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A Pisa, una ragazza è stata licenziata perché trans

L'Italia si dimostra ancora una volta indietro dal punto di vista delle politica e della società

A Pisa, una ragazza è stata licenziata perché trans L'Italia si dimostra ancora una volta indietro dal punto di vista delle politica e della società

Le donne subiscono ogni giorno discriminazioni nella vita e sul lavoro. Pagate meno, promosse meno in tutti gli ambiti (anche quello accademico) e in ogni parte d'Italia (Milano compresa). Adesso, un nuovo caso avvenuto in Toscana qualche giorno fa e riportato dallo sportello Voice ci costringe ancora una volta a riflettere sull'intersezionalità del movimento femminista e delle richieste delle donne, e soprattutto ci spinge a chiederci e a riconsiderare cosa vuol dire e quali sfide comporta essere donne e essere donne trans in Italia nel 2024. Le risposte alle nostre domande potrebbero non essere rassicuranti.

Donne e lavoro: il caso di Pisa

Pochi sono i dettagli che traspaiono dalla denuncia dello sportello di Pontedera (Pisa), nell'interesse della privacy della dipendente danneggiata, che adesso ha intentato causa alla sua ex azienda. La storia, però, è questa: una ragazza ha comunicato ai suoi datori di lavoro di star iniziando un percorso di transizione di genere, di fatto rivelando a tutti la sua identità. Qualche giorno dopo, a sorpresa, una lettera di licenziamento recapitata via mail per "scarsa produttività". Secondo lei, però, si tratta di discriminazione. Non solo per il tempismo ma, nelle sue parole, anche perché "L'azienda aveva appena fatto nuove assunzioni, salvo poi licenziarmi dopo che ho fatto coming out". 

I diritti trans in Italia: un tasto dolente

Ad oggi, in Italia, la Legge n. 164 del 14 aprile 1982, approvata durante il Governo Spadolini I, consente alle persone transgender residenti in Italia di cambiare legalmente sesso. Questo non vuol dire che l'iter sia semplice, anzi. Questa legge, infatti, non prevede un regolamento di applicazione, quindi la procedura è frutto di un'interpretazione tendenzialmente condivisa, che lascia comunque ampi vuoti e che coinvolge in una prima fase periti tecnici e tribunali, in una seconda fase i medici, in una terza fase un ritorno ai tribunali per poter, finalmente, cambiare i dati anagrafici per sesso e per nome. Insomma, un percorso non facile, che ha bisogno di impegno economico ma anche emotivo e che spesso viene complicato da tecnici, medici e in generale professionisti transfobici o che hanno scarsa comprensione di quello che vuol dire essere persone trans, di fatto allungandosi nel tempo. 

Un problema di politica e società

Insomma: c'è la legge, c'è un iter (anche se imperfetto e soggetto a variazioni e difficoltà), cosa manca? Altre leggi, più precise e strutturate, che tutelino le persone trans nel loro percorso e anche sul lavoro, nello specifico. E poi anche l'educazione, la sensibilizzazione, la consapevolezza e la volontà di comprendere a fondo i percorsi delle persone e delle donne trans, la loro importanza nelle lotte femministe, la loro esperienza e quello che ogni giorno subiscono nella vita e sul lavoro in una nazione che, anche politicamente, non ha mai provato a venirgli incontro e in cui fare coming out equivale a rendersi degli emarginati. Per accorgersene basta leggere i commenti alla notizia, rimbalzata dai quotidiani nazionali, pensare alla visione porno-centrica che appare delle donne trans in televisione, nella cronaca e nel cinema e alle parole di rappresentanti del governo e della religione, che troppo spesso non fanno nulla per chiarire le incomprensioni e i pregiudizi, anzi aizzano odio e ignoranza, peggiorando la situazione delle persone trans e non binarie anche nel quotidiano.

Transfobia e discriminazione di genere: cosa possiamo fare?

Come al solito, quello che dobbiamo fare è parlare, discutere, denunciare. Da donne cis, per cui identità di genere sentita e assegnata alla nascita coincidono, usare il nostro privilegio per proteggere le donne trans, sul lavoro e in tutti gli ambiti della vita. Per farlo con consapevolezza e per rimanere informati, potrebbe essere utile iniziare a seguire il MIT, Movimento Identità Trans, che su Instagram e non solo fa un ottimo lavoro in difesa dei diritti delle persone trans. Un'altra cosa utile, quando ci avviciniamo a movimenti femministi, è cercare di capirne la posizione in merito all'intersezionalità, ed evitare quelli che non si prendono carico delle problematiche specifiche delle donne trans, lasciandole da sole.