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Essere una principessa non è più cool?

Sempre più royals scelgono amore e carriera invece del titolo

Essere una principessa non è più cool? Sempre più royals scelgono amore e carriera invece del titolo

Per decenni ci hanno cresciute raccontandoci di Cenerentola e Biancaneve, fanciulle condannate alla miseria e all’infelicità da matrigne arcigne, sorellastre dispettose e padri assenti, che riuscivano a sollevarsi da questa grama situazione grazie al principe azzurro. Lui arrivava con l’armatura scintillante sul suo cavallo bianco, si baciavano, sposavano e insieme vivevano per sempre felici e contenti. Col passare del tempo, però, abbiamo smesso di credere che bastasse indossare una corona in testa per avere l’amore perfetto o un futuro di felicità estatica nel quale il più gravoso degli impegni è cantare per gli animali del bosco. La realtà è molto diversa. Ce lo hanno insegnato Lady D e l’imperatrice giapponese Masako. Nessuno sogna più di diventare principessa. Nemmeno quelle che lo sono per nascita o che hanno fatto di tutto per ottenere quel titolo. Pensiamo a Harry e Meghan Markle che hanno deciso di abbandonare "The Firm" (come i due hanno chiamato la famiglia reale britannica nell’intervista con Oprah Winfrey), una vera macchina da guerra da 44 miliardi di sterline piena di obblighi e impegni a cui assolvere, preferendo una vita più libera e rilassata nella soleggiata California. Seppur molto criticata, la loro scelta, sembra essere condivisa da sempre più royals. L’ultima? L’ex principessa giapponese Mako di Akishino che quando lo scorso anno ha sposato l’avvocato Kei Komuro ha perso per legge il suo status, ha iniziato una nuova vita da common a New York.

Tutto sommato niente di nuovo se guardiamo al passato e al Duca di Windsor, Edward VIII, che, da sempre allergico all’etichetta di corte e agli altri obblighi derivati dall’essere il futuro re d’Inghilterra, preferì già nel lontano 1936 abdicare e sposare la socialite americana Wallis Simpson e, con lei, oziare tra lusso e viaggi. Ma se allora era un’eccezione, ora, come fa notare un lungo articolo di WWD, per i membri delle famiglie reali e, in particolare per le principesse, è comune cercare di costruirsi una vita e una carriera al di fuori delle nobilissime origini. Non ci sono più i reali europei rigidi e inamidati degli anni '50 e '60. Come ricorda il commentatore reale Richard Fitzwilliams la situazione ha cominciare a mutare dopo che i principi ereditari di Svezia e Norvegia si sono sposati per amore:

"Nel complesso, dipende dall'individuo. Naturalmente, ci sono circostanze in cui gli individui pensano di potercela fare e si accorgono di non farcela. C'è la pressione della stampa. Dopo la morte della principessa Diana, i paparazzi sono stati molto, molto meno presenti. Ma anche così, con i social media ogni mossa che si fa [viene raccontata]. È una gabbia dorata. Che si riesca o meno a rimanere felicemente in vita, a prosperare e a sopravvivere, è una sfida".

Ad ammetterlo è stato tempo fa lo stesso Principe di Galles che, intenzionato a snellire la monarchia britannica, ha detto:

"Insieme al privilegio arriva anche la responsabilità e con il privilegio di essere una S.A.R. (Sua Altezza Reale), ci sono dei servizi da compiere. Ma posso certamente capire, in questi tempi, perché i membri più giovani vogliano vivere la propria vita, in particolare essere liberi e senza vincoli. L'appartenenza alla famiglia reale comporta un intenso controllo da parte dei media. […] Ogni membro della famiglia reale ha un privilegio incredibile e da questo privilegio deriva la responsabilità del dovere e dell'abnegazione. Questi sono valori che la regina di Danimarca e la nostra regina hanno preso a cuore e sacrificio significa non necessariamente fare ciò che si vuole fare, ma dedicare la propria vita al servizio del Paese. Questa è una carriera".

Anche se sono nati e sono stati educati per adempiere a quel destino, la carriera reale, con il suo mix di privilegi e diktat spesso millenari, non è per tutti. Meglio staccarsi e dedicarsi ad altro come hanno fatto i nipoti della Principessa Grace di MonacoCharlotte Casiraghi, ad esempio, ci tiene a precisare di non essere una principessa, ma "semplicemente" l’ambasciatrice del marchio Chanel e la fondatrice dei Rencontres Philosophiques de Monaco. Suo fratello minore, Pierre Casiraghi alterna gli impegni da uomo d'affari, l’amore per la vela ed il ruolo di ambasciatore per Dior, come sua moglie Beatrice Borromeo, anche lei testimonial di Dior, e giornalista. E, infine, la loro cugina, Pauline Ducruet, è concentrata sul suo brand di abbigliamento sostenibile e inclusivo Alter Designs. I reali monegaschi non sono gli unici a voler essere considerati "normali". Da anni la principessa Märtha Louise di Norvegia ha detto che non avrebbe più usato il titolo, a meno che non fosse in servizio ufficiale per la prima famiglia norvegese o in un contesto privato, ed anche il Principe William e Kate Middleton preferiscono essere conosciuti con i loro nomi di battesimo piuttosto che con i loro titoli. 

Per i royals che sono più lontani dal trono intraprendere altre carriere è più semplice poiché non hanno ruoli effettivi, ma privilegiare la privacy rispetto al dovere dipende sostanzialmente dalla propria indole e dal proprio background. La domanda che si fanno in molti è: esiste un tipo di carriera più o meno adatto ad un royal? Secondo il commentatore reale, Rafe Heydel-Mankoo c’è un unico esempio da non seguire: quello dell’ex Duca e la Duchessa di Sussex.

"Tutto ciò che hanno fatto per far progredire i loro profili professionali è stato sulla base del loro status di membri della famiglia reale. Eppure, tutti i prodotti e le dichiarazioni che stanno facendo per promuovere le loro carriere stanno essenzialmente attaccando la famiglia reale e facendo leva su questioni che la famiglia reale preferirebbe non discutere in pubblico".

Voi che ne pensate?