Mappa vintage

Vedi tutti

L'evoluzione della Party Girl negli anni

Dalle flapper degli anni ’20 alle socialite dei primi anni 2000 fino ad oggi

L'evoluzione della Party Girl negli anni Dalle flapper degli anni ’20 alle socialite dei primi anni 2000 fino ad oggi

In queste ore gira il trailer di Babylon, film che porta sullo schermo la Hollywood degli Anni 20, nel periodo del passaggio del cinema dal muto al sonoro, tra luci, ombre ed un folle decadentismo. Nel video si vedono Brad Pitt balla il tip tap in mutande e Margot Robbie, bellissima, sudata, ubriaca e spettinata, che dice "Voglio solo fare festa per sempre". Una frase e un’immagine che incarnano perfettamente la quintessenza della party girl che ferma in un’istantanea senza tempo le flapper Luisa Casati, Zelda Fitzgerald e le indie sleaze babies come Edie Sedgewick Kate Moss ma anche la principessa Y2K Paris Hilton e tutte le altre socialite e celebrity che hanno fatto del festeggiare fino agli eccessi un’arte che le ha rese indimenticabili. Oggi l'immagine della ragazza che fa festa tutta la notte senza limiti con un beauty look ben preciso sembra essere rimasta congelata nel tempo, soprattutto dopo che le nuove generazioni si stanno votando ad una vita sempre più alcool-free, un po' per salute un po' per tutela ambientale e un po' per tendenza di mercato: il mercato delle bevande analcoliche è cresciuto di oltre il 506% dal 2015 e le ricerche su Google dei termini "sober curious" hanno toccato picchi altissimi nel 2021. Questo cambio di rotta è dovuto anche ai nuovi idoli della Gen-Z, come Dua Lipa e Bella Hadid, che si muovono verso uno stile di vita che a differenza della diet culture mette il benessere al centro del discorso, dove l'alcool c'è, ma con moderazione. Ora che tra un Gin Tonic e un drink energizzante del brand della Hadid Kin Euphorics è più cool optare per la scelta alcool-free, come saranno le nuove party girls? 

 L’essere una party girl alla moda e abbracciare una vita fuori dagli schemi, un modus vivendi che ruotava attorno all’idea di divertimento sembrava giusto o meglio ancora un modo per rivendicare la propria emancipazione. Le folli notti anni ’70 dello Studio 54 con Grace Jones e Bianca Jagger strette in catsuit aderentissime o nei sexy dress di Halston  mostravano al mondo come doveva essere una vera it girl. Il fascino di Kate Moss e Sienna Miller, regine di Glastonbury e dei club londinesi, nella loro fase indie sleaze è ancora celebratissimo su Instagram e Pinterest. Il sottile filo rosso che unisce tutte questi nomi ed arriva fino ai primi anni 2000 quando Paris Hilton e Nicole Richie dominavano i nightclub di tutto il mondo e l'unica cosa per cui Kim Kardashian era nota era riordinare l'armadio dell’amica ereditiera come personal stylist. Il mood che ha reso famosa l'ereditiera era il classico della dumb blonde che giocava con il suo corpo mostrando una personalità debordante e una vita in cui alcool e party sfrenati erano indispensabili per articolarsi. A metà degli anni 2000, le feste hanno iniziato a perdere il loro fascino culturale. Gli hotspot delle celebrità come lo Studio 54, The Viper Room o Les Deux sono stati chiusi o finiti nel dimenticatoio. Non abbiamo più muse enigmatiche ed autodistruttive come Edie Sedgewick e persino Britney, Mischa e Lindsay sembrano lontanissime.

Le it girl contemporanee, da Emrata alle sorelle Hadid, hanno respinto categoricamente qualsiasi ipotesi di un alter ego da party girl, abbracciando uno stile di vita più sano, almeno in pubblico. Per loro (per fortuna), apparire devastate non è affatto di moda, soprattutto nella realtà odierna in cui ogni comportamento è sotto una lente collettiva che non si stanca mai di analizzare ogni contenuto condiviso e si infiltra oltre l'immagine costruita che si vuole comunicare sui social spingendo gli utenti a far vedere anche la loro vita reale con BeReal. Improvvisamente il mercato non è più interessato né a venerare né a seguire le celebrità nella loro villain era, ma preferisce ispirarsi ai video della routine perfetta della ragazza attenta al wellness. In questo momento nessuno perdonerebbe più il comportamento da bad girl without a cause della Lindsay Lohan dei primi anni 2000 e chi eccede troppo ha solo un modo per ritornare nelle grazie del pubblico: fare ammenda, confessare e condannare le proprie cattive abitudini seguendo l’esempio della minore delle sorelle Hadid che qualche mese fa ha detto di aver smesso di bere alcolici dopo aver preso coscienza degli effetti negativi dell'alcol sulla mente.

La mentalità del "vivi veloce, muori giovane", che è stata a lungo glorificata e in parte era alla base della figura della party girl, si è estinta per sempre? Difficile dirlo, le mode sono cicliche e il lato wild esercita da sempre una forte attrattiva, tant'è che la feral girl era è stata più volte proclamata la tendenza del momento. La verità è che anche chi nel 2022 torna guardare con un misto di nostalgia e interesse alle immagini di Paris o delle gemelle Olsen nella loro party girl era si limita a copiarne lo stile o il beauty, omettendo qualsiasi deriva wild. Pensateci, anche le serie tv hanno smesso di glorificare chi passa le serate a devastarsi e quando qualcuno si attacca alla bottiglia in Sex Education o in Euphoria è il segno che il suo personaggio è sull’orlo del baratro e il suo comportamento autodistruttivo viene mostrato come una sorta di deterrente visivo che scagiona il pubblico dalle sue colpe e avvicina chi ha bisogno di chiedere aiuto ad una rappresentazione veridica di dipendenze e traumi. In questo caso, le star e l’arte imitano la vita. Ad oggi, pare che la Gen Z e addirittura i Millennial non ne vogliono più sapere di bere e si distacchino dai ritratti della gioventù sprecata delle prime stagioni di Skins (UK). Il binge drinking, cioè il bere velocemente grosse quantità di alcolici per ubriacarsi, non è più in e in Europa si registra un generale calo del livello di consumo di alcol tra i giovani rispetto al passato. Leggermente diverso il caso italiano dove un rapporto datato 2021 dell’Istituto superiore di sanità (Iss) sottolinea che durante la pandemia l’acquisto online di bevande alcoliche è aumentato del 250% e che, soprattutto fra i giovani sotto i venticinque anni, si concentra il fenomeno del binge drinking.