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Il method acting di Margot Robbie in Barbie

Cosa succede quando un attore sceglie di perdersi completamente nel proprio personaggio?

Il method acting di Margot Robbie in Barbie  Cosa succede quando un attore sceglie di perdersi completamente nel proprio personaggio?

Il 20 luglio Barbie di Greta Gerwig arriverà nei cinema di tutto il mondo, scontrandosi con Oppenheimer, di Christopher Nolan. I suoi attori protagonisti, Margot Robbie e Ryan Gosling, ne sono il volto, rispettivamente nel ruolo di Barbie e di Ken. Insieme a loro, un cast corale immenso e diverso, che raccoglie giovani promesse, personaggi iconici e attori stagionati. Solo qualche nome: Emma Mackey, Michael Cera, America Ferrera, Will Ferrell, Simu Liu, Kate McKinnon, Issa Rae, Ncuti Gatwa.

Dietro a questa pellicola - una sorta di coming of age barbiecore in cui la protagonista di plastica, abituata ad essere perfetta e bellissima, si trova suo malgrado ad affrontare il mondo reale - una campagna di marketing, promo e comunicazione pervasiva. Dopo le locandine di tutto il cast (ognuna con un claim personalizzato), la colonna sonora fatta dalle pop star del momento (tra cui Ice Spice e Dua Lipa) e i trailer che hanno fatto letteralmente impazzire i social, anche l’intervista in cui Robbie mostra la casa di Barbie ad Architectural Digest.

Non si può dire che non stia funzionando. Le dichiarazioni di Ryan Gosling sul film (“Non ho accettato subito il ruolo” ha detto, per poi aggiungere “poi però ho visto un Ken per terra, con la faccia spiaccicata nel fango, e ho mandato un messaggio a Greta per dirle che accettavo, che era un segno”) sono state l’argomento di conversazione prediletto di Twitter per 48 ore di fila. É quasi un record. Margot Robbie, dal canto suo, è talmente tanto entrata nel personaggio che anche alla première di Asteroid City ha posato come una Barbie, e da mesi ormai va in giro quasi solo vestita di rosa. 

Ma come ha fatto? Come molti dei suoi colleghi uomini, ha scelto di usufruire del method acting. Si tratta di una serie di tecniche derivate dagli insegnamenti di Stanislavskij e poi sviluppate da Lee Strasberg, Stella Adler e Sanford Meisner. Lo scopo è quello di perdersi completamente nel personaggio, restituendo un’interpretazione coinvolgente, profonda e verosimile. Ancora oggi, insegnanti di recitazione e attori teatrali lo studiano, lo insegnano e lo propongono. Insomma, si tratta di una materia fluida, in movimento, e molto più complessa di quello che si potrebbe pensare.

Nel mainstream contemporaneo, che spesso si riferisce soprattutto a Hollywood, l’abusata espressione “method acting" identifica però tutte le pratiche non ortodosse e spesso anche disturbanti, dannose o offensive che i professionisti mettono in atto per entrare nel personaggio e per restarci. Qualche esempio? Anne Hathaway raccontò che nel 2021, mentre giravano la miniserie WeCrashed, non le era permesso chiamare la sua co-star Jared Leto con il suo nome, perché era troppo preso dal suo personaggio. Ancora Jared Leto, durante le riprese di Suicide Squad nel 2016, entrò nel ruolo di Joker inviando preservativi usati, sex toys e ratti morti al resto del cast. Jeremy Strong, per il suo complesso e sfumato ruolo in Succession, serie tv che è appena giunta al termine, si isolava completamente dai colleghi, si recava sul set brillo, si lanciava dai palchi con abbandono rischiando di rompersi qualcosa. Gli esempi sono moltissimi, ma a venire a galla sono i peggiori.

Margot ha applicato il method acting in controtendenza e cioè… essendo il più gentile e carina possibile. Ebbene sì. Nessun topo morto né abuso di alcol durante le ore di lavoro, solo regalini e fiocchetti. Lo sappiamo grazie a Ryan Gosling, che ha dichiarato: “Per farmi entrare nel mio ruolo e per immergere entrambi nella dinamica tra Ken e Barbie, ogni giorno in cui stavamo filmando mi lasciava un regalino rosa, chiuso con un fiocco rosa, da Barbie a Ken” ha raccontato l’attore a Vogue. “Erano tutti regalini inerenti alla spiaggia” ha poi aggiunto. “Perché il lavoro di Ken è la spiaggia. Non so cosa significasse. Ho la sensazione che lei stesse cercando di aiutarmi a capirlo, tramite questi regalini che mi dava”.

Per entrare nella mente della bambola più amata del mondo, però, Robbie non si è fermata qui. Di solito, ha rivelato, per capire i suoi ruoli usa la tecnica dell’ “animal work”, cioè identifica ogni suo personaggio con uno più animali e con le loro caratteristiche. Con Barbie, però, le è risultato particolarmente complesso. “Ho provato con un fenicottero, ma non è servito. Ho chiesto aiuto a Greta, le ho detto che avevo bisogno di affrontare questo viaggio dentro al ruolo. E lei mi ha consigliato un podcast, un episodio di This American Life su una donna che non pratica l’introspezione. Che non ha una voce nella sua testa da ascoltare”. Ed è così che il film più atteso dell’anno ha trovato la sua Barbie perfetta, che nel processo ha anche dimostrato (e cosa c’è più in character di questo?) che la gentilezza porta molto più lontano dei gesti estremi