
Addio glitter, benvenuti dewy days Illuminanti, ciprie perlate e lucidalabbra luminosi… la nuova luce sulla pelle non ha bisogno di glitter
C’è stato un tempo in cui ogni beauty look degno di nota cominciava con una pioggia di glitter. Scaglie colorate, iridescenze invasive, pioggia di stroboscopie sulla pelle. Era l’epoca dell’estetica Velvet Goldmine, un’orgia visiva di libertà, teatralità e ambiguità scintillante. Ma i tempi cambiano e la pelle, oggi, vuole raccontare un'altra storia. Una storia di rugiada, trasparenza e riflessi sottili. Una bellezza più sussurrata dove la pelle non imita più una disco ball, ma piuttosto un bagliore che sembra venire da dentro. Nessun effetto speciale ma una superficie viva, organica, in ascolto. Il nuovo trend parla di luminosità e non di scintillio, di bagliore e non di abbaglio. È il momento di scegliere un glow morbido, calibrato, la stessa iridescenza di una perla o della carezza delicata della luce d’alba sul corpo nudo. Il focus è tutto qui: un trucco luminoso senza glitter, che riporta il viso a una dimensione più naturale e sensuale, fatta di idratazione e texture rugiadose.
L’evoluzione naturale della clean girl aesthetic
Il glowy look non nasce da zero. È l’evoluzione naturale o, meglio, rugiadosa, della clean girl aesthetic, che per anni ha dominato TikTok con code di cavallo tiratissime, sopracciglia feathered, labbra nude e lucide. Ma se la clean girl era disciplinata, ordinata, quasi chirurgica nel suo minimalismo e nel volere sembrare curata senza apparire truccata, la glow girl cerca qualcosa di più vivo, un effetto che dica "sono sana", non "sono perfetta". Come l’aspetto radioso di chi ha appena finito una sessione di yoga, bevuto tre litri d’acqua e ricevuto un trattamento viso ayurvedico. Ma senza mai perdere l’aria effortless. Il volto si illumina senza artificio, come se la luce venisse da dentro, modulata da una pelle nutrita, idratata, viva. In tutto questo, la pelle non è più lo sfondo neutro su cui costruire un look. È protagonista. Viene mostrata, non camuffata. Viene fatta brillare, ma con grazia. È una pelle che sa di mattina, non di sabato sera. La musa di questa trasformazione? Hailey Bieber, che incarna perfettamente l’evoluzione estetica, prima con la sua pelle glassata come una ciambella ed ora con la dolphin skin, una pelle così idratata e luminosa da sembrare bagnata, lucida, quasi appena emersa da un oceano tropicale. Il look è iper-glossy, ma senza una singola particella glitterata. Solo luminosità stratificata, costruita attraverso primer idratanti, highlighter in crema e finish glossy per mimare la brillantezza umida, epidermica, che cambia a seconda della luce naturale e si fonde con la pelle invece di imporsi su di essa. È qui che si gioca la partita: less sparkle, more glow.
La nuova grammatica del glow
La parola d’ordine è naturalezza radiosa. E per ottenerla, in questa nuova grammatica della bellezza si apre un intero vocabolario fatto di texture ibride, finiture luminose ma mai abbaglianti, di prodotti che promettono un risultato modulabile, trasparente, quasi intimo. Gli illuminanti liquidi diventano i protagonisti: si mescolano al primer, si fondono con il fondotinta, si picchiettano sugli zigomi o sull’arco di Cupido. I gloss trasparenti, come quelli di Summer Fridays o Tower28, lasciano spazio a labbra lucide, ma mai appiccicose. Gli shimmer naturali, come quelli a base di perle di mica, regalano riflessi satinati, mai invadenti. Anche le novità beauty e i best seller seguono la tendenza priva di glitter. L’ultima versione della Super Milk Glitter Mist di Lush dona un effetto glow più naturale e terroso grazie a microscopiche particelle di borosilicato. Il Glowy Super Gel di Saie diventa una seconda pelle che si fonde come un siero ma regala al viso l’effetto di una giornata al sole. Il Futuredew di Glossier, un ibrido tra skincare e illuminante, grazie al mix di oli nutrienti e i potenti estratti di origine vegetale, cambia tono con la luce e lavora nel tempo regalando un aspetto