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"Do Both" è la prova che la maternità non è una rinuncia

Il documentario di Puma e Copa 90 sul viaggio di Sara Björk Gunnarsdóttir dal pre-parto al ritorno sul campo di calcio

Do Both è la prova che la maternità non è una rinuncia Il documentario di Puma e Copa 90 sul viaggio di Sara Björk Gunnarsdóttir dal pre-parto al ritorno sul campo di calcio

“Nessuno dovrebbe rinunciare ad avere una famiglia per inseguire i propri sogni, puoi fare entrambe le cose” la frase ad alto impatto pronunciata da Sara Björk Gunnarsdóttir, calciatrice islandese, centrocampista dell'Olympique Lione e della nazionale islandese e da sei mesi anche mamma a tempo pieno di Ragnar nel documentario curato da Puma e Copa 90 “Do Both” che riprende 9 mesi della vita dell'atleta, gli ultimi due di gravidanza e i successivi alle prese con le sfide del ritorno sul campo a livello agonistico dopo soli 5 mesi di stop. Il documentario, in uscita il 17 maggio su tutte le piattaforme di Puma e diretto da Lawrence Tallis di Copa 90, accompagna lo spettatore in un viaggio intimo nel mondo della gravidanza di Sara, ai confini dello stereotipo sociale della maternità e della determinazione, valori che contraddistinguono la protagonista, una vera fonte di ispirazione per tutte le donne impegnate in ambiti competitivi e agonistici alle prese con le aspettative e le difficoltà coinvolte nel diventare mamma.

 

Per il lancio del documentario Puma ha organizzato una live preview con l'atleta, la sua famiglia e la sua squadra, l'Islanda. Durante l'evento, abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Sara sulla sua esperienza.

Oggi la conversazione sulla maternità è intrinsecamente legata al lavoro, alle performance e alla produttività, e quando si parla di atlete professioniste, per cui lo strumento di lavoro principale è appunto il corpo, questo si fa ancora più complesso. Ne abbiamo parlato direttamente con Sara, che ci ha raccontato come il suo averne completo controllo per lavoro l'abbia aiutata a recuperare le forze nel minor tempo possibile, per amore di se stessa e di suo figlio e anche della sua Nazionale, con cui è pronta a giocare negli Europei: 

Prima della gravidanza ho sempre conosciuto abbastanza bene il mio corpo, so di cosa ho bisogno, so come funziona. Ho sempre dovuto e voluto prendermi cura di me stessa per me, per le gare, e ora anche per il bambino. Quando sono rimasta incinta non sapevo cosa aspettarmi, era una continua e giornaliera evoluzione quella che stavo vivendo durante cui le mie priorità sono cambiate, ma ho  continuato a pensare al benessere. Mi sono concentrata sul mangiare sano sia per me stessa che per la salute di Ragnar, nonostante le voglie, anche per tornare in forze presto dopo la gravidanza. È pazzesco sperimentare un cambiamento del genere, passare da uno stato atletico alla spossatezza totale, e per tollerarlo ho semplicemente accolto il cambiamento del mio fisico e ho iniziato ad ascoltarlo. Ho davvero amato il mio pancione.

La profonda forza d'animo di Sara traspare dallo sguardo fiero e concentrato in ogni inquadratura, sia nelle riprese durante gli allenamenti con il suo coach Mark Jonson, specializzato in training per atlete professioniste post-parto, che durante l'ecografia.

Il percorso dell'atleta è stato pieno di emozioni, tanti momenti di gioia e anche qualche momento no:

Naturalmente mi sono chiesta se sarei mai tornata alla stessa forma atletica di prima. Essere alla prima gravidanza significa non sapere come reagirà il tuo corpo nonostante tu lo conosca benissimo, è stato frustrante, soprattutto perchè ognuno è diverso e affronta i cambiamenti a seconda delle proprie capacità di adattamento. Ho dovuto fare attenzione al modo in cui mi allenavo anche durante la gravidanza, ma dopo il parto mi sono riadatta abbastanza facilmente ai vecchi ritmi: dopo il parto ho perso subito peso e man mano la mia forza in allenamento cresceva, sono tornata ai ritmi intensi e a giocare al massimo livello, tenendo tra le braccia il mio trofeo più grande, Ragnar.

Grazie al sostegno e all'amore della sua famiglia e del suo compagno, il calciatore Arni Vilhjalmsson, Sara è riuscita a vivere la gravidanza in modo sereno, occupandosi della salute di se stessa e del suo bambino, ed è tornata a Lyon a Gennaio per ricominciare l'allenamento, dopo aver partorito a Novembre.

Conscia di essere privilegiata a fare ciò che ama e avere quello che vuole, Sara vuole sfidare i limiti sociali rispetto a quello che le donne possono fare, sia per provare a chi commenta negativamente le sue Instagram stories dicendole di "andare a casa e curare il bambino" che ha un punto di vista obsoleto, sia per rassicurare chi è spaventata dalla maternità. A chi lavora in ambiti sportivi, specie se non riconosciuti a livello professionistico, Sara vuol dire che:

"Avere il rispetto, la posizione e soprattutto le tutele garantite da un contratto di lavoro professionale - che includono l'indennità di maternità - significa tanto per un'atleta, dobbiamo lavorare perchè a tutte le atlete sia riconosciuto questo titolo. Sono contenta che finalmente alle ragazze italiane sia riconosciuto questo diritto, adesso aspettiamo il Portogallo."

Con "Do Both" Sara e Puma hanno contribuito a raccontare un punto di vista che vuole sfidare lo standard, dimostrare che le cose possono cambiare. In un mese caldo per la conversazione sulla maternità oggi - dopo la festa della mamma e soprattutto le critiche a Elisabetta Franchi che hanno mosso il mondo del lavoro dall'interno facendo luce sulla condizione atroce della maternità in Italia - il documentario rappresenta una delle tante prove che le donne sono più forti di quello che loro stesse credono, e che devono battersi con impegno per quello che vogliono, perchè non bisogna obbligatoriamente rinunciare di fronte a una scelta, si possono fare entrambe le cose.