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A che punto siamo con l’educazione sessuale in Italia?

L’ultima proposta di legge e quello che dovrebbe contenere oggi un programma di educazione sessuale

Per l’uscita della terza stagione di Sex Education, acclamata serie-tv e sex positive teen drama di Netflix, Milano è stata tappezzata di pubblicità con immagini di piante, fiori, frutta e verdura che rappresentavano la varietà di forme, grandezze e colori degli organi sessuali: «Se la/lo vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola. Ognuna è perfetta. Anche la tua».

Facciamo una brevissima panoramica per chi non l’avesse vista: la serie racconta le vicende di una scuola britannica – in un rétro mood scenografico anni ‘80 molto statunitense – dove Otis, il protagonista figlio di una sex therapist, inizia a dare consigli di educazione sessuale ai suoi compagni e alle sue compagne. Nella serie c’è una ragazza, Aimee, che dopo aver subìto una violenza sessuale si rivolge a Jean, sessuologa interpretata da Gillian Anderson, per riavvicinarsi all’intimità. Tornando alla campagna, nel terzo episodio della stagione 3 si affrontano proprio i temi dell’imbarazzo e della disinformazione che circondano i genitali, e Jean consiglia ad Aimee di guardare il sito all-vulvas-are-beautiful.com per farsi un’idea delle molteplici differenze esistenti. Netflix, tra l’altro, ha sviluppato quel sito in collaborazione con The Vulva Gallery, un’altra campagna per Sex Education che, se da un lato è un prodotto che vuole assecondare le simpatie del target, dall’altro è anche un reminder di quanto la GenZ senta la necessità di un’educazione sessuale.

Questa richiesta, però, non è percepita da alcune aree della politica italiana, per cui i manifesti appesi da Netflix sarebbero da rimuovere in quanto “contenuti osceni”. Tra le polemiche c’è quella di Barbara Mazzali, consigliere regionale della Lombardia con Fratelli d’Italia: «È accettabile che simili poster siano sotto gli occhi di tutti, bambini e ragazzini compresi? L’educazione sessuale deve essere in capo alla famiglia». Questa è la frase preferita delle correnti conservatrici che, nel 2021, non si rendono conto che sì, l’idea è proprio che tutti, indipendentemente dall’età, possano avere accesso a questi poster, perché no, la famiglia non può essere l’unico luogo adibito all’insegnamento di queste tematiche, per un motivo semplice: non dispone di tutte le competenze necessarie.

 

Perché è importante fare educazione sessuale a scuola

Negli ultimi decenni si è capito che avere un programma scolastico di educazione sessuale può avere un effetto positivo su questioni sociali più ampie come l’uguaglianza di genere, i diritti umani e il benessere generale. Ormai è accertato che una buona educazione sessuale ha dei risultati quantificabili, gli hard outcomes, che sono ad esempio: la riduzione delle gravidanze indesiderate e degli aborti adolescenziali, la diminuzione delle infezioni sessualmente trasmissibili, dell’HIV, degli abusi sessuali e dei casi di omofobia. Allo stesso tempo ci sono anche quelli che vengono definiti soft outcomes, ovvero dei miglioramenti generalizzati dei comportamenti a livello sociale, che sono dunque difficili da misurare, come l’autostima, il rispetto, il piacere sessuale e così via.

Come ogni altro tipo di educazione, l’obiettivo è fornire le informazioni necessarie affinché, tramite un dialogo costruttivo, le ragazze e i ragazzi possano prendere decisioni libere e consapevoli sulla loro sessualità e sulle loro relazioni. 

Le insegnanti e i docenti sono fondamentali in questo percorso perché, indipendentemente dalla loro preparazione, spesso si interfacciano con domande che si riferiscono alla sessualità, ed è necessario che anche loro abbiano una formazione adeguata per rispondere. Già verso i 3 anni i bambini sviluppano il senso della differenza fisica e sessuale, per cui da subito bisogna approcciarsi all’argomento, per spiegare come si è fatti e avere da subito la terminologia adatta per conoscersi. Se continuiamo a parlare di cicogne, fiori e api, crescendo, avranno le idee confuse e negli anni scopriranno Internet e le parolacce, che per loro saranno “un’altra cosa”, la percepiranno come nuova. Non conoscendo le parole giuste, tecniche, assoceranno un senso di vergogna e penseranno che sia meglio non parlarne.

