
Dark woke: quando essere tolleranti significa non tollerare l'intolleranza
E se rispondessimo alle idee estremiste e agli incel per le rime?
14 Marzo 2025
Cosa significa essere woke, oggi, nella pratica? Poco e niente, temiamo. Questo termine - sempre più utilizzato dalle frange più conservatrici del web come sostituto di gender, e con la stessa volontà di renderlo un indistinto e confuso capro espiatorio di tutto quello che vorrebbe distruggere la famiglia e lanciare il mondo intero nel caos infuocato più totale, collegato alla cancel culture, che non esiste - era partito come sinonimo di "sensibile alle tematiche sociali e civili e intenzionato a fare qualcosa a riguardo", ma ha ormai perso qualsiasi significato. Adesso, woke (o wok, o uok) è un termine post-postmoderno, ironico, da lanciare a destra a sinistra, da sbandierare e da impugnare. La destra è riuscito a rovesciarlo a suo favore, come sempre riesce a fare. Tanto che, prima di dire qualcosa genericamente considerabile progressista, si premette sui social network: "Non per essere l'amico che è troppo woke, ma". Ed è così che abbiamo perso.
There are so many derogatory terms for women and none for men we need to create slurs for men I'm so serious
— Vera_ (@twitchgood123) March 7, 2025
Da woke a dark woke, dal 2016 al 2025, dalla prima presidenza di Trump alla seconda
Tenendo da parte l'analisi linguistica e sociale della parola woke - la sua vita brevissima, la sua ascesa e la sua rovina, dal 2016 al 2025 - e notando con tristezza ma di passaggio il potere della destra (statunitense in primis) di decidere i termini e le condizioni di come ci si esprime online, con una pervasività che i partiti più progressisti e i loro protagonisti, purtroppo, si sognano, possiamo riconoscere all'ala woke degli utenti social delle caratteristiche comuni. "I woke" qualsiasi cosa voglia dire, e che si tratti di attivisti su Internet o semplicemente da utenti che hanno commesso la grave colpa di dimostrarsi tolleranti, gentili, attenti alle esigenze e alle richieste di tanti gruppi di persone, dalla comunità LGBT+ a quelle razzializzate, sono solitamente molto gentili. Si preoccupano di cosa è giusto e cosa è sbagliato, di non replicare gli schemi dei "nemici", di ragionare e di riflettere senza attaccare rabbiosamente, con razionalità. Per questo, attaccano con meno forza. Anche se sono nel giusto, anzi proprio perché lo sono.
Il dark woke è la soluzione? Una riflessione sulla potenza comunicativa della violenza
E se non fosse più così? Se la sinistra (e quindi, semplificando, il woke) si appropriasse della violenza da sempre tipica delle modalità espressive dei conservatori, cosa succederebbe? La risposta a questa domanda è il dark woke, cioè il woke violento, che non tollera l'intolleranza in nome di una società più tollerante. Chiaro, no? Se funzioni o meno è troppo presto per dirlo. Alcuni pensano che sia un errore, un modo per trasformarsi in quello che si odia, un abbassarsi ai loro standard irrazionali, altri invece cavalcano l'onda e si divertono con i proclami online, in una sorta di energica vendetta, divertita e divertente, violenta ma in buona fede. Quello su cui avrebbe senso aprire una riflessione, però, è proprio il gap di efficacia comunicativa tra conservatori e progressisti. Se i post "moderati", che invitano alla gentilezza e alla solidarietà non funzionano, cosa bisogna fare? Se i motti centristi non attaccano, cosa ci resta? Se la lotta è la lotta, anche quando è online, e lo scopo è un miglioramento della vita di tutti - gruppi discriminati compresi - allora il fine giustifica i mezzi? Ma anche: perché la violenza funziona meglio? Cosa accende in noi e cosa smuove?