Quando un festival cinematografico racconta le contraddizioni dell'oggi Le nostre impressioni sul Biografilm Festival 2025 di Bologna

Quando un festival cinematografico racconta le contraddizioni dell'oggi Le nostre impressioni sul Biografilm Festival 2025 di Bologna

Lasciare lo spettatore con più domande che risposte potrebbe sembrare contraddittorio, ma è un sincero invito all’apprendimento e alla conoscenza. L’intento è quello dei direttori artistici del Biografilm Festival, Chiara Liberti e Massimo Benvegnù. Giunto alla sua 21esima edizione, il festival è tornato a Bologna dal 6 al 16 giugno con un’ampia selezione di film documentari e opere di finzione che mettono al centro le storie di vita. 

Tra i 73 film in programma spicca Together, anteprima italiana del body horror di Michael Shanks sulla codipendenza affettiva, con Alison Brie e Dave Franco, e Alpha di Julia Ducournau, presentato in anteprima internazionale dopo il debutto al 78º Festival di Cannes. La programmazione del Biografilm prevede diverse sezioni - dedicate a documentari esteri, italiani, film ibridi a metà tra finzione e documentario - e una di queste, Contemporary Lives, propone sguardi collettivi su tematiche del presente. In particolare, due documentari offrono uno sguardo su dinamiche complesse e stratificate: Emprise Numérique, che indaga la salute mentale di bambini e adolescenti nell’ecosistema dei social media, e The Dating Game, che esplora le nuove dinamiche del dating nella Cina contemporanea. Entrambi evitano toni moralistici, invitando lo spettatore a concentrare lo sguardo su storie di vita quotidiana, narrazioni singolari divenute collettive.

Emprise Numérique - 5 femmes contre les big 5 (Elisa Jadot)

Il documentario si apre con un’audizione alla Commissione di Giustizia del Senato degli Stati Uniti D’America. Sul banco siedono cinque persone, amministratori e amministratrici delegate, che rappresentano i cinque conglomerati social più importanti al mondo: Mark Zuckerberg (Instagram e Facebook), Linda Yaccarino (X), Evan Spiegel (Snapchat), Shou Zi Chew (TikTok) e Jason Citron (Discord). I cinque (e tutto ciò che simboleggiano) sono accusati di non aver tutelato i diritti dei minori. In aula sono presenti molte famiglie che hanno perso le proprie figlie, fratelli, sorelle o nipoti. Hanno portato in aula dei cartelloni con i loro volti, che vengono alzati in un momento particolarmente crudele e doloroso: quando Mark Zuckerberg si gira verso di loro per chiedergli perdono. Le scuse di Zuckerberg non sono spontanee: viene esortato da un membro del Senato a farle. Il documentario potrebbe limitarsi a questo, ovvero narrare la storia di cinque persone interpellate davanti alla legge, ma Jadot decide di porre al centro le persone che si trovano al di là: dietro le spalle di Mark Zuckerberg, le foto affisse sui cartelloni. Dagli Stati Uniti Alexis, la protagonista più giovane del documentario - appena ventenne - racconta di aver sofferto di anoressia e depressione: i contenuti che le venivano proposti sui social legittimavano e amplificavano il suo malessere. In Francia, l’avvocata Laure Boutron-Marmion rappresenta Algos Victima, un collettivo di sette famiglie che ha deciso di fare causa a TikTok per non aver tutelato la sicurezza delle proprie figlie e figli - due di loro si sono tolte la vita. In Spagna, l’attivista Elisabeth vuole vietare l’uso degli smartphone prima dei sedici anni. Parallelamente, in Francia, Socheata - parte del collettivo Cameleon - combatte per proteggere la sicurezza di bambine e bambini online. Al Senato, Frances Haugen, whisteblower di Meta, ha testimoniato presentando dei documenti interni che attestano come l’azienda fosse perfettamente consapevole degli effetti negativi degli algoritmi di Facebook e Instagram sui minori, ma abbia deciso di ignorarli per non compromettere i profitti. Intrecciando testimonianze, battaglie legali e materiale interno, il documentario mette in luce la totale responsabilità delle piattaforme nel diffondere contenuti dannosi. Alimentare insoddisfazione e malessere in un adolescente non è una casualità, ma una scelta politica deliberata. 

The Dating Game

Il documentario di Violet Du Feng presenta allo spettatore una verità statistica, e, a prima vista, asettica: in Cina ci sono 30 milioni di uomini in più rispetto alle donne - una conseguenza diretta della politica del figlio unico (abolita dal 2013). Ma cosa si nasconde dietro una sproporzione di genere? Du Feng, attuando una tecnica di narrazione simile a Jadot, decide di concentrarsi sui tentativi dei timidi e insicuri Zhou, Li e Wou, i quali si affidano al love coach Hao per trovare delle compagne.

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I tre protagonisti trascorrono una settimana in una sorta di campo intensivo dedicato all’amore contemporaneo, imparando quali foto sia meglio inserire nel proprio profilo (campi da golf e shooting fotografici con gruppi di husky), come modificare i propri interessi per destare attenzione (no alla semplice cucina, sì alla cucina gourmet), persino come avviare una conversazione con una donna. La mascolinità che propone Hao ai suoi studenti è nociva, ridicola e performativa. I tre protagonisti non sono abituati ad una presenza femminile nelle loro vite, poiché il brusco passaggio dalle campagne alle città ha ridefinito i contorni delle loro esistenze sin da bambini, lasciandoli soli, cresciuti dai nonni in condizioni sociali ed economiche precarie. Come ha dichiarato la regista in un’intervista: "Quello che mi affascinava era vedere come, nella dating scene le persone sentissero davvero il bisogno . per pressione interna o esterna, o per semplice presunzione - di impacchettarsi e promuoversi. In altre parole, di mercificarsi per poter competere. Gli esseri umani sono diventati un prodotto, devono vendersi per avere una possibilità d’amare. Fino a quando non ho lavorato con loro non avevo capito la gravità e l’oscurità di ciò che quei ragazzi stavano affrontando, né le conseguenze emotive della pressione sociale che subivano. È un prezzo molto alto da pagare. Tutte le sfumature, le implicazioni politiche, economiche e culturali causate dal forte squilibrio di genere nella loro comunità, mi hanno guidata a comprendere in profondità i loro traumi".