Ma già dai 3 anni? Sì, già dalla scuola materna si può intraprendere un percorso di educazione all’affettività. Ad esempio Tabù e marmellata è un progetto di Alice De Candia e Paola Bortoletto, che si occupa dell’educazione sessuale e all’affettività nel mondo dell’infanzia e su Instagram fa divulgazione per genitori, educatori e insegnanti.

È importante che questi insegnamenti siano impartiti a scuola in quanto la socializzazione, la presenza di altri compagni, fa emergere nuovi dubbi e dà forma ai pensieri. Inoltre non è detto che la famiglia sia pronta a gestire emotivamente determinati contenuti, specie se neanche loro hanno avuto un’educazione sessuale, suscitando – di nuovo – imbarazzo. Anche la generazione dei baby boomers è stata informata attraverso i media. Facciamo un esempio; gli adulti di oggi si ricordano benissimo la foto di Lady Diana in cui stringeva la mano a un ragazzo con l’Aids. Ecco, quella immagine è diventata un’icona, era comprensibile a tutti e sfatava molteplici pregiudizi; oggi non basta. Un corrispettivo mediatico contemporaneo lo possiamo trovare di nuovo in Sex Education. Per trattare alcune tematiche di educazione sessuale nella serie-tv è stata coinvolta Alix Fox, scrittrice e sex educator, che non ha solo dato consigli a Gillian Anderson su come dovrebbe parlare una sessuologa, ma ha anche contribuito alla scrittura di alcune parti della serie, ad esempio nella scena che tratta proprio di HIV. Si tratta di 30 secondi di video che riportano in maniera semplice, completa e accessibile le basi di quello che è importante sapere oggi, senza pietismi o retoriche.

Per quanto le serie-tv di oggi, e in generale l’offerta mediatica, sia sempre più concentrata sull’educazione sessuale (pensiamo alla serie di Gwyneth Paltrow, Sex, Love & Goop, oppure alle 10 puntate speciali di Superquark+ con Piero Angela, o ancora alla serie Sex, Uncut su Prime Video) non si può delegare all’intrattenimento (e all’interno di questo campo dobbiamo considerare anche il ruolo della pornografia), perché sarebbe riduttivo. 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità parla di CSE (Comprehensive Sexual Education), ovvero una educazione sessuale completa, che tenga in considerazione sì gli aspetti fisici, biologici e sanitari della sfera sessuale, ma anche la componente emotiva, personale e sociale. L’UNESCO, così, ha stilato una Guida tecnica internazionale sull’educazione sessuale, in cui traccia delle linee guida su come adottare un approccio globale e risponde a tutte le “scuse” tirate in causa per evitare di fare educazione sulla sessualità.

 

La situazione in Italia

L’Italia non prevede l’insegnamento dell’educazione sessuale come materia obbligatoria, e in Europa sono nella stessa situazione anche Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania. Ci sono state più proposte di legge negli anni che, però, sono finite nel nulla. 

Il primo atto parlamentare che menziona l’educazione sessuale è del 1967 e, otto anni più tardi, nel 1975 viene promossa la prima proposta di legge da alcuni parlamentari del Partito comunista, si intitolava Iniziative per l’informazione sui problemi della sessualità nella scuola statale. Erano altri tempi, nelle leggi si citavano gli studi di Freud e le teorie di Marcuse, e si parlava di come “in Italia e negli altri paesi dell’area capitalistica si diffondono i messaggi erotici ed erotizzanti” nelle pubblicità. Insomma, riassumendo, negli anni Settanta già si capivano i danni che potevano causare disinformazione e ipocrisia, si riconoscevano i cambiamenti della prima rivoluzione sessuale e le ingerenze della Chiesa. Quando si parla di questo tipo di tematiche l’opposizione politica più conservatrice tende a rimandare il problema, ed è già successo con il ddl Zan con la retorica del “abbiamo altri problemi più urgenti da affrontare”.

