
Il congedo mestruale in Portogallo riscrive le regole della salute femminile È ora di prendere esempio anche in Italia
Negli ultimi anni, il tema della salute mestruale ha guadagnato spazio nel dibattito pubblico, evidenziando un problema spesso nascosto: il dolore e il disagio legati al ciclo mestruale e il loro impatto sulla vita quotidiana, soprattutto sul lavoro. Il Portogallo ha segnato una svolta importante con l’entrata in vigore, dal 26 aprile 2025, della Legge n. 32/2025, che introduce per la prima volta nel paese il congedo mestruale retribuito per le persone affette da endometriosi o adenomiosi.
Il modello portoghese sul congedo mestruale: una legge innovativa e articolata
Il congedo mestruale portoghese consente fino a tre giorni di assenza mensile dal lavoro o dalla scuola per chi ha una diagnosi clinica certificata di endometriosi o adenomiosi, senza perdere la retribuzione e senza dover ogni volta presentare un certificato medico. È sufficiente una diagnosi iniziale per attivare questo diritto, che rappresenta un vero cambio di paradigma nella tutela della salute mestruale. La legge, oltre a riconoscere ufficialmente il dolore mestruale come questione sanitaria e lavorativa, prevede un ampliamento dell’offerta pubblica sanitaria. Il Servizio Sanitario Nazionale portoghese è chiamato a garantire diagnosi gratuite, terapie accessibili e il rimborso dei farmaci correlati alle patologie. Un aspetto particolarmente innovativo è l’introduzione, nei casi indicati, della possibilità di accedere alla crioconservazione degli ovociti, un supporto importante per la salute riproduttiva e la pianificazione familiare delle persone affette da queste condizioni. Entro 90 giorni dall’approvazione, saranno inoltre definite le linee guida sanitarie per assicurare una corretta e uniforme applicazione della legge su tutto il territorio nazionale.
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Un diritto concreto che tutela dignità e privacy
Il congedo portoghese si caratterizza anche per la tutela della privacy e della dignità: non è necessario presentare certificati medici per ogni assenza, evitando così di esporre continuamente la propria condizione personale. Questo aspetto è cruciale perché il dolore mestruale è stato per decenni un tabù, relegato all’ambito privato e spesso ignorato nei contesti lavorativi. Il riconoscimento legale sancisce finalmente che chi soffre di queste patologie non deve più scegliere tra lavorare a costo della propria sofferenza fisica o assentarsi rischiando ripercussioni economiche e sociali.
Le sfide e le criticità
Nonostante l’importanza della normativa, permangono purtroppo alcune criticità dovute a retaggi culturali duri a morire. Innanzitutto, il congedo è riservato solo a chi ha una diagnosi certificata di endometriosi o adenomiosi, escludendo, così, molte persone con dolori mestruali invalidanti ma non formalizzati clinicamente. Questo crea una possibile disparità di trattamento e lascia scoperti molti bisogni reali. Inoltre, come evidenziato da esperienze in Paesi dove il congedo mestruale è già in vigore (Giappone, Corea del Sud, Indonesia), l’utilizzo effettivo del diritto può essere molto basso. Lo stigma sociale, la paura di discriminazioni e la percezione di essere considerate lavoratrici “deboli” o “poco affidabili” spesso impediscono alle persone di usufruirne liberamente. In Portogallo, prima dell’approvazione, alcune voci critiche hanno sottolineato il rischio che i datori di lavoro possano diventare meno propensi ad assumere persone in età fertile, temendo costi o assenze aggiuntive. È dunque fondamentale accompagnare la legge con campagne di sensibilizzazione e un cambiamento culturale profondo sulla percezione delle donne nel mondo lavoro.
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Oltre il Portogallo: il congedo mestruale nel mondo
Il Portogallo non è l’unico paese a muoversi in questa direzione. La Spagna ha introdotto nel 2023 un congedo di tre giorni per chi soffre di dismenorrea primaria, mentre in diversi Paesi asiatici come Giappone, Corea del Sud, Indonesia e Taiwan il congedo esiste da tempo. Tuttavia, anche in questi contesti, il diritto resta spesso poco utilizzato a causa dei pregiudizi sociali e culturali di cui parlato precedentemente. L’Italia, invece, ha ancora una normativa in fase di discussione parlamentare e alcune esperienze pilota, ma non ha ancora introdotto un congedo ufficiale e strutturato.
Verso una nuova cultura della salute mestruale
Il congedo mestruale rappresenta una conquista importante ma solo un primo passo verso una società più equa e inclusiva. Per trasformare la norma in realtà concreta è essenziale combattere stigma e discriminazioni, informare e sensibilizzare lavoratori e datori di lavoro, e ampliare l’accesso anche a chi soffre dolori invalidanti senza una diagnosi formale. Come afferma la Presidenza della Repubblica portoghese: “Riconoscere le specificità cliniche e sociali di patologie spesso invisibili e trascurate è un dovere democratico.” Solo così si potrà superare il tabù e garantire salute, dignità e diritti a tutte le persone che vivono il ciclo mestruale.



















































