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Come il trend di Hello Kitty si è evoluto negli anni

Un viaggio nel mondo della gattina più famosa del mondo

Come il trend di Hello Kitty si è evoluto negli anni Un viaggio nel mondo della gattina più famosa del mondo

Nessuno è più famoso di Hello Kitty. Nessuno riesce ad unire sia la cultura alta che quella bassa può essere. Nessuno è più amato. Non Dua Lipa o Jacob Elordi. Come può una, seppur adorabile, gattina manga aver conquistato il mondo intero, stampata su tutto, dalle borse alle carte di debito, dalle chitarre Stratocaster ai treni ad alta velocità, da una flotta di aerei alle caffetterie, con oltre 50.000 linee di prodotti e un fatturato annuale di che supera un miliardo di dollari? Perché generazioni intere, celebrità comprese, continuano a indossarla, adorarla e adottarla come parte del loro stile e della loro quotidianità?

Qual è la vera storia di Hello Kitty?

Creata da Yuko Shimizu nel 1974, Hello Kitty appare per la prima volta su un portamonete in vinile giapponese. Poi arrivano i prodotti legati alla scuola come quaderni, penne, astucci e un po’ alla volta il resto del mondo inizia ad accorgersi del personaggio. E più aumenta la sua popolarità, più cresce la curiosità sulla gattina con un fiocco rosso sopra l'orecchio sinistro. Le teorie sulla sua vera identità si moltiplicano fino a scoprire qualche anno fa che la dolce creaturina non è un animale, ma una bambina inglese di circa otto anni, alta come cinque mele e pesante quanto tre, il cui nome completo è Kitty White. O meglio, per essere precisi, si tratta di un’antropomorfizzazione, come Topolino.

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Hello Kitty alla conquista del mondo

Da quando a metà degli anni ’90 è arrivato il successo mondiale, Hello Kitty è diventato un vero e proprio oggetto di culto, così popolare da invadere ogni oggetto: dai cellulari agli utensili per la cucina, dalle automobili ai gioielli, dai sex toys agli strumenti musicali, dalle bare alla Ferrari. L’amore verso la dolce creaturina è ancora oggi così grande, in patria e in tutto il mondo, che si moltiplicano hotel, treni, caffè, parchi a tema e film a lei dedicati. La rivista Time l’ha definita "una figura di culto polarizzante in tutto il mondo" e non stupisce, quindi, che sia nominata ambasciatrice dei bambini degli Stati Uniti dal Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, solo nove anni dopo essere stata creata. Nel 2024 Hello Kitty compie 50 anni, è ormai parte della cultura pop, l’unico gatto (o bambina?) capace di unire celebrità, arte, moda e cultura antagonista. Per parafrasare Christine R. Yano in Pink Globalization Hello Kitty’s Trek across the Pacific, Hello Kitty incarna sia una sorta di "feticismo marxista, dove la connessione tra le persone è sostituita dalla connessione a un oggetto sia il feticismo freudiano, in cui gli oggetti carichi indicano un'infanzia idealizzata e il conforto del grembo materno"

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Non solo un personaggio per bambini, ma un simbolo di espressione personale

L’aspetto infantile, indifeso e i colori pastello possono ingannare. Il manga inventato da Shimizu non è per deboli di cuore. Ha lasciato presto i confini del mondo per bambini per infiltrarsi nel guardaroba e nella vita di adolescenti e adulti, diventando un’inaspettata presenza fissa in molte sottoculture giovanili. L’incarnazione perfetta del kawaii, la cute culture giapponese, ha sempre radici sovversive. La sua creazione coincide con l’ascesa delle donne come potente forza consumistica in Giappone negli anni '70 e '80, affermandosi negli anni ’90 come street style distintivo grazie a "le ragazze di Harajuku a Tokyo si ribellarono contro le restrizioni delle loro norme sociali e usarono Hello Kitty come alleato nella loro ribellione". I look che abbraccia la dolcezza e l'innocenza infantile, a volte in modo ironico a volte come critica a una femminilità stereotipata sono stati adottati da Riot Grrrl, goth e emo della metà degli anni 2000, clubber inglesi e comunità LGBTQIA+, dove da sempre Hello Kitty è considerata un elemento sovversivo per parlare di genere, sessualità e queerness. Il movimento Riot Grrrl degli anni ’90 ha adottato Hello Kitty come mascotte, trasformandola in icona punk. Appropriarsi della cuteness e dell’estetica di Hello Kitty era un modo di smantellare gli stereotipi, deridendoli, mostrando una femminilità potente e non assertiva, un essere donna "alle nostre condizioni". Qualche anno dopo Hello Kitty è entrata nelle camerette di goth e emo, tra creepers e pantaloni skinny, inserendosi perfettamente nel mix di dolcezza e malinconia come una tela bianca su cui proiettare emozioni e stile.

