
La B. Fujiko: "Siamo apert3 a tutt3, ma con un cuore underground"
Intervista alla ballerina e coreografa della scena Ballroom milanese

20 Gennaio 2025
Sofia Atzori
Io, di danza, non ne so proprio nulla. Anche per questo, ho accettato l’invito a WVoices, prima edizione di un evento che nasce con l’intento di celebrare, proteggere e dibattere su un tema molto importante: la presenza e il trattamento delle donne nella danza. Ho preso i mezzi e mi sono recata all’evento nel pomeriggio, dopo il talk ma prima della sfida di danza. La stanza, illuminata da luci al neon blu e rosa e piena di gente, crepitava di elettricità, di vita, di attesa. La tensione era palpabile, ma non per questo negativa, anzi. A introdurre la gara è stata presentata l’organizzatrice dell'evento in persona, La B. Fujiko. Al suo ingresso in sala le persone presenti sono esplose. Tutte l’hanno riconosciuta, tranne me. Ecco perché ho deciso che volevo saperne di più. Chiedendo alla diretta interessata.
"Sono curiosa, mi interesso a 8000 cose, forse troppe. Sono caotica ma allo stesso tempo anche perfezionista per quanto riguarda le mie situazioni. Mi sento in generale non conforme" si presenta così La B. Fujiko, che ci è venuta a trovare nella nostra sede. Ai suoi capelli rosa e azzurri, lunghi, ha abbinato delle lentine altrettanto rosa. L’effetto è quasi serpentesco, in netto contrasto con il suo approccio informale e amichevole, per niente freddo. "La mia passione per la danza è nata in modo molto spontaneo. Sono sempre stata molto chiusa e timida, quindi credo sia stata un modo per sfogarmi, per tirare fuori quello che avevo dentro. È nata come una necessità, poi l’ho coltivata molto negli anni viaggiando tantissimo e studiando" ci ha raccontato.
La B. Fujiko e la danza come subcultura e come strumento di inclusione
Impossibile non volerne sapere di più, anche sul modo in cui un genere di danza può fare parte di una subcultura. "La mia scena, che è quella Ballroom, non è un ritrovo di ballerini, ma è una comunità queer a tutti gli effetti, che condivide delle idee e si supporta. Per questo credo che la danza possa fare parte di una subcultura, perché una subcultura non è altro che un insieme di persone che condividono dei valori, dei linguaggi, dei codici. È fondamentale che ci sia una storia comune da cui si parte, una motivazione, un perché questa danza viene creata". In questo caso specifico, ad esempio, il gruppo invita all’inclusione e all’accettazione. "La danza" ci spiega La B. Fujiko, "può essere uno strumento di condivisione, un collante che unisce le persone. Credo però dipenda anche dal contesto, dalle persone che lo abitano. Rendere uno spazio safe e accogliente è anche responsabilità delle persone, che devono creare l'ambiente in cui vorrebbero vivere".
Qual è, dunque, il suo ruolo in questa creazione? Ce lo spiega lei stessa, con il lessico della Ballroom. "Io ho i titoli di Legend e Pioneer, perché per prima ho iniziato a lavorare sul creare una scena e poi negli anni ho continuato a farlo. Prima della scena Ballroom ho fatto parte di quella hip hop". Con questi titoli arrivano anche delle responsabilità di cui La B. è ben consapevole: "WVoices unisce diverse scene, le mette in comunicazione anche a livello di argomenti. L'evento nasce dall'affrontare il sessismo nella danza, che purtroppo è ancora molto presente. Tutte le persone che erano lì erano unite dalla stessa motivazione e dalla fiducia che hanno nei miei confronti, dalla credibilità che mi sono guadagnata negli anni. Sento di avere una responsabilità, ma è una responsabilità che mi accollo volentieri, che comunica il mio ruolo. Mi permette di espormi molto di più rispetto ad altre persone. Se posso farlo lo faccio, come avrei voluto che qualcuno l'avesse fatto per me, in passato".
