro di pochi minuti. 

I giornalisti di AP e Vice hanno fatto un esperimento pubblicando tre post simili su Facebook, uno recitava "Se mi mandi il tuo indirizzo, ti spedirò le pillole abortive" e negli altri due hanno sostituito le parole "pillole abortive" con "una pistola" e "erba". Il primo post è stato rimosso nel giro di un minuto e l’account è stato bannato temporaneamente per aver violato gli standard di FB su "armi, animali e altri beni regolamentati", mentre gli altri due post non sono stati rimossi né hanno subito provvedimenti di alcun genere. Andy Stone, portavoce di Meta, ha commentato l’accaduto con un tweet nel quale sottolinea che rimozione del contenuto e ban entrano in azione in modo automatico, nel rispetto degli standard della società, i quali vietano a persone e aziende di acquistare, vendere, commerciare o regalare farmaci. Sono le stesse linee guida che si applicano anche ad armi, alcol e droghe, peccato che, in pratica, il trattamento ricevuto sia ben differente.

In seguito al ribaltamento della Roe vs. Wade, molte donne americane stanno disinstallando tutte le app di monitoraggio del ciclo mestruale, veri diari che registrano dati sulla salute, non solo le date del ciclo, ma eventuali ritardi, rapporti non protetti, periodo di ovulazione, … La motivazione è la paura che negli stati dove l’aborto è diventato illegale queste informazioni possano venire usate come prova di interruzioni di gravidanza in eventuali procedimenti penali. Nonostante ogni azienda abbia la propria politica di privacy, uno studio del 2019 pubblicato sul British Medical Journal svela che il 79% delle app sanitarie disponibili su Google Play Store condividono regolarmente i dati degli utenti e sono "lontane dall'essere trasparenti". E non fa differenza che questa sia americana o straniera e assicuri di utilizzare i dati solo "per attività di ricerca", i rischi esistono in ogni caso.

Dopo la sentenza di giugno 2022 Flo e Clue che, con più di 55 milioni di utenti sono tra le app più popolari negli Usa, hanno preso dei nuovi provvedimenti. Flo, che tempo fa era stata smascherata da The Wall Street Journal perché informava Facebook quando una sua utente aveva il ciclo o quando aveva intenzione di rimanere incinta, ha annunciato che presto lancerà una modalità anonima per mantenere i dati degli utenti al sicuro. La tedesca Clue ha detto di essersi impegnata a proteggere i dati medici delle sue utenti secondo le leggi europee in materia di privacy e trattamento dei dati personali. Purtroppo, come sottolinea l’avvocato Lucie Audibert della Ong Privacy International, anche se i dati vengono elaborati da una società europea, non significa che a app sia del tutto immune dall’azione penale statunitense perché le aziende europee di solito si attengono ad una richiesta legale legittima da parte delle autorità statunitensi. Persino la vicepresidente Kamala Harris ha espresso preoccupazione per "la vulnerabilità delle donne che utilizzano applicazioni per monitorare il ciclo, ma anche di quelle che usano i motori di ricerca online per cercare aiuto o precisi luoghi (come le cliniche per abortire, ndr)…e quanto saranno vulnerabili quelle ricerche quando dei malintenzionati tenteranno di tracciare la loro storia, o le forze governative vorranno indagare su di loro per qualsiasi motivo".

Cosa fare allora per proteggere i dati sanitari sensibili che possono essere usate in tribunale o finire nelle mani dei gruppi anti-abortisti per individuare pazienti e medici coinvolti in un’interruzione di gravidanza? Il consiglio di Evan Greer, vicedirettore del gruppo per la protezione dei diritti digitali Fight for the Future, è quello di utilizzare solo app che archiviano i dati localmente anziché nel cloud.

La situazione ricorda il futuro ipotizzato da The Handmaid’s Tale. Ma questa è la realtà. Sembra sempre più grave, oscura ed emerge anche da piccole cose che usiamo quotidianamente come una app per il ciclo.