luminoso e ben idratato che dura fino a 12 ore. E ancora, il Glassy Highlighter di Haus Labs by Lady Gaga, che ha messo da parte i glitter per abbracciare un glow più soft e riesce nell’impresa difficile di regalare luce senza riflessi duri, senza la brillantezza aggressiva di una notte in discoteca. Anche Kylie Cosmetics cavalca l’onda, con il Dewy Highlighter che abbandona ogni scintillio artificiale per lasciar spazio a un finish bagnato, sottile, come di pelle appena emersa dall’oceano. E che dire della Glazing Mist firmata Rhode? Il prodotto ha come testimonial Harris Dickinson e la sua formulazione skincare a base di ectoina, di ceramidi, beta-glucano, pantenolo ed estratto di magnolia amplifica questa estetica acquatica, traslucida, mai invadente. Persino Urban Decay, simbolo glam rock del trucco anni 2000, ha archiviato le sue palette sature di glitter per proporre nuance luminose, ma in modo più naturale, e Polite Society, il nuovo brand di Jerrod Blandino, fondatore di Too Faced, reclamizza Highlight Society, il suo nuovo illuminante in polvere lucida che "combina l’aspetto di un liquido con la setosità di una polvere per donare quell'effetto bagnato, pelle di vetro, che cambia a seconda della luce", promettendo una formula glassy e rigorosamente no glitter.
Addio glitter? No, arrivederci
È vero: l’universo glowy stia vivendo il suo momento, ma i glitter non sono spariti. Il loro non è un addio definitivo. È piuttosto un arrivederci malinconico, con una valigia carica di nostalgia. Il glitter ha un bagaglio estetico e culturale pesante: richiama Bowie, Ziggy Stardust, i palchi saturi degli anni ‘70 e ‘80, ma anche un’idea di bellezza artificiale e rumorosa. Nonostante ciò, c'è ancora spazio per le lentiggini glitterate di Taylor Swift, per i capelli tinsel di Anora o per le performance glam di Addison Rae e Chappell Roan, che giocano ancora con il brillante come se stessero reinterpretando Velvet Goldmine per una generazione cresciuta tra TikTok e climate anxiety. E come non menzionare le palpebre glitterate di Aimee Lou Wood in The White Lotus con la loro grazia naïf, quasi infantile? Ma si tratta di apparizioni sceniche, quasi teatrali, di citazioni volutamente fuori contesto. Al di fuori delle passerelle e dei red carpet quel tipo di scintillio ha perso terreno. E non solo per un fatto estetico che lo fa apparire fuori contesto, dissonante rispetto alla narrazione dominante di naturalità, aura e vibrazioni positive. Il glitter è diventato il simbolo involontario di un’epoca irresponsabile: le sue microplastiche inquinano gli oceani, resistono ai cicli di lavaggio, si insinuano nella catena alimentare marina. Il problema ambientale è reale, tanto che brand come Lush, Ganni e Bleach London hanno introdotto alternative ecologiche, spesso a base di cellulosa o borosilicato. Così i beauty brand hanno colto la necessità di ripensare la luce proponendo un glow che emana una luce interna, naturale e modulabile, non distrugge il pianeta e non trasforma il volto in un campo minato di riflessi.
Welcome to glowland
Mentre i glitter vengono confinati alle serate speciali e ai backstage delle popstar, sulle strade e sui feed è esploso il regno della luminosità soft. Si chiama glowy skin, dewy finish, glass effect, dolphin skin. Cambiano i nomi, ma il senso è uno solo: la pelle deve sembrare idratata, viva, come appena emersa da un bagno termale. Così rugiadosa e luminosa che qualcuno, se si trova lontano e ha problemi di vista, potrebbe scambiarci per un delfino o per una ciambella appena glassata. Insomma, il look sembra dire "mi sono appena svegliata", ma in realtà abbiamo speso decine di euro da Sephora per ottenerlo. Forse un giorno torneremo ad abbracciare l’estetica Velvet Goldmine, forse riapriremo i cassetti dei ricordi per ritrovare quelle minuscole schegge di luce. Ma oggi, il presente brilla in un altro modo. Non con lo sfavillio di una paillettes, ma con la carezza delicata di una luce d’alba sulla pelle nuda.
























































