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È ora di prendere consapevolezza del nostro abilismo

Partiamo da Madonna e facciamo un po' di auto-critica

È ora di prendere consapevolezza del nostro abilismo Partiamo da Madonna e facciamo un po' di auto-critica

Durante un concerto al Kia Forum di Los Angeles, California, Madonna si è rivolta direttamente a una persona nel pubblico, intimandogli di alzarsi e di ballare e divertirsi insieme agli altri. Quello che Madonna non aveva considerato (probabilmente, nella folla, non aveva visto bene) è che il fan seduto era seduto sì, ma su una sedia a rotelle. Una volta resasi conto dell'errore, la popstar ha fatto immediatamente dietro front: "Politicamente scorretto, scusami. Sono contenta che tu sia qui". Uno scivolone catturato da uno smartphone e finito in mondovisione, che però può darci uno spunto per riflettere un po' sul nostro abilismo. Anche perché con Madonna non abbiamo occasione di scambiare due chiacchiere. Non ancora, almeno. 

Cosa si intende per abilismo?

Il primo passo è esserne consapevoli. Anche se siamo in buona fede, ci può comunque capitare di avere comportamenti o pensieri abilisti, che non tengono conto delle esigenze delle persone che hanno qualsiasi tipo di disabilità e che ci mettono in una situazione di vantaggio in quanto able bodied. Ad esempio, sui mezzi ci sediamo nei posti riservati alle persone con disabilità o bisogni speciali? Quando arriva un passeggero che potrebbe avere bisogno di prendere quel posto, ci alziamo o fingiamo di non vederlo? Ancora, facciamo caso alle barriere architettoniche che sono tutte attorno a noi? In che modo ci rivolgiamo alle persone disabili e come parliamo di loro in loro assenza? Quando una persona ci dice di essere disabile, andiamo immediatamente a cercare segni visibili di questa disabilità? Siamo consapevoli che ne esistono anche di invisibili? Quando al supermercato vediamo le vaschette di verdura già tagliata (che tra l'altro costa di più) riusciamo a capire che possono essere adatte a chi non può o non riesce a tenere in mano un coltello? Abbiamo usato parole che sono considerate slur dalla comunità o espressioni di insulto che portano avanti l'idea dell'inferiorità delle persone con disabilità?

L'abilismo istituzionale

L'abilismo, però, come ogni forma di discriminazione basata sulla differenza di potere e sul vantaggio di qualcuno su qualcun altro, non è un problema solo del singolo, ma anche della collettività e dei sistemi di potere adesso in funzione. Si parla in questo caso di abilismo di un intero settore, come ad esempio quello del beauty e del make-up, che sta iniziando solo adesso ad adattare i propri packaging e a creare prodotti utilizzabili anche da chi ha problemi di mobilità alle mani e alle braccia. C'è quello medico, che si accanisce sulla ricerca di una cura, nella convinzione che l'unico modo di esistere sia quello completamente sano, che quindi porta a ignorare meccanismi di adattamenti e aiuti alla situazione attuale. C'è quello istituzionale, che li comprende tutti e che rende più difficile alle persone con disabilità trovare un lavoro, muoversi e vivere al meglio delle proprie possibilità.

Come sconfiggere l'abilismo?

Una volta presa consapevolezza dei nostri meccanismi interni di pensiero che ci portano a dare per scontato di essere nel pieno delle nostre abilità e che ci fanno ignorare le esigenze e i bisogno specifici delle persone disabili, bisogna agire a riguardo. Come al solito, si parla di indagare e decostruire, e il lavoro non è facile. Potrebbe avere senso iniziare a seguire creator disabili (in Italia, la più conosciuta è Bebe Vio) che cercano di sensibilizzare sul tema, accogliere le loro critiche e i loro spunti con una mente aperta e un grande desiderio di migliorarsi, informarsi su quello che fanno le associazioni inerenti. Ancora, bisogna abituarsi a includere nelle proprie lotte (ad esempio quella femminista) anche le persone disabili, rendendo accessibili gli spazi di discussione e confronto, per far sì che gli attivisti disabili possano portare avanti le loro istanze senza barriere, facendogli da megafono senza invaderle. E se a volte occorresse mettersi da parte, meglio non viverla come una tragedia.