Insomma, è anche una questione di rappresentazione, di creare degli spazi, di usare la propria influenza per gli altri: "La rappresentazione è fondamentale e può fare la differenza. Io cerco sempre di dare qualcosa indietro, alla community. Grazie alla danza e ai miei studi mi si sono presentate delle opportunità, e la Ballroom non è una danza che ho creato io. Quindi il mio modo di dare indietro è creare degli spazi per le persone" ci spiega, e poi il discorso diventa più generale: "Credo che ognuno debba cercare di fare la differenza, nel suo piccolo. Di dare quello che può, una piccola spinta verso la direzione che vorrebbe vedere, verso il modo in cui vuole che vadano le cose del mondo. Non solo criticare e aspettare che qualcosa cambi, ma cercare di muoversi. Se tutti ci muoviamo diventa una bella ondata".
La scena underground a Milano e gli eventi
Questo movimento, si sa, succede soprattutto nella scena underground. Da fuori, però, sembra a volte che a Milano questa dimensione faccia fatica ad esistere. La B. Fujiko non è d'accordo: "Milano è grande, ci sono tante persone creative. È impossibile che una scena underground non ci sia. Forse bisogna solo scavare un po' di più" suggerisce. "Parlando dell'ambiente della Ballroom, Milano ci conosce di più rispetto al passato. Gli eventi sono accessibili, ci sono tante persone che vengono, si divertono, ci supportano. Allo stesso tempo, la Ballroom ha regole e meccanismi specifici, codici e terminologie che se non ne fai parte non comprenderai del tutto. Quindi: siamo apert3 a tutt3 ma con un cuore underground". A proposito di eventi, La B. Fujiko ne organizza tanti. "Lo faccio in due modi molto differenti. Per la mia comunità, ad esempio Milan is Burning, The Scandalous Ball e WVoices. E poi con la mia agenzia, che si chiama UNagəncy. In entrambe le situazioni è presente la danza, la performance a tutto tondo e in tutti i suoi aspetti. Quello che cerco di mantenere tra i due tipi di eventi sono le mie idee, i miei ideali, i miei lavori, sia a livello creativo sia a livello di persone coinvolte".
Le ispirazioni e il futuro di una ballerina e coreografa
Dove trova l'ispirazione? In tutto. "Tutto quello che vivi e vedi poi rientra nel tuo lavoro artistico. Mi piace andare a teatro, alle mostre di arte contemporanea. A volte prendo un treno apposta, per vedere una mostra in una città diversa. Ho sempre viaggiato tantissimo, per studio e per danza, per incontrare scene diverse e club diversi, per assorbire tutto quello che potevo. Rigorosamente da sola. Ci sono situazioni in cui mi piace entrare da sola, che difficilmente riesco a condividere" dice, ricordandoci del valore di saper stare in compagnia di noi stessi. "Poi faccio ricerca, studio. Ho iniziato a seguire un master in politiche e studi di genere, ho fatto alcuni corsi in diversity and inclusion. Cerco di prendere tutto quello che attira la mia attenzione, metterlo tutto dentro e vedere cosa esce fuori a livello artistico". In questo gioco di ispirazioni ed espressioni, il look è importante e segna delle fasi: "Mi ha dato modo di sperimentare ed esplorare chi sono. La scena Ballroom mi ha accompagnata lungo un percorso personale, intimo, di scoperta di me stessa e questo poi l'ho manifestato anche attraverso i look. Negli anni ho passato tante fasi, adesso forse sono un po' più comoda, anche se con platform altissimi. Anche perché spesso organizzo, quindi devo correre da un lato all'altro. A livello di stile, infine, mi piace giocare con il binarismo". Nel suo futuro dunque una continua sperimentazione, ma anche tanti progetti: "Voglio continuare a fare la coreografa, la movement director per gli artisti. Voglio continuare a fare crescere la mia agenzia e gli eventi in programmazione, come ad esempio Milan is Burning e WVoices. Se non sono costretta tendo a non programmare, perché mi piace seguire il flow. Non sai mai cosa succede, chi incontri, quali possibilità arrivano, quindi resterò in ascolto".
Full look DHRUV KAPOOR.