Oggi l’Italia va “a 20 velocità”, come ha approfondito Silvia Gola in Educare alla sessualità su Il Tascabile, nel senso che, non essendoci una legge nazionale, ogni istituto scolastico dispone in maniera autonoma in termini di educazione sessuale, in balia delle correnti politiche e delle pressioni dei movimenti cattolici. Significa che le scuole decidono per sé, magari lo fanno gli studenti in momenti di autogestione, invitando associazioni come Virgin & Martyr, rifacendosi a iniziative regionali (come W L’Amore in Emilia Romagna), oppure affidandosi a libri e progetti come Making of Love

La proposta più recente è stata presentata il 7 maggio 2021 da Stefania Ascari, parlamentare nella Commissione Giustizia e Antimafia, prima firmataria della legge “Codice rosso” contro la violenza di genere. Si tratta della Delega al Governo per l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione affettiva e sessuale nel primo e nel secondo ciclo di istruzione nonché nei corsi di studio universitari, cioè che parta dalle elementari e si sviluppi progressivamente nei corsi universitari, ma che siano anche avviate iniziative «a partire dalla scuola dell’infanzia» per sensibilizzare «sui temi dell’educazione affettiva e sessuale». È una proposta di legge che prevede di formare i e le docenti all’insegnamento trasversale, in collaborazione con le famiglie e con il supporto tecnico di psicologi, psicoterapeuti e sessuologi esperti. E se, dopo tutte le ricerche e gli studi che cita Ascari, il governo non fosse ancora convinto, possiamo anche sottolineare che alla finanza pubblica non costerebbe nulla, ma guadagnerebbe solo nuovi cittadini informati e responsabili.

 

Che cosa dovrebbe contenere il programma di educazione sessuale nelle scuole?

Proviamo a stilare una lista di argomenti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, che pensiamo si debbano trattare in un programma di educazione sessuale:

  • Una parte dedicata al piacere (dove sì, si tratta di masturbazione), al desiderio e al rispetto, con un lungo discorso sul consenso;

  • Il sexting, la privacy e la condivisione di materiale intimo non consensuale;

  • Un’analisi del concetto di identità sessuale, con approfondimenti su identità di genere, sesso biologico e orientamento di attrazione, che comprenda ogni spettro e che tenga conto dei concetti di binarietà e non-binarietà;

  • Una panoramica sull’anatomia che comprenda spiegazioni sul ciclo mestruale (e relative problematiche, ad esempio l’endometriosi), la gestazione e il parto;

  • Un’analisi del concetto (o meglio costrutto sociale) di verginità;

  • Una parentesi sull’aborto e l’autodeterminazione, magari stimolando anche una discussione sul binomio donna e madre;

  • I ruoli di genere e la loro evoluzione nel tempo, l’espressione di genere, le aspettative e la non-conformità;

  • Una presentazione sulle malattie sessualmente trasmissibili e sugli strumenti di prevenzione, che si tratti di preservativi, di anelli anticoncezionali o di PrEP;

  • Eteronormatività e privilegio;

  • Un approfondimento sulla disforia di genere, la transizione, il deadname, i pronomi e il linguaggio inclusivo;

  • Coming-out e outing;

  • Una lezione dedicata al lavoro sessuale, un bel discorso verticale sulla pornografia, e che in tutto ciò ci si concentri sulla nozione di agency (e un ulteriore esempio potrebbe essere la gestazione per altri).

  • Una parte sugli orientamenti relazionali (monogamia, poliamore, anarchia relazionale) e parentesi sulla gelosia;

  • Sessualità e disabilità;

  • La sessualità alternativa (magari dopo aver letto Parafilie e devianze di Fabrizio Quattrini).

[N.B. scriveteci su Instagram se pensate manchi assolutamente qualcosa!]

Fare educazione sessuale non significa spiegare il kamasutra, né impartire l’idEoloGgia GenDEr!! 1, né tantomeno istigare gli adolescenti alla promiscuità compulsiva. Inquadrare la sessualità come un sapere, trattato attraverso la lente di diverse materie scolastiche, permette a bambine, bambini, ragazze e ragazzi di avere degli strumenti per capire il mondo che li circonda, e soprattutto consente loro di esplorare chi sono e le relazioni in cui vorranno essere coinvolti. È ora.