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Un’icona amata da celeb, moda e arte

Le celebrità adorano Hello Kitty e indossano il suo musetto su t-shirt, felpe, costumi da bagno, borse, accessori per capelli, gioielli o, come Paris Hilton, Britney Spears e Mariah Carey, sfoggiano il suo peluche gigante come fosse il più cool degli accessori. E che dire di Dua Lipa con il bikini e i Moon Boot con il personaggio di Sanrio o Saweetie con la bralette Laser Kitten con ciondoli a forma di gattino? Anche il mondo dell’arte e della moda non sanno resistere alla gattina giapponese. Tra i tanti artisti che negli anni hanno giocato con l’immagine del popolare gatto antropomorfo ci sono Shepard Fairey con il suo stile street, lo scultore Colin Christian con la sua versione robot, Buff Monster, Kozyndan, Paul Frank, POSE, Raul Gonzalez, RISK, Ron English, ma l’artista più famoso a rielaborare la dolce Kitty è stato Tom Sachs in una serie di installazioni giganti e nella provocatoria Hello Kitty Nativity, una natività in cui i protagonisti sono Hello Kitty e Bart Simpson in diverse varianti. Mentre tra i brand e gli stilisti che hanno collaborato con Hello Kitty o la hanno incorporata nelle loro creazioni ci sono Blumarine, Yohji Yamamoto, Balenciaga, Comme des Garçons, Nike, Puma, Doc Martens, Crocs, Uniqlo, Christian Louboutin, John Galliano, Vans, MAC, Louis Vuitton, Stüssy, Converse e moltissimi altri.

Tanti auguri Hello Kitty: una mostra londinese celebra la sua cuteness

I festeggiamenti per i 50 anni di Hello Kitty sono iniziati da un po’ e, probabilmente, continueranno per tutto l’anno. La Somerset House di Londra dedica una mostra alla cuteness, esplorando come il fenomeno si sia evoluto e abbia preso piede. Visitabile fino al 14 aprile 2024, Cute raccoglie emoji, meme di Internet, videogiochi, giocattoli di peluche, robottini, cibo e ogni altro gadget che emani dolcezza e carineria. Tra gli artisti che hanno contribuito alla mostra figurano Mike Kelley, Yumeji Takehisa, Aya Takano, Ado Mizumori, Juliana Huxtable, Wong Ping, Rachel Maclean, Ram Ham. Ovviamente, c'è un'intera sezione dedicata a Hello Kitty, con un'esposizione dedicata al personaggio Sanrio e alla sua evoluzione nei decenni, un'area peluche dove vedere la collezione della super fan Amy-Louise Allen che ha oltre 50.000 pezzi della simpatica gattina, e persino una discoteca a tema Hello Kitty dove ballare al ritmo sui successi pop e disco di Olivia Newton-John e Donna Summer.

Hello Kitty è qui per restare

Hello Kitty compie 50 anni e continua ad essere amatissima. Non ha nessuna intenzione di cedere il suo dominio sulla pop culture nemmeno agli agguerritissimi Pokemon. Per questo i suoi gadget fanno ancora parte del guardaroba di tanti anche nel 2024. Se Dua Lipa, Kim Kardashian, Chiara Ferragni e milioni di altri ragazzi e ragazze continuano a sfoggiarla su abiti, accessori e nailart non è un caso. Forse a mantenerla popolare è il proliferare di estetiche che rimandano all’infanzia come Cutecore e Girlhood. La gattina più famosa al mondo si inserisce perfettamente. Forse è il suo essere iconica e immediatamente riconoscibile, a suo agio appesa sulle borse o come decorazione di una tee. Per molti, invece, la chiave della sua immortalità sta nel suo essere indecifrabile, tanto da permettere a chi la guarda (o la indossa) di proiettare la propria immagine riflessa.

Il segreto del successo di Hello Kitty

Secondo molti, l’elemento chiave del personaggio di Sanrio è lo stesso che ne amplifica il successo: la mancanza della bocca. Il design neutro, privo di espressione, consente alla gente di vedere in lei ciò che vuole. Lo spiega bene Yuko Yamaguchi, attuale character designer di Hello Kitty:

"[Lei non ha una bocca] in modo che chi la guarda possa proiettare i propri sentimenti sul suo volto, perché lei ha un volto senza espressione. Kitty sembra felice quando le persone sono felici. Sembra triste quando sono tristi. Per questo motivo psicologico, abbiamo pensato che non dovesse essere legata ad alcuna emozione - ed è per questo che non ha la bocca". 

Questo design essenziale, questa sua vacuità, questa "flessibilità semantica" permette alle persone di vedere in Kitty ciò che preferiscono, declinando inoltre personalità diverse solo cambiandone alcuni dettagli: dalla rocker alla cuoca, dall’infermiera all’astronauta, dalla maestra alla principessa, ... e sono la vera causa del dominio globale di Hello Kitty. Etichettarla è impossibile. È una tela bianca che tutti colorano come vogliono.