Violenza sulle donne: gli strumenti ci sono, ma non sempre sono accessibili Un report di Ogilvy sottolinea criticità e spunti di crescita

Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, tra le altre cose, è essenziale ricordare che in Italia esistono strumenti di supporto come il 1522 e i Centri Antiviolenza, ma non sempre sono conosciuti, accessibili o compresi da tutti. Per questo - e a partire da una ricerca di Ogilvy, che ha coinvolto diversi centri antiviolenza sul territorio italiano e intervistando un campione di donne e uomini - ci sembra importante chiarire quanto e come le persone conoscano davvero di questi servizi e quali barriere impediscano, dall'altro lato, il loro utilizzo al massimo delle loro potenzialità.

Violenza sulle donne: gli strumenti ci sono, ma troppe persone non sanno come funzionano.

Secondo questa ricerca, il 65% del campione non conosce il 1522 e quasi metà delle donne non ne ha mai sentito parlare. Anche i centri antiviolenza restano poco chiari: il 67% dichiara di non avere informazioni sufficienti sul loro funzionamento, segno di una conoscenza ancora troppo superficiale. Insomma: la consapevolezza cresce, ma resta frammentata. Nel 2023–2024 sono aumentate sia le segnalazioni al 1522 che la conoscenza del servizio, ma molte persone continuano a non sapere quando attivarlo o in che modo possa aiutare. È un progresso reale, ma ancora lontano dall’essere completo.

Il 1522 è percepito come un numero da utilizzare solo e soltanto "per le emergenze estreme". Il 53% delle donne pensa che si debba chiamare solo quando la violenza è già evidente o gravissima. Anche se il 70% riconosce almeno un’occasione corretta per usarlo, resta l’idea che sia uno strumento per momenti limite, non per dubbi, paure o situazioni in evoluzione. Inoltre, i centri antiviolenza non sono solo per chi subisce violenza fisica. Solo il 39% del campione sa che i CAV si occupano anche di violenza psicologica, economica o digitale. La maggior parte delle persone riduce il loro ruolo alla violenza fisica, perdendo di vista la loro funzione più ampia di sostegno e orientamento.

I centri antiviolenza sono spazi di libertà, non luoghi di obblighi

Nei centri ogni donna trova ascolto, rispetto e percorsi costruiti sui propri tempi. Le operatrici ricordano che non esiste alcun vincolo: parlare non significa impegnarsi o denunciare, ma avere finalmente uno spazio neutro per capire cosa si sta vivendo. Senza segni fisici è frequente minimizzare ciò che accade. Le donne arrivano dicendo "non so se è abbastanza grave". Per questo, è fondamentale comunicare che si può chiedere aiuto anche solo per un dubbio, un malessere o la sensazione che qualcosa non vada. Molte donne, quindi, non si riconoscono subito come vittime. L’informazione deve trasformarsi in fiducia e la fiducia in accesso ai servizi. Lo dimostra la ricerca: visibilità e conoscenza non bastano se non vengono accompagnate da messaggi chiari e continuativi. Per attivare un percorso di protezione serve prima di tutto sentirsi legittimate, accolte e libere di scegliere. La rete anti violenza c’è, ma va resa più comprensibile e vicina, e la nostra responsabilità collettiva è fare in modo che questo sostegno sia percepito, compreso e realmente accessibile.