Mappa vintage

Vedi tutti

Dobbiamo parlare di Lily Gladstone (e delle responsabilità di Hollywood)

La protagonista di Killers of the Flower Moon e il suo personaggio aprono un dibattito

Dobbiamo parlare di Lily Gladstone (e delle responsabilità di Hollywood) La protagonista di Killers of the Flower Moon e il suo personaggio aprono un dibattito

Che in un film enorme, pieno, imponente e massimalista come Killers of the Flowers Moon - in uscita nei cinema italiani oggi 19 ottobre 2023 - la cosa che colpisca di più sia l’interpretazione della co-protagonista è tutto dire. La Mollie dell’attrice Lily Gladstone, oltre ad essere il centro d’intensità del film, con i suoi occhi stretti e la sua durezza millenaria, apre tutta una serie di dibattiti sulla rappresentazione a Hollywood che era ora venissero affrontati, e che fanno ben sperare per il futuro della settima arte occidentale. Andiamo con ordine. 

Killers of the Flower Moon, tratto da una storia vera

La pellicola, sceneggiata e diretta da Martin Scorsese, è ispirata a una storia vera, raccontata nel libro omonimo del giornalista David Grann. Negli anni ’20, la tribù di nativi americani degli Osage scoprì nel suo territorio un importante giacimento di petrolio, che li rese ricchissimi. Con la ricchezza arrivarono anche gli statunitensi bianchi, che iniziarono a portare avanti rapporti economici e non solo con le famiglie più importanti della tribù. A un certo punto, in maniera inaspettata ma - agli occhi contemporanei - neanche troppo, alcuni indigeni iniziarono ad essere assassinati, in quello che si rivelerà essere un consapevole genocidio del loro popolo. In questa cornice già immediatamente connotata si innesta la storia del veterano Ernest, interpretato da Leonardo DiCaprio, che sotto l’influenza del carismatico e terribile King Bill Hale si avvicinerà a Mollie, Lily Gladstone, membro di una delle famiglie più ricche del territorio. 

La rappresentazione di Mollie Burkhart, un dibattito ancora aperto

Che quello che è ad oggi il regista più famoso e riconosciuto del mondo - cresciuto e diventato famoso in una Hollywood che, di queste questioni, francamente, se ne infischiava - decida di raccontare questa storia è già un segno. Che, poi, per farlo, si avvalga di attori nativi americani, faccia diversi viaggi in Oklahoma ad incontrare la famiglia dei protagonisti e utilizzi diversi consulenti della tribù Osage per meglio rappresentare la loro lingua e le loro usanze, ancora di più. Ma c’è ancora qualcosa da dire. Le discussioni online, alla vigilia del rilascio internazionale della pellicola, si sono concentrate soprattutto su Lily Gladstone e sul suo personaggio. C’è infatti chi sostiene che, pur essendo l’attrice 37enne un esempio purtroppo ancora troppo raro di casting corretto e che rispetta il personaggio - Gladstone infatti ha discendenze Blackfeet e Nimìipuu, ed è dunque lei stessa una nativa - con il personaggio di Mollie Burkhart si poteva fare di più.

@connorbeardox This PSA is absolutely WILD #psa #tv #commercial #native #indigenous Strawberry - Prod. By Rose

Le parole di Christopher Cote, membro degli Osage

Questi sono, ad esempio, i dubbi che Christopher Cote, uno dei consulenti sul set per la tribù degli Osage, ha espresso all’Hollywood reporter. “In quanto Osage, avrei voluto che questo film mettesse al suo centro il punto di vista di Mollie e della sua famiglia, ma penso che per farlo sarebbe servito un regista Osage. Martin Scorsese ha fatto un ottimo lavoro nel rappresentare il nostro popolo, ma questa storia è raccontata dal punto di vista di Ernest, e sembra far intuire che tra lui e Mollie ci sia dell’amore. Ma quando qualcuno cospira per uccidere tutta la tua famiglia, come può esserci amore?”

L'esperienza di Scorsese in Oklahoma e il ruolo di Margie Burkhart

Dubbi leciti, a cui Scorsese ha risposto in anticipo e senza volerlo in una lunga intervista al British Film Institute in cui ha raccontato nei dettagli il processo di scrittura del film a partire dal materiale d’origine, processo in cui il focus è stato spostato dalla nascita dell’FBI ai delitti e alla famiglia Burkhart anche a seguito di diversi incontri con i capi tribù e i discendenti diretti dei protagonisti, soprattutto nella persona di Margie, la nipote. “Io e Eric Roth, il co-sceneggiatore, abbiamo fatto due viaggi nei territori della Nazione Osage in Oklahoma. Il gruppo di Gray Horse ha deciso di accoglierci con una cena da 250 persone e di parlare con noi. È stato bello, mi sono sentito a mio agio. Ho realizzato che la storia stava tutta lì” ha dichiarato il regista, per poi aggiungere: "Loro erano timorosi, mi hanno detto di stare attento con il personaggio di Mollie, di non metterle parole in bocca, di non rappresentarli come vittime. Margie in particolare si è alzata e ha detto che era importante che io tenessi a mente che Ernest e Mollie si amavano”.

Un film di bianchi per bianchi, ed è un bene

Nella seconda parte delle dichiarazioni di Cote sta poi un altro punto fondamentale della vicenda. “La domanda che questo film ti lascia è: per quanto tempo resterai compiacente di fronte al razzismo? Per quanto tempo acconsentirai a qualcosa senza dire nulla, senza alzare la voce? Lo fa, penso, perché è un film realizzato per tutti, non solo per gli Osage. È un’opportunità, per coloro che non hanno vissuto questo genocidio, per porsi una domanda sulla propria moralità”. Scorsese ha scelto di rispettare il volere della famiglia e di raccontare a un’audience bianca una storia importante come un infiltrato, compiendo un riflessione magistrale sulla banalità del male e sulla colpa del silenzio. Questo ci dice molto, soprattutto della sua assoluta dedizione alle storie e agli esseri umani sopra tutto il resto e sul suo senso di responsabilità. 

Al centro, una grande responsabilità condivisa

Una grande responsabilità di cui anche Lily Gladstone in persona si dichiara molto consapevole quando, annunciando la sua partecipazione al film, dichiara su Instagram: "Considero un regalo e una grande responsabilità che mi sia stata affidata Mollie Burkhart, e la terrò vicino al mio cuore con tutte e due le braccia. I miei più profondi ringraziamenti vanno alla Nazione Osage, è un regalo meraviglioso essere stati accolti da voi e poter raccontare questa storia". La responsabilità, però, deve essere condivisa. Non solo dal regista e dal cast, ma anche dall'industria dell'intrattenimento e dallo spettatore, che riceve in dono un'opera ma anche l'onere di una domanda e di una richiesta, quella di infrangere il silenzio.

Accogliere le sfumature

Scelte di casting e di focus, posizione dei personaggi, target. Sfumature, alla fine di questo si tratta. Sfumature importanti, di cui parlare e riparlare, simbolo di un deciso e promettente shift nella coscienza collettiva. Sfumature di cui Scorsese, con una delicatezza sorprendente, rende conto nella sua opera, sfumature che stanno tutte nella recitazione di una Lily Gladstone che lui stesso definisce intelligente nella mente e nel cuore, fiera, serena. Attributi visibili sullo schermo, in quello che è, soprattutto grazie a lei, il film dell’anno.